Esteri
Gli scontri in Libia sfiorano i giacimenti Eni: cresce la tensione, anche sul fronte migratorio
Scontri a Zawiya, località strategica che costeggia Sabratah e Mellitah. Le conseguenze per l'Italia delle nuove tensioni nel Paese nordafricano
Gli scontri in Libia sfiorano i giacimenti Eni: cresce la tensione, anche sul fronte migratorio
Ancora scontri in Libia e ancora momenti di tensione nell'ovest del Paese. Questa volta il rumore delle armi ha avuto un'eco molto importante nella cittadina di Zawiya, strategica località costiera a ovest della capitale Tripoli. Da qui passa la strada che dalla principale città libica conduce verso il confine con la Tunisia e che, soprattutto, costeggia altre località importanti quali Sabratah e Mellitah. Due nomi, questi ultimi, che indicano le cittadine in cui hanno sede alcuni dei più importanti giacimenti dell'Eni nel Paese nordafricano.
La sicurezza degli impianti Eni in Libia
Gli scontri di Zawiya hanno già determinato molti danni alla raffineria locale, distante pochi chilometri dal centro cittadino. Si tratta però di un'infrastruttura della Noc (National Oil Company), la società statale libica che si occupa dell'estrazione ed esportazione del petrolio, lontana dallo stabilimento dell'Eni. Così come sottolineato in un comunicato della stessa Noc, l'impianto di Zawiya è stato chiuso per ragioni di sicurezza e si sta lavorando per rendere nuovamente funzionale quanto prima.
“Confermo – ha commentato per Affaritaliani.it il giornalista Alessandro Scipione, responsabile del desk nord Africa e medio oriente di Agenzia Nova – che gli scontri nulla hanno a che vedere con gli stabilimenti dell'Eni”. Tuttavia, gli eventi registrati nella cittadina costiera libica pongono nuovamente in risalto i problemi legati alla sicurezza in tutto l'ovest del Paese. Lì dove cioè l'Italia ha i suoi principali interessi di natura energetica.
Non è raro avere a che fare con notizie relative a scontri e incidenti provenienti anche dall'area di Sabratah e Mellitah. In alcuni casi, così come accaduto negli ultimi due anni, gli stabilimenti Eni sono stati chiusi per ragioni di sicurezza. A inizio anno invece, le strutture sono rimaste ferme per diverse settimane a causa delle proteste sia della popolazione locale che delle guardie di sicurezza dell'impianto. Diversi uomini ingaggiati per garantire l'incolumità dei dipendenti infatti, hanno lamentato condizioni lavorative diverse e meno vantaggiose dei dipendenti Noc.
Vicende libiche e contrasti interni dunque, che spesso però vanno a incidere sull'operatività degli impianti Eni e degli altri vicini. Ulteriore segno di come operare in Libia, nonostante i vari sforzi politici portati avanti per la stabilizzazione del Paese, sia ancora molto difficile.
Libia, la questione legata all'immigrazione
Ma gli scontri di Zawiya potrebbero interessare l'Italia anche sul fronte immigrazione. La località è stata per molto tempo il feudo di Bija, alias Abd al-Rahman al-Milad, uno dei più pericolosi trafficanti di esseri umani assassinato a Tripoli lo scorso 31 agosto. La sua uccisione potrebbe aver scombinato gli equilibri della criminalità locale e questo spiegherebbe anche l'emersione degli scontri di questi giorni.
Chi imbraccia le armi a Zawiya, in ogni caso, lo fa soprattutto per mettere le mani sul lauto business generato dalle partenze irregolari. Gli incidenti e le sparatorie registrate negli ultimi giorni, e in particolar modo nella giornata di domenica, potrebbero quindi incidere in futuro anche sulle partenze. Al termine delle tensioni infatti, si rischia di essere in presenza nuovamente di condizioni ideali per tornare a lucrare su chi vuole raggiungere la sponda europea del Mediterraneo.
Chi si sta contendendo il potere a Zawiya
A prendere in mano le armi sono stati alcuni degli storici gruppi che si contendono il potere nell'area e, con esso, anche i soldi derivanti dal contrabbando e dal traffico di esseri umani. Da un lato infatti, ci sono i membri della tribù Shurafaa mentre, dall'altro, gli uomini fedeli a un altro personaggio di spicco a livello locale, Mohamed Kushlaf. Negli scontri, hanno riferito a Libya Review alcuni residenti, sono state usate anche armi pesanti e la stessa raffineria della Noc è stata colpita da almeno un razzo sparato da una delle fazioni in lotta.