Esteri

Muro Berlino, la retorica dei 30 anni. La Germania è unificata, non unita

Alberto Maggi

Muro Berlino, Germania: c'è un legame tra il boom di Afd a Est e la nostalgia del comunismo

Giornali, televisioni, radio, siti internet in queste ore sono pieni, anzi stracolmi, di servizi e articoli intrisi di retorica sul trentennale della caduta del Muro di Berlino. Tutti a dire che oggi il mondo è migliore e a beatificare quell'evento storico da cui è nata la celebre canzone degli Scorpions 'Wind of Change'.

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A dire il vero, è ora di fare chiarezza, quella fredda sera del 9 novembre 1989 ci fu soltanto l'apertura dei valichi di frontiera e non la caduta vera e propria della barriera anti-capitalista (come la chiamava il governo della Ddr) per colpa o per merito del goffo Guenter Schaboswki, funzionario della Sed (il Partito di Unità Socialista di Germania) che non sapendo come rispondere in conferenza stampa annunciò la libertà di viaggiare verso la Repubblica Federale Tedesca (quindi Berlino Ovest) da subito (e non l'indomani come avrebbe dovuto essere permettendo così ai VoPos, le guardie di frontiera della Volkspolizei, di organizzarsi).

Non sarà un caso se le stesse persone che nella primavera del 1989 a Lipsia e Dresda diedero il via alla Wende ("La svolta"), con le manifestazioni contro il governo della Repubblica Democratica Tedesca al grido "Gorby" (inneggiando all'ultimo leader dell'Unione Sovietica Michail Gorbacëv) che culminarono qualche mese dopo con la caduta del socialismo reale teutonico, nella primavera del 1990 (a riunificazione non ancora avvenuta ufficialmente - 3.10.1990 - ma già dopo le prime cosiddette libere elezioni della storia della Ddr) si ritrovarono nelle stesse piazze per urlare il loro disappunto e la loro profonda delusione con l'inequivocabile slogan "Wir sind nicht zweite klasse Deutsch" ("Non siamo tedeschi di serie B").

Il disincanto per aver scoperto i lati negativi del capitalismo e dell'economia di mercato, glorificati dalle televisioni occidentali che clandestinamente venivano viste nella Ddr, iniziavano già a produrre i loro effetti. Pesanti, per certi versi devastanti. Disoccupazione, tagli allo stato sociale e alle pensioni e, in generale, perdita di tutte quelle garanzie che erano considerate ovvie dopo 40 anni di socialismo reale, oltre a un forte incremento della criminalità.

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Il ricorso alla storia, non letta con la retorica di chi ha vinto e quindi si sente sempre e comunque nel giusto, è fondamentale per comprendere quanto oggi, novembre 2019, la Germania di Angela Merkel (cresciuta proprio a Est del Muro) e di Ursula von der Leyen, nuova presidente della Commissione europea, non sia affatto un Paese unito, bensì soltanto unificato. I dati economici sono lì da leggere, impietosi.

I cittadini dei Land occidentali continuano a pagare il contributo per la ricostruzione dell'ex Ddr (sintomatico) e in moltissimi casi i salari dei lavoratori orientali sono mediamente del 20% inferiori a quelli dei "tedeschi di serie A". Per non parlare del tasso di disoccupazione spesso a due cifre all'Est contro una media nazionale al 5%. Non solo, il reddito pro capite per i Land di quella che era la Germania comunista è del 72,5% rispetto alla parte occidentale. E in fatto di ricchezza le disparità restano grandi, il livello pro capite è di 236mila euro all’Ovest e solo 85mila euro all’Est.

Numeri e dati economici a parte, la profonda divisione tra le due Germanie è soprattuto sociale e culturale. "Die Mauer in unserem Kopf" ("Il Muro nella nostra testa") dicono ancora oggi passando sotto la Porta di Brandeburgo molti berlinesi e infatti negli ultimi due o tre anni c'è stata una vera e propria proliferazione di ristoranti e hotel che si rifanno in maniera esplicita allo stile di vita nella Ddr. Cucina (ad esempio i mitici cetriolini della Spreewald diventati celebri con Goodbye Lenin), vino, birra, odori e sapori: tutto viene riprodotto esattamente come al tempo della Sed, di Honecker e della Stasi.

Non solo, bazar e mercantini che vendono ogni tipo di oggetti tipici della vita quotidiana durante il socialismo reale (dalle bambole per bambine alle radio) si moltiplicano a Potsdam, Chemitz (o meglio, Karl Marx Stadt), Rostock,  Erfurt e in tutta la parte orientale della Germania. E sono sempre più numerosi i cittadini, anche giovani e comunque nati dopo il 1989, quindi già nella Germania unificata, a voler riscoprire un passato troppo presto dimenticato, insultato e additato come il male assoluto.

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Politicamente, poi, la frattura tra Ovest e Est è plastica e incontrovertibile. Le ultime elezioni regionali in Turingia (Est) hanno visto la vittoria della sinistra radicale della Linke, gli eredi (lontani a dire il vero) della Sed, e l'exploit della destra di Afd, con il crollo di Cdu e Spd. I due partiti estremisti insieme superano nettamente il 50%, non solo in Turingia ma quasi dappertutto nell'ex Ddr. Mentre all'Ovest i cristianodemocratici tutto sommato reggono, c'è il boom dei Verdi e i liberali risorgono, all'Est è tutto un altro mondo. La Cdu è ridotta ai minimi termini, l'Spd è ormai un partitino, gli ecologisti restano al palo e l'Fdp (liberali) praticamente sono scomparsi. Esigenze diverse, risposte politiche differenti.

Perché la destra anti-Ue e anti-immigrati nei Land occidentali si ferma intorno al 10% e in quelli orientali balza sopra il 20-25%? In pochi forse sanno che Alternative für Deutschland, almeno all'Est, ha ripreso nelle sue manifestazioni e nei suo slogan di propaganda politica moltissime parole d'ordine tipiche dello Stato socialista fino al 1989. Certamente non le frasi tipicamente comuniste di Marx, ma ad esempio sulla sicurezza sociale, sul lavoro garantito per tutti, sulla difesa delle pensioni e del welfare e anche sulla difesa dei confini (rigorisissima e praticamente invalicabile ai tempi del Muro).

Ecco perché la destra radicale spopola nell'ex Ddr (di qualche giorno fa la notizia che Dresda si è proclamata in 'stato d'emergenza nazismo'). Non sono improvvisamente diventati tutti nostalgici di Adolf Hitler, ma il fallimento politico ed economico del processo di riunificazione - quello osannato in queste ore dai media - è stata la causa del boom di chi si rifà in qualche modo al nazismo. Se più di un cittadino su due dell'ex Ddr vota o l'estrema sinistra (in qualche modo ancora legata a quel passato) o la l'estrema destra, che si richiama in parte alla sicurezza dello Stato socialista, forse chi venera il 9 novembre come la data storica che ha portato la libertà contro il male assoluto dovrebbe farsi qualche domanda. Anzi, molte domande.

E per certi versi oggi, novembre 2019, quel Muro è ancora là (e non solo "in der Kopf") con le torrette, le guardie di frontiera e il mitico Checkpoint Charlie. Basta solo togliere la nebbia della propaganda trionfalista di chi - a Bonn come a Washington, a Parigi come a Bruxelles - pensa di aver sconfitto il terrore comunista 30 anni fa. Salvo poi stupirsi per i fantasmi del passato nazista che, per colpa loro, tornano in quella Germania Est che per molti versi è ancora oggi Deutsche Demokratische Republik.