Esteri

Germania, decidono tutto Verdi e Fdp: Finanze a Lindner? Ppe più debole in Ue

di Lorenzo Lamperti

Laschet, sotto accusa, scommette sul fallimento della coalizione "semaforo". Ma la palla è in mano al terzo e quarto partito. I nodi della trattativa

Non è ancora finita. Ne è convinto Armin Laschet, il "condottiero" della più fallimentare performance elettorale della Cdu/Csu degli ultimi decenni alle elezioni di Germania di domenica scorsa. Compito ingrato, per Laschet, cercare di raccogliere l'eredità di Angela Merkel. Una maledizione che aveva già colpito Annegret Kramp-Karrenbauer, sconfitta al suo seggio dopo le umiliazioni degli ultimi anni, e la stessa Ursula von der Leyen, spedita a Bruxelles quando forse sperava di prendere il posto della sua "protettrice" alla cancelleria.

Elezioni Germania, Laschet scommette sul fallimento della coalizione "semaforo"

Eppure, Laschet spera ancora di poter diventare il prossimo cancelliere. La sua scommessa è chiara: veder passare il cadavere della cosiddetta coalizione "semaforo", o insomma di vedere le luci di quel semaforo non accendersi mai. Si tratta di una scommessa complicata. Il leader dell'Spd, Olaf Scholz, ha già dimostrato di essere abbastanza eclettico da poter trovare un accordo con forze trasversali. Tanto che è riuscito a presentarsi in modo vincente come il vero erede di Merkel nonostante appartenga al partito rivale.

Non solo, la terza e la quarta forza hanno chiaramente il pallino in mano. Sanno che se trovano un accordo potranno giocare un ruolo cruciale all'interno della prossima coalizione. E allo stesso tempo sanno che se non trovano un accordo, come accaduto nel 2017, si rischia una nuova grande coalizione con entrambi fuori dal governo. Ecco perché Verdi e liberali Fdp non hanno perso tempo e hanno già cominciato a trattare per trovare un terreno comune in vista del negoziato per la formazione del governo. 

Verdi e Fdp cercano l'accordo: ecco come possono scegliere tra "semaforo" e "Giamaica"

Tutto ruota intoro alla figura di Christian Lindner. Lui sa che il partito non può rischiare di venire risucchiato da Spd e Verdi, teoricamente entrambi parecchio lontani dalle posizioni dell'Fdp, che preferirebbe governare con la Cdu/Csu. Ed ecco allora che l'obiettivo sarebbe quello di ottenere un ruolo chiave, vale a dire il ministero delle Finanze. Sostanzialmente un incubo per l'Italia e per i paesi che vorrebbero una revisione del patto di stabilità e regole più flessibili sul debito comune. Ma Lindner sembra deciso a chiedere proprio quella posizione per dare luce verde al semaforo. 

Proprio sul fisco e sull'energia ci sono le maggiori differenze tra Verdi e Fdp, che però entrambi i partiti vorrebbero riuscire ad appianare per non veder sfumare la loro partecipazione al governo. Scholz farà da intermediario, convinto di poter interloquire con successo con entrambe le forze. In caso di insuccesso,  tornerebbe d'attualità il ruolo di Laschet che a quel punto potrebbe sperare in una coalizione "Giamaica". La realtà, però, è che se Fdp e Verdi non trovassero un accordo per governare con l'Spd sarebbe altrettanto difficile la trovino per governare con la Cdu/Csu. A meno che a valle i due partiti non decidano di optare per la coalizione "Giamaica". Dipenderà dagli equilibri che saranno in grado di trovare Annalena Baerbock e Lindner. Chiaro che con una coalizione "semaforo" Lindner rivendichi una posizione in prima fila, mentre con una coalizione "Giamaica" potrebbe dare l'ok a concessioni maggiori con i Verdi, che a quel punto si troverebbero in una coalizione più sbilanciata verso destra.

In caso di Grande Coalizione Scholz cancelliere

Una partita complicata, con sullo sfondo sempre l'ipotesi grande coalizione. Una carta in realtà in più a disposizione di Scholz, visto che in caso di asse Cdu/Spd dovrebbe essere lui a diventare cancelliere visto che il suo partito è arrivato primo. E vista anche l'apertura, colta da pochi, durante la campagna elettorale in cui Merkel disse che non è automatico che nel "prossimo governo" la cancelleria spetti alla Cdu/Csu. 

I riflessi del voto tedesco sul Ppe e sugli equilibri europei

Intanto il partito di Merkel si lecca le ferite. Non solo in Germania, ma anche in Europa, dove potrebbero esserci conseguenze anche sugli equilibri del parlamento europeo. Il Ppe, il maggiore partito comunitario, esce ridimensionato dal secondo posto alle elezioni tedesche. E senza il fondamentale ruolo della Merkel qualcosa potrebbe cambiare anche a Bruxelles e Strasburgo. Anche perché il Ppe ha perso la guida di diversi paesi europei, con i Socialisti che se conquistassero la cancelleria tedesca continuerebbero ad ampliare la presenza di bandierine sulle capitali del Vecchio Continente. Inevitabile possa esserci qualche riflesso, mentre per assurdo il Ppe potrebbe cercare riscossa proprio in Europa con una linea più aggressiva, per esempio sulle nomine.