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Nagorno Karabakh, caos dopo la lite Armenia-Russia. A rischio il gas

di Redazione Esteri

Il nuovo conflitto si inserisce in un contesto di tensione tra Yerevan e Mosca, storico alleato. E anche l'Italia trema visti gli accordi sul gas con Baku

Nuova guerra in Nagorno-Karabakh dopo le tensioni tra Armenia e Russia

Ci siamo: ecco un nuovo conflitto. Dopop la guerra in Ucraina, un'altra regione alle porte dell'Europa rischia di piombare nell'incubo della guerra. Con l'Italia che osserva da parte in causa per i numerosi interessi che ha coi due paesi coinvolti. Decine di persone sarebbero già state uccise e più di 200 ferite nel Nagorno-Karabakh dopo che l'Azerbaigian ha lanciato quella che ha descritto come una "operazione antiterrorismo" dopo mesi di crescenti tensioni nella regione contesa del Caucaso meridionale. L'amministrazione presidenziale dell'Azerbaigian ha dichiarato che gli attacchi continueranno fino alla resa delle "formazioni militari armene illegali" e allo smantellamento del governo separatista del Nagorno-Karabakh.

Sebbene il Nagorno-Karabakh sia riconosciuto internazionalmente come territorio azero, una parte di esso è gestito dalle autorità armene separatiste che affermano che l'area è la loro patria ancestrale. La regione è stata al centro di due guerre - l'ultima nel 2020 - dalla caduta dell'Unione Sovietica nel 1991. La Russia, che gestisce una base militare in Armenia, ha inviato migliaia di forze di pace nella regione nel 2020 come parte di un accordo per porre fine a sei settimane di ostilità durante le quali l'Azerbaigian ha ottenuto significativi guadagni territoriali nel Nagorno-Karabakh e dintorni. Mosca è un importante mediatore di potere nella regione e un alleato di Erevan attraverso l'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) guidata da Mosca, che si è riunita per discutere la situazione.

Attenzione alle mosse dietro le quinte della Turchia, che sostiene invece l'Azerbaigian. Non sono in pochi coloro che notano che il caos nella regione potrebbe indebolire ulteriormente la Russia e favorire l'ascesa di Ankara. I separatisti armeni del Nagorno-Karabakh si sono staccati dall'Azerbaigian quando l'Unione Sovietica è crollata nel 1991. Il conflitto che ne è seguito ha causato circa 30 mila vittime. Le sei settimane di combattimenti nell'autunno 2020, invece, hanno fatto oltre 6.500 morti e si sono concluse con un cessate il fuoco mediato dalla Russia. In base all'accordo, l'Armenia ha ceduto parti di territorio che controllava da decenni e Mosca ha schierato circa 2 mila peacekeeper per monitorare la fragile tregua.

Ma in realtà le nuove ostilità si inseriscono nel contesto di forti tensioni tra l'Armenia e la Russia. L'Armenia si è ripetutamente lamentata del fatto che la forza di pace russa non è stata in grado o non ha voluto mantenere aperta la strada per l'Armenia, nonostante questo dovere fosse previsto dall'accordo che ha posto fine alla guerra del 2020. 

Nagorno Karabakh, timori anche per Europa e Italia

L'Armenia ha anche irritato Mosca tenendo esercitazioni militari con gli Stati Uniti questo mese e muovendosi verso la ratifica della Convenzione di Roma che ha creato il tribunale penale internazionale, che ha incriminato il presidente russo Vladimir Putin. E la situazione rischia di finire fuori controllo anche a livello interno. Nei giorni scorsi migliaia di manifestanti si sono riuniti nel centro di Yerevan, la capitale dell'Armenia, bloccando le strade e chiedendo alle autorità di difendere gli armeni del Nagorno-Karabakh. Alcuni si sono scontrati con la polizia, che avrebbe usato granate stordenti. Con decine di feriti.

Osserva la situazione con comprensibile timore anche l'Europa, Italia in primis. Sì, perché dopo la rottura con Mosca, l'Unione europea si è rivolta nei mesi scorsi all'Azerbaigian per raddoppiare la fornitura entro il 2027, per arrivare entro quella data a ricevere 20 miliardi di metri cubi. Il memorandum d'intesa è stato firmato a luglio 2022 dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente azero, Ilham Aliyev, nella residenza presidenziale di Zagulba.

L'accordo ha già previsto una tappa intermedia, col passaggio dagli 8,1 miliardi di metri cubi a 12 miliardi di forniture. E si riuscirà grazie al Tap, la Trans-Adriatic Pipeline, che rappresenta l'ultima sezione del Corridoio merdionale del gas, e arriva in Puglia. Il possibile coinvolgimento di Baku in una guerra regionale potrebbe però avere un impatto anche sulle forniture energetiche. Proprio quello di cui nessuno ha bisogno in questo momento. Anche per questo si spiega la posizione al momento non del tutto chiara dell'Italia sul conflitto.