Esteri
Usa, i cinque assi della VP Kamala Harris
La senatrice rappresenta la visione futura dell’America di Joe Biden
In anticipo di una settimana sulla promessa fatta Joe Biden ha nominato la sua partner nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti.
Kamala Harris, senatrice della California di origini indiane e giamaicane, è una donna combattiva e una politica conosciuta. Sarà una spina nel fianco di Donald Trump. Molti osservatori politici hanno espresso pareri sulla scelta. I più sottolineati sono cinque indicazioni che potrebbero rappresentare anche altrettanti assi vincenti.
1)La scelta di Kamala Harris è una scelta chiara di cosa significhi per Biden essere americano. Mai era stata designata, in questo incarico, una donna nera o asiatica, nella storia americana. Le donne di colore sono e saranno un pilastro nelle votazioni di novembre per il candidato democratico. Con questa scelta è possibile che Biden raccolga voti in stati chiave come il Michigan, la Pennsylvania, Florida e North Carolina. Ma oltre al calcolo politico ciò che Biden sta tentando di dimostrare è la sua visione del futuro di un’ America fatta di tante diversità ma tutte rispettate allo stesso modo.
Biden ha sempre detto di voler correre per la Presidenza soprattutto contro le risposte di Trump sulle proteste antirazziste che hanno attraversato il Paese a partire dall’omicidio di George Floyd.
2)Scegliere la Harris significa che l’uomo Biden ha la sensibilità di ascoltare e premiare anche quelle persone (Harris in primis) che lo hanno attaccato e duramente contestato durante le primarie. Un ‘qualcosa’ che ha meravigliato lo stesso Trump che considerava la Harris troppo ‘irrispettosa’ nei confronti di Biden. Questo sta a dimostrare che le persone vicine al democratico potranno parlare senza problemi e senza la paura di essere cacciati come invece è nello stile del Presidente su quelli che non la pensano esattamente come lui.
Biden ha detto che vuole con la sua vice lo stesso rapporto che lui aveva avuto con Obama. Estrema fiducia e ultima persona a cui chiedere prima di prendere una decisione importante.
3)Sulla Harris Trump sta cercando, senza averlo ancora trovato, un punto su cui attaccare.
Fino ad ora il Presidente ha, sulla Harris, usato parole come meschina, irrispettosa, falsa e cattiva.
Ma al momento non ha ancora trovato, e chissà se riuscirà a scovarlo, il punto debole della senatrice della California. E questo è un altro grande vantaggio per Joe Biden. Dire che ‘la Harris potrebbe essere il peggior vice della storia americana’ come detto da Trump senza alcuna argomentazione suona banale e controproducente.
4)Kamala Harris potrebbe reggere benissimo un dibattito vis a vis con Michael Pence. La prima regola di un vice è non nuocere al Presidente. L’appuntamento in campagna più importante per loro è il dibattito tra i due VP. E nessuno puo’ permettersi di perdere. La Harris nelle primarie si è dimostrata molto abile nei dibattiti e quindi sarà molto interessante vederla in azione il 7 ottobre contro Pence. Un Pence che di lei ha detto ‘i democratici vogliono tasse più alte, confini aperti, medicina per tutti e aborto a richiesta, non mi meraviglia quindi la scelta della senatrice Harris a cui faccio i miei complimenti’.
5)Il processo di scelta della VP è stato gestito con equilibrio e attenzione da parte del partito e con grande fair play da parte delle candidate.
Nessuno nella passate campagne era riuscito a tenere nascosto fino all’ultimo, come questa volta, il nome prescelto. Nessun giornalista quest’anno è riuscito a vincere la ‘virtuale’ competizione che ogni anno si ripete sul dare il nome del VP prima di tutti.
La campagna dei democratici ha avuto qualche intoppo all’inizio nelle primarie ma poi, quando tutto è stato in mano a Biden, è corsa veloce e senza problemi.