Esteri
Usa 2016, Clinton-Trump: un dibattito soporifero. Ma Donald ha fatto centro

Il dibattito Hillary Clinton/Donald Trump? Ha vinto il sonno
Del dibattito Hillary Clinton/Donald Trump ho seguito la prima mezz’ora. Poi ho avuto sonno ed ho cominciato ad annoiarmi. Ciò dovrebbe togliermi il diritto al commento, e infatti autorizzo il mio editore a non pubblicare ciò che scrivo. Ma poiché non ho un editore, e nessuno mi paga, ho la libertà di dire la mia.
L’inflazione si misura con complesse tecniche statistiche, e tuttavia qualcuno ha detto che il prezzo di un uovo è un indicatore sufficiente, nel medio/lungo termine. Un biologo francese, a cavallo tra ‘700 e ‘800, ha lasciato il ricordo dell’“osso di Cuvier”: Georges Cuvier infatti sosteneva che da un singolo osso preistorico rinvenuto sarebbe stato capace di ricostruire l’intero animale. Insomma, inutile mangiare un’intera forma di Parmigiano-Reggiano per giudicarne la qualità. E allora forse la mia mezz’ora non è del tutto insufficiente.
I primi commenti – in particolare quelli del New York Times e del Washington Post – sembra abbiano dato Hillary Clinton vincente. Però è vero che quei giornali sostengono la signora Rodham; è vero che i commentatori influenzano gli elettori, e mettendo insieme questi due dati si arriva alla conclusione che quel commento potrebbe non essere imparziale. Inoltre questo dibattito non è l’ultimo e non è detto che i dibattiti siano poi determinanti, per il voto di novembre. Infine i competenti hanno scritto cento volte che in questo genere di sfide pesa molto il modo come ci si presenta, la storia passata del candidato, gli atteggiamenti durante la discussione, insomma l’impressione che si fa. Tutti hanno costantemente ricordato che Nixon era più qualificato, per divenire presidente, ma J.F.Kennedy vinse perché era più a suo agio dinanzi alle telecamere. Nixon, che per giunta era stato male, giorni prima, sembrava mal rasato e – horribile dictu – sudava. Che glamour volevate che avesse? E così il marito di Jackie si avviò verso la celebrità.
Ecco perché ho messo la sveglia alle tre: non per assistere all’intero dibattito, il cui interesse era soprattutto “americano”, ma per avere un’impressione di prima mano riguardo all’effetto che i candidati avrebbero potuto fare sugli spettatori. Per così dire fisicamente. E di questo parlerò.
Il rischio che correvano i due candidati era noto. La Clinton è notoriamente ben preparata e notoriamente antipatica. Non mi lancio a giudicare la sua competenza, per la quale non sono qualificato, ma l’antipatia è stata ampiamente confermata. Forse per renderla simpatica le hanno consigliato di sorridere costantemente ma, a mio parere, è stato un errore. Mentre il sorriso fisso di Giovanni Floris suona fatuo (e infatti nell’imitazione che ne fa Maurizio Crozza il personaggio è presentato come un imbecille) il caso della Clinton è molto più grave. Il suo costante sorriso appare o risolutamente falso, o chiaramente autocompiaciuto della propria superiorità. E nessuna di queste due caratteristiche avvantaggia la signora. Io non l’avevo mai vista parlare per mezz’ora, ma se mi era antipatica prima, ora mi è ancora più antipatica.
Il rischio di Donald Trump era opposto. L’uomo è simpatico, sembra sempre parlare chiaro e fuori dai denti, ma si teme che sia incompetente, superficiale e persino violento. Il suo massimo rischio era quello di non apparire “presidenziale”: e nella mia mezz’ora infatti è stato vivace, ma mai un insulto, mai un eccesso, mai uno scarto dalla retta via. Prova ne sia che, a giorno fatto, non ho ancora sentito sottolineare una gaffe, o un grave errore di gusto.
E allora – se tutto ciò sarà confermato – quel candidato avrà ottenuto ciò che voleva ottenere: la non squalifica. Di fronte alla campionessa della “presidenzialità”, si è presentato come “presidenziale” anche lui. Applausi. Significa che ha saputo contenere la sua indignazione, di fronte alle placide e politically correct affermazioni della competitrice, ed insomma ha giocato di rimessa, per pareggiare, non per sbaragliare l’avversaria. Tanto sa che le promesse di un’esponente dell’establishment suonano poco credibili. In quella mezz’ora, se non ricordo male, a una certa affermazione di programma della signora, ha chiesto come mai, trovando quella cosa tanto giusta, lei e i suoi amici democratici non l’avessero fatta nei trent’anni precedenti. Ecco lo svantaggio della Clinton: non rappresenta il cambiamento, come non l’ha rappresentato Obama, che pure se n’era fatto una bandiera.
Il primo dibattito non è stato conclusivo. A mio parere ogni elettore avrà conservato le sue idee. Ma Trump è riuscito a non apparire “da scartare in ogni caso” e, per un candidato che ha avuto tutta l’ufficialità contro, non è un cattivo risultato.
Gianni Pardo
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