Esteri

Ucraina, decidono tutto Usa e Russia. L'Europa divisa non conta (mai) nulla

di Lorenzo Lamperti

Biden e Putin discutono il futuro di Kiev e di tutta Europa. Ma il Vecchio Continente resta come sempre a guardare e paga le diverse posizioni su Mosca

Su Ucraina e Nato in Europa orientale decidono solo Russia e Usa, l'Ue resta a guardare

L'Europa non conta nulla. Amara verità che spesso si finge di nascondere o dimenticare, ma che torna evidente ogni qualvolta si svolgono importanti summit internazionali o si prendono le grandi decisioni geopolitiche e strategiche, il Vecchio Continente non ha esponenti seduti al tavolo. L'ultima dimostrazione arriva dai negoziati in corso a più livelli tra Russia, Stati Uniti e Nato. Particolare inquietante: quanto si deciderà e quanto si discute su quei tavoli ha un effetto diretto sull'Europa stessa, a partire dal suo fianco orientale, mai così esposto alle intemperie dello scontro tra potenze.

Vietato pensare che si tratti di un caso. Solo restando agli ultimi mesi, i casi di esclusione dell'Unione europea da qualsivoglia decisione vitale sono numerosi e pesanti. A partire dal ritiro statunitense dall'Afghanistan, sul quale Joe Biden e il Pentagono non hanno minimamente preso in considerazione l'opinione dei partner europei. Così come né Washington, né Londra e né Canberra si sono neppure sognati di rendere partecipe l'Ue (e neppure la Francia, parte coinvolta come vittima nella vicenda) sulla conclusione dell'accordo AUKUS, che può ridisegnare gli equilibri difensivi e strategici nell'Indo Pacifico. Nota a pié di pagina: annuncio arrivato poche ore prima della presentazione della super annunciata strategia sull'Indo Pacifico dell'Unione europea, di fatto resa ininfluente prima ancora di venire alla luce.

Dall'Afghanistan ad AUKUS ai rapporti con Mosca: l'Europa non prende palla

Il tavolo di Ginevra e i colloqui che seguono in questi giorni sull'asse dei protagonisti della prima guerra fredda è solo l'ennesima conferma di una realtà difficile da accettare ma che nessuno riesce mai a scalfire: l'Europa non conta geopoliticamente nulla. O quantomeno, non conta come soggetto attivo. Anche perché non ha una posizione unitaria pressoché su nessun dossier in materia di politica estera. Dal Mediterraneo al Medio Oriente, dai rapporti con la Cina a quelli con i paesi africani, ognuno persegue i propri interessi senza guardaer in faccia al vicino di casa. Conseguenza: Stati Uniti e Russia parlano fra loro senza coinvolgere il luogo sul quale le loro decisioni si possono ripercuotere maggiormente.

Altro che "autonomia strategica", per dirla alla Emmanuel Macron. L'Ue resta a guardare mentre i grandi parlano. E lo sguardo è preoccupato, anche perché in gioco c'è la proiezione di Mosca in Europa nord orientale, l'allargamento della Nato e il dispiegamento di mezzi e uomini lungo l'asse orientale. D'altronde, le posizioni delle cancellerie del Vecchio Continente sui rapporti con la Russia sono molto diverse tra loro. Si va dai più ostili al Cremlino a quelli che vorrebbero invece coinvolgere Mosca in un dialogo che possa riabilitarla e riavviare i rapporti commerciali, consentendo così di recidere il legame sempre più forte che la lega alla Cina. 

Svezia e Finlandia vogliono la Nato, Europa orientale (tranne Orban) anti Putin

Partiamo dai paesi più vicini al "campo di gioco". Non è un mistero che i paesi Baltici, così come quelli scandinavi e dell'Europa orientale, siano quelli più ostili alla Russia. Per motivi storici, culturali, geopolitici, banalmente geografici. Da qui l'avanzata russa la si vede quasi a occhio nudo, così come 30 anni fa si era vista la ritirata. Spesso paesi che sono entrati nella Nato dopo aver lasciato il Patto di Varsavia. Con chi ha provato a restare neutrale fiducioso nell'avvio del dialogo post guerra fredda che ora inizia a cambiare atteggiamento.

Svezia e Finlandia in primis, che stanno pensando di mandare in archivio decenni di strategia geopolitica per provare ad entrare nella Nato. Ipotesi che turba il sonno di Vladimir Putin, soprattutto perché un nuovo allargamento dell'Alleanza Atlantica potrebbe coinvolgere anche il pianerottolo di casa, vale a dire Ucraina e Georgia. Questa la vera linea rossa che lo zar non può accettare che venga superata. Restando a est, anche Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno un approccio quantomeno scettico sui rapporti con Mosca. L'Ungheria di Viktor Orban, che però nei prossimi mesi affronterà un'elezione quantomai incerta, è l'unico vero partner di Putin nella regione, a meno che non si scenda nei Balcani dove le sponde si moltiplicano, in particolare in Serbia (non a caso non ancora ammessa alla procedura per l'ingresso in Ue).

Germania, Francia e Italia pro dialogo: ma ognuna si muove per conto proprio

Andando verso occidente le posizioni si smussano. Soprattutto tra Germania, Francia e Italia. In modi diversi, tutti e tre i teorici pesi massimi dell'Ue sono più propensi al dialogo con Mosca. Le motivazioni della Germania sono soprattutto commerciali e di approvvigionamento, a partire da quelle delle materie prime. Basti pensare al contestato gasdotto North Stream 2, oggetto del contendere tra Berlino e Washington, oltre che tra Berlino e Kiev. Già, perché il tracciato dell'opera bypassa gli altri paesi per unire direttamente Russia e Germania. Troppo per gli Stati Uniti, che intravedono un singulto di convergenza strategica oltre che commerciale.

I calcoli di Macron sono invece soprattutto geopolitici. La necessità di autonomia strategica secondo il presidente francese si basa anche e soprattutto sulla possibilità di favorire un riavvicinamento diplomatico che possa spegnere la miccia sul fronte orientale europeo e coinvolgere Mosca in un dialogo comune sulla postura cinese. Non a caso da tempo Macron insiste sulla possibilità di una riedizione del formato Normandia che include Germania, Francia, Russia e Ucraina. Autonomia strategica franco tedesca all'interno della più vasta autonomia strategica europea, evidentemente.

E poi c'è l'Italia, dove da sempre la Russia gode di buoni appoggi. A livello politico, ben oltre il caso lampante della Lega. Ma anche a livello commerciale, dove ciclicamente tornano le lamentele e le richieste del mondo imprenditoriale e delle associazioni di categoria di riavviare in pieno i rapporti commerciali con Mosca, sottolineando i pesanti costi delle sanzioni. Nel primo semestre 2021, intanto l'export italiano in Russia si è attestao sui 3,6 miliardi di euro (+13,3% rispetto a primo semestre 2020), mentre le importazioni dalla Russia hanno raggiunto circa 3,9 miliardi (+35,7%)

Ma a decidere per l'Europa, come sempre più spesso accade, c'è qualcun altro.