Esteri

Sudan, colloqui a Gedda per un cessate il fuoco preliminare per la pace

di Marilena Dolce

Gli scontri continuano a insanguinare il Sudan. Negoziazioni in corso tra le forze armate sudanesi e quelle di supporto rapido a Gedda, per costruire una tregua

Militari e paramilitari si accusano a vicenda, come nel caso dell’attacco di sabato 6 maggio al convoglio dell’ambasciatore turco, nel quale non si sa ancora se ci siano stati feriti. Il ministero degli Esteri di Ankara ha deciso comunque di spostare la rappresentanza diplomatica a Port Sudan, zona esclusa dagli scontri. Da qui l’Onu negozia la consegna degli aiuti. L’altra area calda, oltra alla capitale, è il Darfur. Nella parte più a ovest, vicino al confine con il Ciad, i civili si sono armati si teme per prendere parte nei combattimenti tra militari, paramilitari, ribelli e clan. Finora, secondo l’Ong Norwegian Refugee Council, sono circa 200 i morti.

Dati Onu riferiscono, più di 700 morti, 5.000 feriti, 350 mila sfollati e 115 mila rifugiati. Oltre alle vittime dirette il conflitto sta peggiorando la fame endemica che già colpiva un terzo della popolazione sudanese. Secondo l’Onu, se la guerra dovesse continuare, più di due milioni e mezzo di persone nei prossimi sei mesi soffriranno di malnutrizione grave.

E poi ci sono gli sfollati. Per l’Unhcr il numero di sudanesi in fuga verso paesi vicini è di circa 860 mila persone, motivo per cui gli stati confinanti hanno chiuso le frontiere. Non però l’Eritrea, paese storicamente amico del Sudan, che si sta attivando per la cessazione delle ostilità ma anche per l’accoglienza dei profughi. A Tessenei, città di frontiera con il Sudan, le famiglie eritree li accolgono nelle loro case. Un modo per ricambiare il sostegno ricevuto negli anni della lotta armata, quando le organizzazioni eritree erano di base proprio in Sudan.