Esteri

Siria, è di nuovo guerra civile. Ma gli obiettivi degli insorti restano incerti

di Roberto Sudoso

L'attuale rivolta contro Assad non ha un vero e proprio supporto nella popolazione ed il Paese resta profondamente disunito. Intervista a Teresa Potenza, giornalista esperta di Siria

Siria, è di nuovo guerra civile. Ma gli obiettivi degli insorti restano incerti

La situazione in Siria sembra essere fuori controllo. Un gruppo di jihadisti ha conquistato la città di Aleppo, peggiorando le condizioni di guerra civile che lo Stato viveva già da tempo. “Quello che sta succedendo in Siria non è scoppiato all'improvviso, perché c’era già una guerra che non si è mai placata. C’erano delle zone meno interessate di altre, ma è una guerra civile che non è mai finita”. Queste le parole di Teresa Potenza, giornalista e profonda conoscitrice della Siria, intervistata da Affaritaliani. Poche le possibilità di uscita, se non con una de-escalation, auspicata anche da molti Stati occidentali. Ma non è così facile come sembra. “La de-escalation? Ovvio che sia auspicabile, però non così come viene presentata. È molto più complessa. In Siria non c’è un’unità e questo rende difficili le possibili soluzioni del conflitto”. L’intervista.

Situazione fuori controllo in Siria. Cosa sta succedendo e perché la situazione è particolarmente delicata?

Quello che sta succedendo non è un qualcosa che improvvisamente è scoppiato, perché c’era già una guerra che non si è mai placata. C’erano delle zone meno interessate di altre però è una guerra civile che non è mai finita. Lo spostamento di attenzione degli attori coinvolti sulla guerra tra Israele e Gaza ha reso possibile a queste milizie di riprendere il controllo di determinate zone perché il regime e i suoi alleati erano più spostati verso quella parte di Medio Oriente, quindi Iran ed Hezbollah, ma anche in un certo senso la Russia. Sono più impegnati verso Israele, Libano stesso e Gaza. Siccome la situazione è questa, si è lasciato spazio ad una fascia di ribelli che erano attivi in Siria, in particolare vicino ad Aleppo, che hanno ripreso il controllo della città perché hanno trovato una situazione più tranquilla. Si tratta sicuramente di ribelli ma non si può parlare di opposizione al regime perché sono gruppi con cui neanche si identifica la popolazione siriana. Tra l’altro, proprio ad Aleppo, nessuno si espone perché hanno paura e ancora non si è in grado di capire pienamente la situazione.

Una situazione ancora magmatica, dunque.

Diamo per scontato tante cose ma in realtà assistiamo a tutto e al contrario di tutto. Anche sulla stampa italiana. Non c’è una situazione chiara. Recentemente ho letto che era stato assalito il palazzo siriano di Assad ma in realtà non c’è nulla di ufficiale. L’Agenzia di stampa di Stato è irraggiungibile. C’è un problema di collegamento con la stampa che in questo caso è quella del regime. Ci si chiede quindi come mai e cosa sta succedendo. Altri siti non del regime sono invece raggiungibili. Solitamente l’Agenzia di Stampa statale in una situazione di guerra è quella che va per la maggiore perché bisogna diffondere la notizia che tutto è sotto controllo. Invece in questo caso non si capisce cosa stia succedendo. I gruppi armati si stanno effettivamente spostando, in particolare verso il sud. Al momento in queste zone non si esce di casa e si rimane chiusi in attesa di capire quando e se si potrà uscire. Arriverà un momento in cui queste persone saranno costrette ad uscire perché non avranno più cibo.

Ci sono altre zone critiche oltre Aleppo?

Ci sono altre situazioni delicate nel resto del Paese. Damasco è un’incognita perché è ovviamente sotto i riflettori in quanto capitale ma non si ha cenno di cosa stia succedendo lì. Nel sud di Damasco, in particolare nella città di Sweida, la situazione già da tempo era abbastanza peggiorata perché è una zona che viene definita “la città dei drusi”, una minoranza religiosa con una rappresentanza politica, sempre stata pro regime più che altro per quieto vivere. Ultimamente ci sono state molte ribellioni, anche abbastanza sanguinose. Il vero problema rimane la mancanza di acqua e di elettricità. La situazione del cibo è complicatissima. I prezzi sono alle stelle e si ha difficoltà a comprare riso, pane e beni di prima necessità. Questa è una ribellione che arriva dalla popolazione contro il regime, non per destabilizzarlo ma per far capire che le cose devono cambiare. C’è una parte di popolazione che non si oppone veramente ad Assad perché ha paura di quello che può venire dopo, temendo possa essere scelto da Stati esterni come Usa, Israele ed Europa. Se cadesse Assad, si teme l’arrivo di qualcuno che non possa non rappresentarli.

Gran Bretagna, Usa, Francia e Germania chiedono una de-escalation. Quanto sarebbe importante e secondo lei è così facile come viene descritta?

La de-escalation è ovvio che sia auspicabile però non così come viene raccontata. È molto più complessa. Dovrebbe essere fatta in base a quello che si dice da tempo in sede Onu. In Siria però non c’è un’unità e questo lo rende difficile. Nell’esempio di Israele e palestinesi ci sono due opposizioni. In Siria un’opposizione reale interna non c’è. È tutto frammentato e una vera opposizione ad Assad non esiste. Si era tentato qualcosa subito dopo il 2011 ma nessuno è riuscito ad entrare in modo predominante ponendosi come opposizione.

Per quanto riguarda gli aiuti umanitari invece?

Sul tema aiuti umanitari è difficile capire da dove possono arrivare. Dal nord è complesso perché dovrebbero passare dalla Turchia. Ma la situazione con la Turchia è complessa in quanto i turchi sono dall’altra parte rispetto ad Assad perché sono contro i gruppi curdi nel nord della Siria. Possiamo assistere ad una frammentazione non solo interna, ma proprio anche per quanto riguarda gli Stati coinvolti. Si è creata questa situazione per cui ci sono da una parte l’Iran e la Russia. Dall’altra parte ci sono Stati Uniti, Israele e Unione Europea. Anche da un punto di vista di aiuto e supporto esterno è difficile perché non si riesce a fare un intervento unitario e che rispetti la volontà della popolazione.

A queste dichiarazioni congiunte dei Paesi occidentali sul rispetto della Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza Onu, Assad ha risposto che si schiaccerà il terrorismo e chiunque lo appoggi. Pensa quindi che questa situazione già critica possa peggiorare nei prossimi mesi se non si dovesse arrivare ad una de-escalation?

È molto complesso da prevedere. Già un mese fa avevo immaginato che si sarebbe arrivati a questa situazione. Era comprensibile proprio per questa situazione che si stava vivendo. Non vedo però in questo momento una situazione che possa precipitare così tanto a tal punto da mettere in discussione Assad. Potrebbe però esserci un grave peggioramento della guerra nel Paese. Adesso c’è sicuramente un acuirsi della guerra mentre prima si pensava che stesse migliorando la situazione per i civili. Questa speranza adesso non c’è più. La fine della guerra non la vedo raggiungibile in tempi brevi con la destabilizzazione di Assad. Ma visto che anche l’Agenzia di Stato non dice niente, tutto è possibile.