Esteri
Trump conservava 184 documenti segreti. Facebook oscurò le accuse a Biden Jr
Fari puntati sull'ex presidente degli Usa e sul suo successore
Usa: Fbi, "Trump ha mescolato documenti top-secret con riviste"
Secondo la dichiarazione giurata rilasciata dell'FBI, 14 dei 15 scatoloni recuperati nella tenuta in Florida dell'ex presidente Donald Trump contenenti documenti riservati, molti dei quali top secret (per l'esattezzq 184 secondo il Corriere della Sera), erano mescolati con giornali vari, riviste e corrispondenza personale. Lo si legge sul sito dell'Associated press. Secondo il documento del bureau, nessuno spazio nella tenuta di Trump a Mar-a-Lago è stato autorizzato per lo stoccaggio di materiale classificato. Lo stesso documento chiarisce come la conservazione casuale del materiale governativo top secret esposto Trump a nuovi rischi legali proprio le basi per un'altra potenziale gettata presidenziale nel 2024.
L'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reagito alla divulgazione di una versione incompleta del documento con le ragioni che hanno giustificato la perquisizione della sua villa in Florida, assicurando di non aver fatto "nulla di male" e che quanto accaduto è "un attacco politico". "Non ho fatto nulla di male. In pratica siamo stati attaccati, abbiamo subito un'incursione. Hanno aperto le casseforti, hanno portato molti, molti agenti dell'FBI, proprio prima delle elezioni di midterm di novembre", ha scritto sul suo social network Truth. Trump ha sottolineato che il testo reso pubblico è "pesantemente rimaneggiato" e senza alcuna menzione di armi "nucleari", definendolo un "totale sotterfugio di pubbliche relazioni da parte dell'FBI e del Dipartimento di Giustizia".
Zuckerberg censura articolo su Hunter Biden
Intanto storia parallela lambisce Joe Biden. Facebook ha limitato l'accesso all'articolo del New York Post su Hunter Biden durante le elezioni del 2020 dopo essere stata messa in guardia dall'Fbi sulla campagna di disinformazione in corso. Lo ha raccontato Mark Zuckerberg ai microfoni di Joe Rogan. L'articolo in questione riguardava delle presunte email emerse dal laptop di Hunter Biden dalle quali emergeva che l'ex vicepresidente aveva aiutato il figlio in alcuni affari in Ucraina.
Facebook e Twitter avevano inizialmente limitato la condivisione dell'articolo prima di invertire poi la rotta in seguito alle accuse di censura. "L'Fbi è venuta da noi e ci ha detto di stare allerta", racconta Zuckerberg, precisando che gli agenti federali non hanno messo in guardia in particolare sull'articolo su Hunter Biden ma Facebook ha ritenuto che potesse rientrare nella campagna di disinformazione. L'articolo del New York Post resta controverso per l'impossibilità di verificare con esattezza l'autenticità dei dati.