Esteri
Repubblica Ceca,lo strano caso Hřib:sindaco di Praga e guastafeste diplomatico
La sua linea ostile a Russia e Cina va contro quella del presidente Zeman. E dopo i sospetti su un possibile piano di avvelenamento finisce sotto scorta
Da Praga a Praga. Ma dal palazzo comunale a quello presidenziale. È il percorso a cui sembra mirare il sindaco della capitale della Repubblica Ceca, Zdeněk Hřib. Un personaggio non gradito a Milos Zeman per le sue mosse di politica locale ma anche (e soprattutto) per i loro riflessi sulla politica estera del presidente.
Hřib è finito sotto scorta dopo aver ricevuto minacce di morte. La protezione è iniziata qualche settimana fa, ma la notizia è stata diffusa solo in questi giorni e a confermarlo è lo stesso Hřib ai microfoni di “Eco di Mosca”, un’emittente radiofonica russa. Il primo cittadino non ha fornito dettagli, né ha accennato a una possibile matrice russa della minaccia. Ma il settimanale ceco “Respekt”, che ha citato fonti anonime dell’intelligence ceca, ha dichiarato che un uomo russo con passaporto diplomatico sarebbe arrivato a Praga nelle scorse settimane con l’intenzione di avvelenare Hřib e un altro politico, Ondrej Kolar, tramite ricina, di cui avrebbe avuto alcune dosi con sé.
Hřib e Kolar sono da tempo invisi a Mosca per alcune azioni che hanno complicato le relazioni russo-ceche. Per ordine di Hrib, la piazza su cui si affaccia l'ambasciata russa a Praga cambierà nome e verrà intitolata a Boris Nemtsov, oppositore di Vladimir Putin assassinato nel 2015. L’ambasciata russa ha risposto piccata che sposterà il proprio ingresso ufficiale su un’altra via. Ondrej Kolar, invece, è il presidente del municipio di Praga 6, che il 3 aprile ha rimosso una statua dedicata al maresciallo sovietico Ivan Konev.
Il monumento, eretto negli anni Ottanta in onore di colui che guidò le truppe sovietiche durante la liberazione di Praga alla fine della Seconda guerra mondiale, era diventato negli anni bersaglio di atti vandalici perché l’opinione pubblica aveva scoperto il ruolo di Konev nel sopprimere la rivolta ungherese antisovietica del 1956. Kolar ha fatto così traferire la statua in un museo dedicato, ma la rimozione ha causato le ire del Cremlino, che ha minacciato conseguenze per aver violato un trattato secondo cui le due nazioni si sono impegnate, agli inizi degli anni Novanta, a prendersi cura dei memoriali di guerra.
Insomma, la questione va ben oltre i confini della città di Praga e coinvolge i rapporti dell’intera nazione non solo con la Russia ma anche con la Cina.
Dalla sua investitura a sindaco nel novembre del 2018, infatti, Zdeněk Hřib, eletto tra le fila del Partito Pirata, è diventato il simbolo di una città, tradizionalmente liberale, che si oppone al governo nazionale, sempre più vicino economicamente e moralmente a Russia e Cina.
Le prime ostilità si erano aperte già lo scorso anno, quando il sindaco di Praga si era rifiutato di espellere un diplomatico di Taiwan, nonostante le forti pressioni dell’ambasciata cinese. La Repubblica Ceca aderisce, infatti, a quella che nelle relazioni internazionali prende il nome di “politica di una sola Cina”, che da tempo è la base su cui l’Occidente costruisce i propri rapporti diplomatici con Pechino.
Il trattato di amicizia firmato nel 2016 da Praga e Pechino, ai tempi del predecessore di Hřib, si allineava a questa politica, ma la richiesta del nuovo sindaco di Praga di riparlare del riconoscimento di Taiwan ha causato l’irritazione cinese e la conseguente rottura diplomatica.
Ma le azioni di Hřib che hanno irritato la Cina sono numerose. Subito dopo il suo insediamento, il sindaco ha fatto esporre la bandiera del Tibet dal municipio della città. Nei mesi scorsi ha ospitato a Praga il capo del governo tibetano in esilio, Lobsang Sangay, e in seguito si è recato in visita a Taipei, capitale di Taiwan, dove il gemellaggio tra Praga e Pechino è stato ufficialmente sostituito da un nuovo accordo tra la capitale ceca e Taipei.
Insomma, Hřib è una figura scomoda per il presidente della Repubblica Ceca, Miloš Zeman, che invece è impegnato nel mantenere buoni rapporti con la Repubblica Popolare Cinese e soprattutto con Putin, a cui ha garantito la propria presenza alle celebrazioni del Giorno della vittoria, la più importante festa nazionale russa, a cui i leader occidentali hanno smesso di partecipare dopo l’annessione ucraina della Crimea nel 2014.