Esteri
Guerra Israele, scandalo Bild, il quotidiano tedesco complice di Netanyahu. La propaganda per affossare l'accordo per il cessate il fuoco
Non è la prima volta che i media si trasformano in strumenti di conflitto, ma oggi la portata e la velocità di questa manipolazione sono senza precedenti
BibiLeaks: il Bild e lo scandalo della propaganda israeliana
Il prestigioso quotidiano tedesco Bild, storicamente schierato a favore di Israele, è ora al centro di un'indagine che ne svela il coinvolgimento diretto nella strategia propagandistica orchestrata dall'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu.
Secondo quanto riportato dalla testata israeliana Haaretz, rinomata per il suo rigore giornalistico, il Bild avrebbe agito come un megafono della propaganda israeliana, manipolando l’opinione pubblica, non solo tedesca, contro un possibile accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi.
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Ricordate l’8 settembre, quando Netanyahu, davanti al suo governo, annunciava con enfasi: “Il quotidiano tedesco Bild ha pubblicato un documento ufficiale di Hamas che esponeva i metodi operativi dell’organizzazione”? Quel documento, presentato come prova schiacciante per giustificare ulteriori operazioni militari, è stato rapidamente amplificato dai media globali. Tuttavia, emergono ora evidenze che rivelano come quel “piano” fosse parte di una sofisticata operazione di disinformazione mirata a legittimare l’oppressione del popolo palestinese.
Non è la prima volta che i media si trasformano in strumenti di conflitto, ma oggi la portata e la velocità di questa manipolazione sono senza precedenti. I media mainstream, lungi dall'essere organi di informazione indipendente, agiscono sempre più spesso come armi di distrazione e distruzione di massa, amplificando narrazioni che soffiano sul fuoco dell’odio e della disinformazione, legittimando l’oppressione. Non si limitano a riportare i fatti, li plasmano, alimentando narrazioni costruite per giustificare crimini contro l’umanità e distruggere la percezione critica della realtà.
Come nei tempi più bui della storia, nessuno può dirsi innocente. Tacere equivale a complicità. I mezzi per informarsi e per agire esistono: dalle testimonianze degli attivisti alle inchieste di testate indipendenti come la qatarina Al Jazeera, o le israeliane Haaretz e +972 Magazine: due realtà che pur dall’interno di un contesto complesso come quello israeliano continuano a denunciare con coraggio e lucidità gli orrori che si consumano a Gaza. Fonti autorevoli per costruirsi un’opinione critica, anche se assenti nei circuiti mediatici mainstream, non mancano. Sono in inglese, è vero, ma tutto si traduce ormai con un click.
Ogni articolo, ogni parola, ogni narrazione può essere manipolata. Per questo, diffidate. Diffidate anche di me. Cercate la verità dentro voi stessi, nelle fonti che esplorate, nella semantica delle parole, soprattutto quelle che vi proibiscono di usare. Parole come genocidio, sono volutamente monopolizzate per legittimare atrocità. Viviamo un’epoca oscura, forse più pericolosa di quanto immaginiamo.
Oggi, come ai tempi delle leggi razziali, nessuno potrà dire: “Non sapevo”. I governi sanno. I leader sanno. I giornalisti sanno. Il genocidio a Gaza è sotto gli occhi di tutti. E il Bild, un tempo testimone della storia, è ora complice attivo di questa mistificazione. Non possiamo accettare che una narrazione univoca schiacci il pensiero critico. Siate vigili, siate critici, siate ribelli. È un dovere morale, verso la storia, verso chi soffre e verso noi stessi.