Usa, giudici bloccano raffica di esecuzioni in Arkansas: no a bromuro
Arkansas, tribunali bloccano l'esecuzione di 7 condannati a morte
Tornano a sperare i detenuti nel braccio della morte dell'Arkansas. Dopo settimane di caos, petizioni e denunce, seguite all'annuncio di 8 esecuzioni in 11 giorni, un giudice dello Stato ha emesso un'ordinanza che blocca temporaneamente l'uso del bromuro di rocuronio, uno dei tre farmaci usati per le iniezioni letali. Da quando la pena di morte e' stata reintegrata dalla Corte suprema nel 1976, non era mai capitato che ci fosse un numero cosi' alto di esecuzioni in meno di due settimane, da lunedi' 17 fino al 27 aprile. Il boia in Arkansas era fermo dal 2005, soprattutto a causa del difficile accesso ai farmaci utilizzati. La decisione del giudice Wendell Griffen arriva in seguito alle proteste di quattro case farmaceutiche, che avevano espresso preoccupazioni per le modalita' con cui il dipartimento carcerario aveva ottenuto il bromuro, sostenendo di essere state tenute all'oscuro, al momento della vendita, sull'uso reale a cui era destinato. In particolare, la McKesson Corporation, distributore della Pfizer, e' andata in tribunale denunciando il fatto che lo Stato avesse mentito sull'utilizzo. Il sistema carcerario statale "non ha mai reso pubbliche le modalita' d'uso di questi prodotti", ha scritto un avvocato della compagnia in una lettera ottenuta dal New York Times. "Al contrario - si legge - l'acquisto e' partito da un account legato alla licenza di un dottore, che faceva implicitamente pensare che i farmaci fossero destinati a scopi medici". Nonostante in genere le "Big Pharma" siano contrarie a legare i propri prodotti alla pena di morte, raramente si e' vista una rottura simile tra le compagnie e uno Stato. L'ordine del giudice di bloccare l'uso del farmaco, coincide anche con un'altra decisione, questa volta da parte della Corte suprema statale, di fermare l'esecuzione di uno dei condannati con problemi mentali, poiche' incapace di comprendere la punizione impartita. Un altro giudice, Price Marshall, aveva espresso preoccupazione per i tempi troppo stretti che non davano a uno dei condannati tempo sufficiente per richiedere la grazia.