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Esteri
Russia, comunisti fanno il pieno di giovani. Allarme rosso per Putin

Allarme rosso per Vladimir Putin. Ed è proprio il caso di dire rosso.

Finora l'opposizione comunista in Russia è sempre stata "addomesticata" e allineata al Cremlino soprattutto in politica estera. Ma con la crisi economica che morde da Mosca alla Siberia e le condizioni in netto peggioramento per molti cittadini, alle prossime elezioni presidenziali dell'inizio 2018 i comunisti potrebbero davvero fare il pieno di voti.

Ad analizzare la situazione degli eredi di Lenin e Stalin è la grande stampa internazionale che segue con grande attenzione cosa accade nella profonda Russia. A colpire è soprattutto il fatto che, a differenza di quanto accadeva negli '90, tra i quasi 600mila iscritti al Partito Comunista Russo oltre il 20% ha meno di 35 anni e una fetta considerevole è addirittura nata dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991.

Segno che non si tratta più (e non solo) di nostalgia di anziani e pensionati. Le ricette dei comunisti sono sempre le stesse: maggiore intervento dello Stato in economia, pensioni più alte e servizi sociali migliori e gratuiti per tutti. In questi anni al fianco del grigio Ziuganov, leader comunista russo da più di 20 anni, è nata una classe dirigente nuova e giovane che ha saputo lavorare molto sul territorio, nei piccoli centri e nelle campagna. Il Cremlino e Putin si sono concentrati sui media, tutti filo regime, i comunisti hanno lavorato porta a porta.

Non solo. Accanto al tradizione Partito Comunista sono nati moltissimi movimenti e gruppi che si rifanno ai fasti dell'Urss, alla Rivoluzione bolscevica che compie 100 anni, a Lenin e a Stalin (sempre più apprezzato dalla popolazione russa nei sondaggi). Le liti e gli scontri con gli Stati Uniti, da ultime le nuove sanzioni, non fanno altro che aumentare la voglia di nazionalismo e di ritorno all'impero sovietico.

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