Esteri

Le minacce di Putin, uno strumento per arrivare alla (sua) pace in Ucraina

Il missile strategico, le accuse contro gli Usa, i proclami. La realtà è che ormai è evidente la ricerca di una Pace, da parte di tutti

Putin tra missili e proclami ma nel mondo cresce la voglia di un accordo in Ucraina

Vladimir Putin non ha usato mezze misure nel suo discorso a sorpresa alla nazione (ed al mondo): "Ora la guerra è globale. Abbiamo il diritto di usare le nostre armi contro le basi nei paesi dove si permette che le loro armi vengano sparate contro di noi. In caso di escalation risponderemo". Parole che a leggerle fanno preoccupare e ad alzare ulteriormente la tensione ci ha pensato l'utilizzo da parte dell'esercito di Mosca di un missile balistico a medio raggio che ha colpito Dniepro.

La strategia di Mosca

Al netto che nessuno sa davvero cosa pensi lo Zar sono pochi gli analisti a credere che davvero il Cremlino possa decidere di colpire ad esempio le basi militari di Gran Bretagna o Stati Uniti, i paesi che hanno fornito a Kiev i missili a lungo raggio Atacms e Storm Shadow. La realtà è che Putin ha percepito un cambio di "aria" in occidente sulla questione Ucraina. Cambio scattato con le elezioni Usa, vinte da Trump, che ha subito affermato di voler portare ad un accordo di pace che preveda rinunce da parte di tutti.

Non è un caso ad esempio che pochi giorni fa il Cancelliere tedesco Scholz ha telefonato a Putin, gesto, al di là delle parole, che segna un cambio di strategia rispetto al muro contro muro di questo due anni e mezzo di guerra.

Una voglia di pace che nasconde ragioni diverse. Scholz ad esempio spera che la fine dei combattimenti possa portargli qualche frutto economico e politico in vista delle prossime elezioni anticipate, in programma a fine febbraio. I dati macro economici tedeschi infatti oggi sono in negativo: recessione, licenziamenti, crisi. La speranza è che la Pace porti ad una fiammata delle'economia e dell'industria che possa fargli recuperare forza e credibilità nell'elettorato.

Trump invece farà di tutto non solo per arrivare ad un accordo ma soprattutto per metterci la propria firma, intestandosi il ruolo di Pacificatore globale rispetto ad un Biden che fino all'ultimo ha fornito missili e mine anti uomo all'Ucraina.

Anche Putin in realtà non può tirare troppo la corda a livello interno. La crisi è arrivata anche in Russia dove c'è anche crisi di uomini da mandare al fronte al punto che lo Zar ha dovuto chiedere aiuto alla Corea del Nord che ha mandato migliaia di propri uomini al fronte. Quello che tutti sanno è che il freddo, anzi, il gelo ucraino, di fatto bloccano le ostilità limitando le operazioni e di fatto "congelando" le posizioni a terra. Così tutte le parti cercano oggi di ottenere forza e potenza prima di sedersi al tavolo delle trattative.

Le frenate di Zelensky

Anche il presidente ucraino ha percepito il cambio di direzione del vento e si sta riposizionando per non trovarsi isolato e sconfitto. Le sue parole di ieri sulla Crimea ("Non posso sacrificare migliaia di uomini...") sono un segnale chiaro di cambio di strategia. Zelensky sa che la vittoria totale sul campo è impossibile, e sa anche che il sostegno politico e militare sta vacillando e con Trump potrebbe addirittura bloccarsi. Insomma, ha capito che dovrà cedere parte dei suoi territori a Mosca in cambio della pace. Cosa che tra l'altro ormai viene vista come giusta e necessaria anche dagli stessi ucraini, logorati da una guerra che sta devastando l'intero paese.

Come tutte le cose in politica (sia estera che interna) si tratta di comunicare in modo giusto al proprio popolo ed al mondo le diverse situazioni; tutti infatti non solo vogliono la pace, ma vogliono uscirne da vincitori: Putin che si prenderà il Donbass, Zelensky che racconterà di aver fermato l'Armata Rossa, Trump il Portatore della Pace... Si andrà avanti così fino a gennaio quando con l'insediamento di Trump si dovrà passare dalle parole ai fatti.

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