Esteri

Ucraina, Nato, Kazakistan: Putin accerchiato. La Cina soffia sul complotto Usa

di Lorenzo Lamperti

Biden può fare concessioni su missili ed esercitazioni, non su Nato e Ucraina ma Ue e Kiev temono un accordo sottobanco. Xi alimenta il complotto sul Kazakistan

Russia-Usa, tensione ai colloqui di Ginevra tra rischi di invasione in Ucraina e caos in Kazakistan

Avvertimenti e minacce contrapposte, sindromi di accerchiamento e battaglia retorica, rivoluzioni colorate vere o presunte, giochi dialettici e strategici. E poi, ovviamente, ci sono i missili e le truppe, come quelle russe che continuano ad aumentare al confine con l'Ucraina. L'ennesimo grande giorno della diplomazia tra Stati Uniti e Russia rischia di produrre l'ennesimo pareggio a "reti bianche". Con la differenza che però nel frattempo l'orologio continua a scorrere e il rischio è che si arrivi a un punto di non ritorno. Per l'Ucraina, per la Russia, per gli Stati Uniti, per tutti.

Con lo spauracchio Kazakistan che convince sempre di più, non si sa se in modo reale o solo retorico, Putin dei complotti occidentali a favore delle rivoluzioni colorate atte a rosicchiargli il terreno, o meglio la sfera di influenza, da sotto i piedi. E questo è tutto quanto vuole Putin: il riconoscimento di una sfera di influenza russa, una zona cuscinetto che negli ultimi 30 anni dal crollo dell'Unione Sovietica in poi è innegabilmente ridotto a poche decine di chilometri e al bastione bielorusso.

I colloqui sulla sicurezza globale tra Washington e Mosca si svolgono a Ginevra, con due delegazioni di alto livello che comunque non vedono la partecipazione dei pesi massimi. Dopo il video summit di poche settimane fa non esiste ancora una roadmap per un nuovo incontro fisico tra Joe Biden e Vladimir Putin. Alle due pattuglie presenti nella città svizzera, guidate dalla vicesegretaria di Stato Usa Wendy Sherman e dal viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov, il compito quantomeno di non rompere il filo della diplomazia che tutto sommato resta ancora semi incolume.

Biden può fare concessioni su missili ed esercitazioni, non su Nato e Ucraina 

Al di là di quanto si dichiarerà alla conferenza stampa finale, nessuno dei due attori vorrebbe arrivare allo scontro diretto. Fonti del Pentagono riprese da tutte la stampa occidentale hanno fatto sapere che se Putin fosse intenzionato davvero a negoziare, Biden sarebbe disposto a ridiscutere lo schieramento dei missili in Europa e le esercitazioni. Ma, allo stesso tempo, se il presidente russo non dimostrasse reale desiderio al dialogo la Casa Bianca sarebbe pronta ad azioni anche forti per isolare il Cremlino sulla scena internazionale. A partire dalle sempre verdi sanzioni economiche e commerciali. 

Lo stesso ragionamento viene fatto dalla Nato, che però allo stesso tempo chiede "reciprocità". L'Alleanza Atlantica non può e non vuole garantire che non farà passi avanti verso est. E non potrà farlo a livello ufficiale. Su questo si gioca la vera partita. Putin ha bisogno di un risultato tangibile da annunciare a livello interno, dunque non gli basta l'assicurazione implicita che l'allargamento a Kiev non avverrà, quantomeno nel breve medio termine. Vuole un'affermazione esplicita che però Nato e Usa non vogliono concedere per non perdere un altro alleato dopo quanto successo in Afghanistan lo scorso agosto.

Biden-Putin, l'Europa e l'Ucraina temono un accordo sottobanco

Appare chiaro che l'Ucraina sia totalmente esclusa dalle trattative, nonostante si parli del suo futuro, ma Biden non può dare la sensazione di averla "svenduta" a Putin in cambio di un accordo. IIl governo di Kiev prova a mettere in guardia Europa e Stati Uniti e sostiene che la Russia non vuole negoziati ma solo imporre la sua agenda. Ci sarebbero ripercussioni anche a livello regionale, con Svezia e Finlandia che starebbero pensando di entrare nella Nato proprio per garantirsi un ombrello di protezione più stabile. 

Putin, da parte sua, è sempre più sospettoso. O almeno dà modo di sembrarlo. L'improvvisa crisi in Kazakistan è stata trattata dal Cremlino, così come dal governo locale di Tokayev, come un complotto internazionale. Nuova edizione in Asia centrale delle cosiddette "rivoluzioni colorate" che altro non srebbero che tentativi di erodere lo spazio vitale della Russia. E la coincidenza di tempi di certo non fa piacere a Mosca, che con le truppe ammasse al confine con l'Ucraina ha dovuto mandare diversi soldati nell'ex repubblica sovietica kazaka per sedare le rivolte.

La Cina alimenta la teoria del complotto sul Kazakistan

La teoria del complotto viene alimentata anche dalla Cina, che ha tutto l'interesse a tenere separati Russia e Stati Uniti. Il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha avuto un colloquio telefonico con il capo della diplomazia del Kazakistan, Mukhtar Tileuberdi, durante il quale Wang ha puntato il dito contro "alcune forze esterne" e ha dichiarato la disponibilità della Cina a rafforzare la cooperazione con il Kazakistan in materia di "mantenimento dell'ordine e sicurezza". "I recenti disordini in Kazakistan mostrano che ci sono ancora importanti sfide per la situazione in Asia centrale e dimostrano ancora una volta che alcune forze esterne non vogliono la pace e la stabilità nella nostra regione". 

Narrativa che fa comodo a Putin, che nel frattempo per non rischiare si è appena sentito con il leader del Tagikistan Emomali Rahmon, durante la quale quest'ultimo lo ha però avvertito che in Afghanistan lo Stato Islamico sta rafforzando le proprie posizioni, con oltre seimila militanti al confine afgano-tagiko, che è anche la frontiera meridionale della Csto. E' chiaro che a Xi Jinping serve magnificare le interferenze esterne per tenere Putin vicino e non rischiare di vederlo avvicinarsi a Biden. Dall'altra parte, anche a Putin la retorica conviene fino a quando (e soprattutto se) quel riavvicinamento mai ci dovesse essere.

Nel frattempo, le truppe russe al confine con l'Ucraina non sembrano avere alcuna intenzione di andarsene e anzi sarebbero state rafforzate anche negli ultimi giorni. Non possono aspettare in eterno.