Esteri

Trump a metà tra Putin e Zelensky, ecco il piano per riportare la pace in Ucraina

Per Trump, riuscire a mediare una pace che soddisfi, almeno in parte, le richieste di Kiev sarebbe un grande successo da sbandierare

di Francesco Crippa

Trump, ecco il piano per riportare la pace in Ucraina. Ma non sarà facile...

In campagna elettorale aveva detto che la guerra in Ucraina sarebbe finita “in 24 ore”, poi il 7 gennaio ha detto che ci sarebbero voluti “sei mesi”, ora punta a farlo in 100 giorni. Di certo, porre fine al conflitto è un obiettivo chiaro per Donald Trump, ma sul come farlo rimane l’incertezza. Intanto, ha annunciato di essere pronto a imporre nuove sanzioni contro la Russia se Vladimir Putin non accetterà di negoziare.

Per Trump, riuscire a mediare una pace che soddisfi, almeno in parte, le richieste di Kiev sarebbe un grande successo da sbandierare. Rispetto a quello di Joe Biden, il suo approccio è però meno ideologico e più pragmatico: si può concedere qualcosa a Putin, certo non tutto, a patto che l’immagine degli Usa (e del suo presidente) non ne esca indebolita.

Finora, però, il tycoon si è mosso in maniera ambivalente. Si pensi alle sue nomine ai vertici degli apparati statali: Trump ha scelto sia critici del supporto a Kiev, sia profili più intransigenti verso la Russia. La nuova direttrice dell’intelligence Tulsj Gabbard, per esempio, si è opposta all’impegno americano in Ucraina ed è stata accusata di promuovere la propaganda del Cremlino. Il consigliere per la sicurezza, Micheal Waltz, e il segretario di Stato, Marco Rubio, sono invece più apertamente pro-Kiev, così come Keith Kellog, inviato speciale degli Usa proprio per il conflitto in corso.

Il 7 gennaio Trump ha parzialmente riconosciuto la narrativa russa, affermando che è stata l’ipotesi che l’Ucraina entrasse nella Nato a far scatenare la guerra. Tuttavia, la minaccia di nuove sanzioni alla Russia sembra indicare che il tycoon voglia trovare una soluzione che più pro-Kiev che pro-Mosca. Lo stesso Kellog, del resto, ha affermato che l’Ucraina deve negoziare da una posizione di forza. Ad aprile, ha presentato in un articolo un piano che sia un primo step per una pace duratura, cercando di fare concessioni a entrambe le parti.

Prevedrebbe, infatti, da un lato il congelamento del fronte attuale, con il controllo dei territori occupati che rimarrebbe alla Russia, un allentamento delle sanzioni e il rinvio delle trattative per l’ingresso di Kiev nella Nato. Dall’altro, per andare incontro alle richieste di Volodymyr Zelensky gli Usa non riconoscerebbero le annessioni russe, limitandosi quindi a non favorire l’uso della forza per cambiare le cose, e continuerebbero il supporto militare con prestiti senza interesse per rafforzare la difesa e, così, disincentivare nuove aggressioni.

Inoltre, verrebbero imposte nuove tariffe sulle esportazioni di petrolio e gas dalla Russia, in modo da usare i proventi per finanziare la ricostruzione ucraina. Nell’ottica di Kellog, questo piano sarebbe la base da cui partire per arrivare a una soluzione di lungo periodo.

“Uscire da un conflitto così complicato comporta l'accettazione da parte di tutte le parti in causa di compromessi, di concessioni e credo che quindi gli Usa dovranno forzare Russia e Ucraina”, commenta con Affaritaliani.it Mario Del Pero, professore di Storia internazionale a SciensPo e ricercatore Ispi. “Tutto si gioca sul baratto tra le garanzie securitarie, anche economiche, che saranno date a Kiev e quelle economiche date a Mosca”.

In particolare, sostiene Del Pero, sarà determinante sia la disponibilità ucraina a barattare, in cambio di pace, sicurezza e aiuti, delle parti del suo territorio. Questa garanzia securitaria “o la offrono unilateralmente gli Usa, che sono l'unico soggetto che credibilmente può impegnarsi ma con dei costi che l’amministrazione Trump sicuramente non vuole”, oppure “l’alternativa è passare dalla Nato”, ma ciò crea complicazioni con la Russia. Entrambe le strade, dunque, sono problematiche. Per smussare le posizioni di Putin saranno necessarie concessioni territoriali, che “sono tanta cosa” ma comunque “molto meno di quel che la Russia pensava e sperava di ottenere quando è ha lanciato l’invasione”, conclude Del Pero.

Ammesso che Zelensky accetti, se Putin dovesse respingere le trattative Trump sembra quindi pronto ad aumentare il sostegno a Kiev e le sanzioni contro Mosca, ma si tratta comunque di uno scenario che appunto preferirebbe evitare. Nello scenario del conflitto russo-ucraino, per Trump l’“America first” si declina più che altro nel raggiungere una pace che doni lustro alla sua presidenza. Questo approccio, ha scritto Kellog nel suo articolo, “non è isolazionista e non è un invito all'America a ritirarsi dal mondo”.

Tuttavia, è ben diverso da quello diffuso dentro all’“establishment della politica estera, che spesso mantiene gli Stati Uniti impegnati in guerre a scapito del paese, dando priorità ai principi idealistici rispetto agli interessi del popolo americano”. Per questo, il supporto statunitense non può limitarsi a creare, come invece sta avvenendo, “una situazione di stallo da cui l'Ucraina farà fatica a uscire”.