Esteri
Guerra Ucraina, Borse Ue ottimiste sulla tregua: Milano chiude a +2,4%
Sulla scia dei nuovi colloqui in Turchia calano i prezzi delle materie prime. Giù anche il petrolio: il Brent scende del 3,7% a 108 dollari
Guerra Russia Ucraina, i mercati credono nella svolta pacifista
I colloqui tenuti dalle delegazioni russa e ucraina a Istanbul sono stati costruttivi. Lo ha affermato il capo della delegazione russa Vladimir Medinsky al termine del round di colloqui. "I colloqui con la parte ucraina sono appena terminati. I colloqui sono stati costruttivi", ha detto Medinsky ai giornalisti secondo quanto riporta l'agenzia Interfax.
Da parte sua, il capo negoziatore ucraino, David Arakhamia, ha spiegato che il governo di Kiev chiede un "accordo internazionale" per garantire la sua sicurezza. "Insistiamo sul fatto che si tratti di un accordo internazionale che sarà firmato da tutti i garanti della sicurezza - ha detto Arakhamia - Vogliamo un meccanismo internazionale di garanzie di sicurezza in cui i paesi garanti agiscano in modo simile al Capitolo 5 della Nato e ancora piu' fermamente".
I primi passi avanti galvanizzano così i listini europei che mostrano di credere alla svolta nelle trattative per arrivare a un cessate il fuoco, mentre si avvicina l'ipotesi di un faccia a faccia tra Putin e Zelenskiy: il Ftse Mib ha terminato la giornata in rialzo del 2,4%, dopo esser arrivato a guadagnare oltre il 3% come molti altri indici europei.
In cima al listino milanese strappano UniCredit (+7,5%), DiaSorin (+6,7%), Stellantis (+6,6%) e Intesa Sanpaolo (+5,7%). In fondo Leonardo (-2,4%), Cnh (-3,7%) e diversi petroliferi tra cui Tenaris (-2,7%). Realizzi su Generali (-2%) dopo la recente corsa mentre s'infiamma la battaglia per il rinnovo del vertice. Sul mercato dei cambi, l'euro si rafforza a 1,110 dollari (da 1,097 ieri in chiusura) e 136,29 yen (135,38) , con il biglietto verde in frenata a 122,78 yen (124,129).
Con il petrolio in caduta libera, e il Wti sceso a tratti sotto i cento dollari al barile, gli investitori hanno subito fatto i conti col nuovo scenario geopolitico, che ha portato a rapidi realizzi sui principali titoli europei della difesa, concentrando gli acquisti su istituti di credito e big dell'auto, tra i settori finora piu' penalizzati a causa della loro esposizione verso la Russia (dove la Borsa ha chiuso con il Moex, l'indice in rubli, in calo dello 0,9% e il listino Rts in dollari balzato a +7,1%).
Intanto, il rublo ha continuato a recuperare terreno a 87,75 per un dollaro (da 91,5 in avvio), con il gas naturale risalito a 109 euro per megawattora (+6,3%) e la Russia che insiste per avere il pagamento delle materie prime in rubli (ma resta la contrarieta' del G7). In discesa, infine, il prezzo del greggio: il Wti di maggio vale 102,6 dollari al barile (-3,3%) e il Brent 108,9 dollari (-3,1 per cento).
Ma non solo petrolio, gli spiragli di pace frenano la speculazione sui prezzi di grano e mais che invertono al tendenza e scendono bruscamente su valori minimi del mese di guerra. E' quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sugli andamenti al Chicago Board of Trade punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole in occasione dei negoziati in Turchia.
Un andamento spinto dalle aspettative sul raggiungimento dell'accordo tra Russia ed Ucraina ed il superamento delle difficoltà nelle semine e nel commercio internazionale dei cereali con blocchi alle esportazioni e dei trasporti che hanno riguardato anche la disponibilità di fertilizzanti necessari alla coltivazione spingendo verso l'alto le quotazioni.
All'apertura il contratto future più attivo sul grano - rileva la Coldiretti - è sceso a 9,76 dollari a bushel (27,2 chili) dopo essere era arrivato a superare in un mese di guerra i 13,6 dollari per bushel mentre il mais è stato quotato 7,17 dollari dopo aver raggiunto i 7,8 dollari per bushel al top da 10 anni. Una netta inversione di tendenza rispetto a livelli precedenti registrati solo negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina.
Una situazione determinata dal fatto che - continua la Coldiretti - i due Paesi in guerra insieme controllano circa il 28% delle vendite mondiali di grano tenero per la panificazione, il 16% del commercio del mais destinato all'alimentazione degli animali negli allevamenti e circa il 65% dell'olio di girasole impiegato per la produzione di dolci, conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell'industria alimentare, oltre che per le fritture, secondo il centro studi Divulga.
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