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Esteri
Taiwan, la presidente negli Usa ad aprile. Cina: "Si rischia il conflitto"

La Cina avvisa gli Usa: "Tirate il freno o si rischia un conflitto". I motivi delle tensioni

Gli Stati Uniti devono "tirare il freno", altrimenti "ci sarà sicuramente un conflitto e confronto". Il duro avvertimento, con toni ammantati di inediti urgenza e allarme, arriva direttamante dalla Cina. Durante le "due sessioni", l'importante appuntamento annuale legislativo della vita politica cinese, il neo ministro degli Esteri Qin Gang ha avvisato della possibile "catastrofe" nelle relazioni bilaterali tra Washington e Pechino, che avrebbe inevitabili ripercussioni globali.

Qin Gang ha accusato gli Usa di "egemonismo" e "mentalità da guerra fredda", che attraverso una "percezione distorta della Cina" usano la competizione tra le due grandi economie per "bloccare i due paesi in un gioco a somma zero". Tra gli argomenti a dividere Cina e Stati Uniti le restrizioni della Casa Bianca sull'esportazione di tecnologia avanzata (soprattutto in materia di semiconduttori), ma anche la vicenda del pallone-spia e quella del timore avanzato da Washington sul possibile invio di armi alla Russia.

"La Cina non ha dato armi a nessuna delle due parti coinvolte nella crisi ucraina", ha garantito Qin, che è poi passato ad accusare Washington e la Nato per una "crisi che poteva essere evitata" e risultato della "contraddizione nella governance di sicurezza europea. Sembra che ci sia una mano invisibile che spinge per l'escalation della crisi", ha denunciato Qin in linea con la prospettiva cinese di Usa e Nato che "gettano benzina sul fuoco", così come potrebbero fare presto anche in Asia-Pacifico.

Al centro delle tensioni c'è Taiwan. Possibile visita di Tsai Ing-wen negli Usa

Il motivo principale della tensione tra Cina e Stati Uniti è infatti ancora una volta Taiwan. Proprio ieri sera, il Financial Times ha reso noto che la presidente taiwanese Tsai Ing-wen sta preparando un doppio scalo in California e a New York per inizio aprile, nell'ambito di un viaggio più ampio in America centrale, dove Taipei conserva alcuni dei 14 paesi rimasti a riconoscerne ufficialmente l'indipendenza come Repubblica di Cina.

La visita di Tsai rischia di scatenare nuove fortissime tensioni e una reazione muscolare da parte di Pechino, dopo quanto già accaduto lo scorso agosto in seguito alla visita a Taipei di Nancy Pelosi. Vero che Tsai è stata negli Usa anche nel 2019, ma in quel caso si era trattato di un breve scalo a Denver durante il quale non aveva incontrato rappresentanti politici di primo livello. Ora, invece, dovrebbe incontrare Kevin McCarthy, vale a dire il nuovo speaker del Congresso che ha preso il posto di Pelosi.

Fino a qualche settimana fa, ci si attendeva in realtà la visita a Taipei di McCarthy per aprile o per il prossimo agosto. Il cambio di sede per l'incontro sarebbe motivato dalla volontà di Taiwan e Stati Uniti di contenere il rischio di una reazione aggressiva di Pechino. Un alto funzionario taiwanese ha dichiarato al FInancial Times che l'amministrazione di Tsai ha fornito al team di McCarthy "alcune informazioni su ciò che il partito comunista cinese sta facendo di recente e sul tipo di minacce che pone".

Il riferimento pare essere a quanto dichiarato due giorni fa dal ministro della Difesa taiwanese, che durante un'audizione in parlamento ha citato possibili incursioni di aerei o navi militari della Cina continentale direttamente entro le 12 miglia nautiche di distanza dalle coste taiwanesi. Evento sinora mai avvenuto e che porterebbe Taipei a una possibile reazione, col seguente rischio di una potenziale escalation sullo Stretto.

In realtà, l'incontro in California piuttosto che a Taipei è lungi dal neutralizzare i rischi di tensioni. Anzi. Nel 1995-1996, la visita dell'allora presidente Lee Teng-hui giocò un ruolo centrale nella Terza Crisi sullo Stretto che sembrava far precipitare le due sponde dello Stretto a un passo dal conflitto. E, soprattutto, il contesto attuale non favorisce una gestione serena della vicenda. La questione di Taiwan è molto più al centro delle burrascose dinamiche delle relazioni Cina-Usa rispetto al 2019. E la vicinanza di tempi rispetto alla visita di Pelosi in qualche modo "costringe" Pechino a reagire in modo deciso.

Non solo, il fatto che Tsai venga ricevuta dagli Usa a meno di un anno dalle cruciali elezioni presidenziali taiwanesi del gennaio 2024 potrebbe essere percepito come un implicito sostegno americano al Partito progressista democratico, inviso a Pechino. Anche se Tsai non potrà ricandidarsi dopo aver svolto due mandati. In realtà, anche Ko Wen-je, potenziale candidato alle elezioni col suo Taiwan People's Party, sarà negli Usa ad aprile. A dimostrazione che Washington mantiene aperti i canali anche con altre forze politiche taiwanesi. Ma certo il passaggio di una presidente ha una rilevanza molto diversa.

Quanto la vicenda stia a cuore della Repubblica popolare lo si è visto quando, durante la sua conferenza stampa, Qin ha tirato fuori il libretto rosso della costituzione, leggendo il passaggio in cui si sostiene che Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese. La questione sembra destinata a caratterizzare i complessi rapporti tra le due principali potenze globali ancora a lungo. Nella speranza non si concretizzi mai quel conflitto adombrato da Qin.

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