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Il progetto dell'Europa sull'Intelligenza artificiale arriva in ritardo, di anni

A Parigi annunciato un piano da 200 miliardi per rendere l'Europa indipendente sull'intelligenza artificiale; ma siamo in ritardo pesante e difficilmente recuperabile

di Andrea Soglio

È stata la stessa Ursula Von der Leyen ad annunciare ieri a Parigi il progetto dell'Europa sull'Intelligenza Artificiale (denominato InvestAI). Un piano ambizioso nelle idee (il renderci indipendenti da Usa e Cina) e negli investimenti (200 miliardi di euro da investire) che però non deve ingannare per due ragioni: i tempi ed il punto di partenza.

La netta sensazione è infatti che anche su questa tematica la Ue si è mossa in ritardo soprattutto rispetto a quanto fatto finora da Stati Uniti e Cina che oggi combattono la battaglia sull'intelligenza artificiale su di un altro livello, come ci conferma Pierguido Iezzi uno dei principali esperti di AI e cybersecurity d'Italia.

“L’annuncio di Ursula von der Leyen sull’iniziativa InvestAI e la mobilitazione di 200 miliardi di euro per l’intelligenza artificiale rappresentano un passo importante, ma arriva forse troppo tardi per colmare il divario con Stati Uniti e Cina. L’Europa ha probabilmente perso il treno dell’IA generativa e della corsa ai modelli linguistici avanzati. Rincorrere colossi come OpenAI, Google o Baidu sarebbe una battaglia contro i mulini a vento nel caso peggiore, una corsa in salita nel caso migliore. Forse, più che tentare di competere su un terreno ormai dominato da altri, l’Europa dovrebbe concentrare le risorse su frontiere tecnologiche ancora aperte, come il quantum computing, le biotecnologie avanzate – dove il Vecchio continente detiene un primato - e le nuove energie rinnovabili. In questi settori la competizione globale non è ancora cristallizzata, e l’UE può ancora giocare un ruolo da protagonista”.

C'è un modo per salvare la situazione, una sorta di mossa strategica che ci possa far risparmiare tempo arrivando al centro della questione?

“L’intelligenza artificiale rimane cruciale – prosegue Iezzi - ma deve essere vista come un abilitatore trasversale di innovazioni più ampie, non come l’unico obiettivo su cui puntare. Investire con una strategia integrata, anziché con una rincorsa tardiva, potrebbe essere la chiave per un’Europa più competitiva e autonoma sul piano tecnologico”.

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