Esteri
Lukaku? Venduto "per scelta" di Xi. Che cosa c'è dietro la ritirata di Suning
La fine degli investimenti della famiglia Zhang e la cessione di Big Rom? Il Covid c'entra solo in parte. E' conseguenza di una scelta politica sul calcio
15 giugno 2013. La nazionale cinese perde contro la Thailandia, priva di qualsiasi tradizione calcistica, per 5-1. E' una gara amichevole, ma si gioca all'Hefei Stadium, nella provincia dell'Anhui. E soprattutto è il giorno del sessantesimo compleanno di Xi Jinping, da poco diventato presidente della Repubblica Popolare Cinese. Può sembrare strano, anzi molto strano, ma per capire perché l'Inter di Suning sta vendendo Romelu Lukaku al Chelsea per 115 milioni di euro bisogna tornare a quel giorni di otto anni fa. Perché è in quel momento, si narra, che il calcio entra nell'orbita di interesse del governo cinese.
Lukaku ceduto da Suning? Inizia tutto... nel 2013
Senza quella sconfitta, forse, non ci sarebbe stata la cessione di Lukaku perché avrebbe potuto non esserci una proprietà Suning. Dunque, potrebbe non esserci stato nemmeno il suo acquisto. Nella Repubblica Popolare anche l'economia privata si muove in un perimetro tracciato dal Partito comunista. Dopo quella cocente sconfitta, Xi, già grande appassionato di calcio, si convince che la Cina possa replicare il grande successo già ottenuto con gli sport olimpici.
Cina, il Progetto 119 per trionfare alle Olimpiadi
Sì, perché in vista dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008 il governo cinese aveva approntato e realizzato con successo il cosiddetto "Progetto 119", dal numero di medaglie disponibili in alcune discipline sportive messe nel mirino delle autorità. Il programma fu messo a punto dopo le Olimpiadi del 2000 a Sydney, quando appunto erano in palio 119 medaglie tra atletica leggera, nuoto, canottaggio, canoa/kayak e vela. In quell'edizione, gli atleti cinesi avevano conquistato solo una medaglia. L'obiettivo era quello di insistere nell'addestramento dei giovani atleti su quelle discipline, insieme al perfezionamento di quelle in cui tradizionalmente le nazioni occidentali erano più attaccabili. Risultato: ai Giochi Olimpici di casa la Cina arriva in testa al medagliere per la prima volta nella sua storia e da lì in poi non si schioda più dal secondo posto (rischiando di vincere nuovamente nell'edizione di Tokyo appena conclusa).
Xi prova a replicare il modello olimpico anche sul calcio
Ebbene, nel 2013 la Cina si convince di poter replicare il modello anche sul calcio. Sport da cui erano sempre arrivate poche soddisfazioni. Tanto che l'unica edizione dei Mondiali a cui la nazionale cinese si è qualificata è stata quella del 2002, presumibilmente solo per l'assenza dalle qualificazioni di Giappone e Corea del sud (già qualificate in quanto paesi ospitanti). La Cina sta finalmente mostrando al mondo le sue ambizioni, per esempio attraverso il lancio del progetto della Belt and Road, e non vuole farsi vedere debole in uno sport così popolare a livello mondiale.
Si apre il rubinetto dei fondi dedicati al calcio, sia sul fronte interno sia sul fronte esterno. Si punta all'insegnamento nelle scuole per allevare giovani talenti, ma si iniziano anche a importare giocatori (spesso, ma non solo, a fine carriera da Europa e Sudamerica). Gli obiettivi, come spesso accade in Cina, sono magniloquenti: ospitare un Mondiale entro il 2034 e provare a competere per vincerlo entro il 2050.
Gli investimenti cinesi sul calcio estero e i legami Suning-governo cinese
Gli investimenti all'estero sono altrettanto imponenti. Tra il 2014 e il 2017 fondi e imprenditori cinesi investono oltre due miliardi e mezzo di euro in squadre di calcio europee. Vengono acquisite quote di minoranza o di maggioranza in club di primo livello come Atletico Madrid, Manchester City, Lione, Espanyol, Southampton, Aston Villa, Slavia Praga. E, per arrivare all'Italia, ovviamente di Inter e Milan.
Soprattutto nel caso di Suning, gli investimenti per il club nerazzurro sono ingenti. La politica di crescita dà i suoi frutti sia fuori dal campo (con l'aumento costante del fatturato), sia dentro il campo, con la qualificazione in Champions League nel 2018 a sette anni di distanza dall'ultima volta per arrivare poi allo scudetto dello scorso maggio. La famiglia Zhang si innesta in Italia anche a livello "politico". Il giovane Steven fa parte del gruppo di lavoro che favorisce la vittoria della candidatura di Milano-Cortina per i Giochi Olimpici del 2026 (quando l'Italia raccoglierà il testimone proprio della Cina e di Pechino 2022). Papà Zhang Jindong, invece, arriva in Italia il 23 marzo 2019 insieme a Xi Jinping e a un altro gruppo di imprenditori per la firma del memorandum of understanding sulla Via della Seta.
A fine 2020 gli investimenti di Suning avevano superato quota 700 milioni di euro, ma è soprattutto fino all'inizio del primo anno pandemico che il gruppo di Nanchino immette ancora liquidità, per esempio acquistando Christian Eriksen per circa 25 milioni di euro durante il mercato invernale. Con un passivo di 352 milioni di euro, l'Inter è la società italiana ad aver speso di più sul mercato nell'ultimo quinquennio. Poi, qualcosa cambia. E non solo per il Covid-19.
Peché Suning batte in ritirata: il Covid c'entra solo in parte
A contribuire alla ritirata finanziaria di Suning contribuiscono molteplici fattori. A partire dagli effettivi problemi dell'azienda di Nanchino, che inizia a soffrire la concorrenza dei competitor interni più tecnologicamente avanzati (tipo Alibaba ma non solo) e che perde liquidità partecipando su richiesta del governo al salvataggio del colosso immobiliare Evergrande. Ma c'è poi un aspetto prettamente politico: da quando Pechino capisce che la guerra commerciale non è solo una guerra commerciale e gli Stati Uniti hanno messo nel mirino la Cina non solo per i dazi ma per un discorso geopolitico molto più ampio, il governo decide di chiudere i rubinetti per tutti gli investimenti all'estero considerati non strategici.
Le avvisaglie di Parma e Pavia
Tra questi, anche il calcio. Sin da quando, nel 2017, le autorità hanno definito "irrazionali" gli investimenti nel calcio straniero. Le avvisaglie c'erano state sulla fallimentare esperienza di Li Yonghong al Milan, ma anche sulle spesso dimenticate vicende di Parma e Pavia. In entrambi i casi, dopo grandi proclami, gli investitori cinesi sono praticamente spariti nel nulla. E, soprattutto nel caso del Pavia, da un giorno all'altro senza più pagare stipendi e spettanze.
Il cambio di rotta del governo cinese sul calcio
Ottenere i permessi per muovere i fondi all'estero è diventato sempre più complicato, ancora di più dopo il Covid e, soprattutto, dopo la svolta nella politica economica del governo. A ottobre 2020, Xi Jinping ha annunciato il modello della "doppia circolazione", che mira sostanzialmente al raggiungimento dell'autosufficienza economica della Cina che dovrà essere in grado di mantenere stabile la situazione interna senza dipendere dagli scossoni esterni.
Il calcio è stato sacrificato. Nel giro di pochi mesi sono sparite diverse società, tra le quali persino il Jiangsu (la squadra cinese di Suning), che aveva appena vinto il primo scudetto della sua storia. I campioni europei e sudamericani hanno lasciato in massa il campionato cinese, mentre l'ipotesi di ospitare un mondiale appare ancora lontana. Persino il nuovo Mondiale per club Fifa, la cui prima edizione avrebbe dovuto tenersi nel 2021 proprio in Cina, è stato rinviato a data da destinarsi a causa della pandemia.
Gli striscioni degli interisti? Per Suning sono il male minore
Ecco perché, oggi, Suning ha sostanzialmente le mani legate. Un po' per colpa sua, un po' per colpa del Covid, un po' (o molto) a causa delle mosse del governo cinese: non saranno alcuni striscioni o cori a poter scalfire la linea di Pechino e far restare Lukaku, eroe dello scudetto, in nerazzurro. Alla famiglia Zhang possono far dispiacere gli insulti dei tifosi interisti, ma per loro sono il male minore.