Esteri
Libano, la fragile tregua tra Israele e Hezbollah (in attesa delle mosse di Trump)
La tregua tra il governo di Benjamin Netanyahu e l’organizzazione sciita libanese durerà? L'incognita maggiore è legata all'appoggio che il neo-presidente Usa vorrà dare a Israele
Libano, la fragile tregua tra Israele e Hezbollah (in attesa delle mosse di Trump)
In Libano va in scena una fragile tregua che Israele e Hezbollah saggiano e mettono alla prova con sporadiche mosse che fanno traballare l’incerto cessate il fuoco. Ha ben scritto Davide Malacaria su Piccole Note: quella tra il governo di Benjamin Netanyahu e l’organizzazione sciita libanese appare come una tregua a termine, perlomeno fino al secondo insediamento presidenziale di Donald Trump negli Stati Uniti. Primo elemento di incognita da analizzare per capire quanto a lungo durerà la corsa bellica di Tel Aviv nella regione, vera e propria dinamica da attenzionare da vicino.
Dal 20 gennaio in avanti si capiranno ampiezza, ambizioni e prospettive del sostegno americano a Israele, si percepirà la struttura dell’approccio americano verso l’Iran, si comprenderà se e in che misura la grande guerra mediorientale di Israele potrà godere dell’appoggio statunitense in forma incondizionata. Cosa che – nonostante le personali simpatie pro-Tel Aviv di The Donald – è tutta da dimostrare visto la volontà del presidente di “porre fine a tutte le guerre”.
Libano, il precedente della tregua del 2006
A ciò si aggiungono elementi condizionanti sul fronte operativo e strettamente militare, da una parte e dall’altra. Primo punto: il cessate il fuoco e le sue condizioni saranno effettivamente implementate con il ritiro dal Sud del Libano di Hezbollah e Israel Defense Force? E se sì, sapranno la missione Onu Unifil e le 5mila truppe promesse dal governo centrale di Beirut garantire un’efficace interposizione? La tregua dopo la guerra del 2006 appariva fragile come quella attuale. Ciononostante è durata diciotto anni anche se non soprattutto per la presenza di una missione internazionale la cui credibilità è stata intaccata dal fatto che il suo mandato è stato poco rispettato dai belligeranti nei due mesi di guerra.
Il secondo nodo è quello delle risorse. Una guerra si fa con uomini e mezzi. Hezbollah ha subito perdite durissime ma è ancora esistente come credibile forza combattente. Lo Stato Ebraico ha vinto la battaglia tattica, ma non quella strategica di eradicare il Partito di Dio sul campo. La pausa servirà, come ha detto Benjamin Netanyahu, a far rifiatare i riservisti israeliani o sarà sfruttata anche da Hezbollah per ricompattare i propri ranghi? E se sì, per che fine?
Terzo punto è quello dell’effetto condizionante sul Libano degli scenari di Siria e Iran. Se il contesto nel Paese di Bashar al-Assad dove la guerra civile si è riaccesa dovesse deflagrare, la guerra travolgerà nuovamente anche il Libano? Uno scenario su cui non sarebbe illogico scommettere. Da ipotizzare in questo caso il ritorno in campo di Hezbollah a fianco dei lealisti. Così come un rinnovato protagonismo iraniano che però sarebbe malvisto da Israele. La soglia minima dell’interventismo militare dello Stato Ebraico si è drasticamente abbassata e in un contesto di guerra generalizzata questi fatti vanno tenuti in considerazione.
La palla torna nuovamente in mano a Trump e Netanyahu
“L'Iran probabilmente sostiene silenziosamente l'accordo, preoccupato che spingere Hezbollah e il governo libanese a opporsi rischierebbe di continuare gli attacchi israeliani che potrebbero decimare ulteriormente il gruppo, che è stato a lungo il fulcro della strategia di deterrenza regionale dell'Iran”, ha scritto sul sito dell’Atlantic Council Jonathan Panikoff, direttore della Scowcroft Middle East Security Initiative del prestigioso think tank Usa. Per Panikoff “acconsentendo all'accordo, l'Iran rischia di non essere in grado di ricostruire le capacità di Hezbollah con la stessa facilità con cui lo ha fatto dopo la guerra del 2006, indebolendo così la propria struttura di deterrenza regionale”. Al contempo, la palla torna nuovamente in mano a Trump e Netanyahu: se eserciteranno nuovamente la massima pressione sull’Iran, soprattutto sul fronte del nucleare, una conflittualità su più fronti può spingere Teheran a muovere le sue pedine, come Hezbollah, in risposta.
Alimentando uno scenario di caos generalizzato. Insomma, la tregua per ora tiene nonostante le provocazioni reciproche proprio perché volutamente fragile. E, contestualmente, interpretabile tatticamente da ogni parte in causa. Proprio i motivi che in futuro possono mettere la pace libanese a repentaglio.