Esteri

Usa, morte Floyd: ancora proteste e arresti, i generali si dissociano da Trump

Obama ha elogiato i giovani manifestanti, mentre Mark Esper ha preso le distanze dal Presidente che aveva invocato l’intervento armato contro le proteste

Nona notte di proteste negli Usa per la morte di George Floyd

Sono stati arrestati tutti gli agenti coinvolti nell'omicidio dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis. Thomas Lane e Tou Thao sono stati scortati nel penitenziario della contea Hennepin intorno alle 17:00 locali. J. Alexander Kueng si era già consegnato nel pomeriggio. Dereck Chauvin, il poliziotto che ha tenuto il ginocchio sul collo di Floyd, è in prigione dalla scorsa settimana con l'accusa di omicidio. Per tutti è stata fissata una cauzione da 1 milione di dollari, ma per l'avvio del processo "ci vorranno mesi", ha detto il procuratore generale del Minnesota, Keith Ellison, durante un'intervista alla Cnn.

Intanto, per la nona notte consecutiva sono proseguite le proteste Washington Dc, New York, Filadelfia, Seattle, Fort Worth, Los Angeles. A New York ci sono stati momenti di tensione, e almeno 90 manifestanti sono stati arrestati. Il numero è molto più basso rispetto a martedì sera, quando i fermati erano stati almeno 280. Lo ha riferito il capo della polizia, Terrance Monahan, aggiungendo, per questo, che la serata è stata relativamente pacifica senza saccheggi.

I generali attaccano Trump

L'ex segretario alla Difesa Usa James Mattis rompe il silenzio e attacca Donald Trump per la risposta alle proteste scatenate dalla morte di George Floyd, ucciso dalla polizia. "Donald Trump è il primo presidente della mia vita che non abbia cercato di unire il popolo americano, non ha neppure fatto finta di provarci", dichiara Mattis in un articolo sull'Atlantic. "Piuttosto, cerca di dividerci. Stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni di questo deliberato sforzo. Stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni senza una leadership matura".

Puntuale è arrivata via Twitter la risposta di Donald Trump al suo ex capo del Pentagono. “È il generale più sopravvalutato del mondo", aggiungendo di aver provato gioia nel chiedergli le dimissioni. "Il suo soprannome era 'Caos' - ha rincarato - non mi piaceva e l'ho cambiato in 'cane pazzo'".

Il Presidente ha poi dichiarato, durante un'intervista su Newsmax, condotta dal suo ex portavoce Sean Spicer, che "forse" non sarà necessario inviare l'esercito per fermare le proteste. "Dipende. Forse non servirà. Anche se abbiamo il potere di farlo. Inviare la Guardia nazionale è una consuetudine e abbiamo una Guardia nazionale molto forte", ha aggiunto Trump dopo aver minacciato di ricorrere all'Insurrection Act per usare le forze armate contro i manifestanti. Il presidente ha quindi puntato il dito contro gli "antifa, gli anarchici, i terroristi e i saccheggiatori" tra i manifestanti: "abbiamo un sacco di gentaglia in questi gruppi".

Mark Esper, scelto da Trump per sostituire Jim Mattis come capo del Pentagono, si è dovuto dissociare pubblicamente dal Presidente, dopo essere stato accusato dal generale James Miller, che martedì si era dimesso dal Defense Advisory Board, di “aver violato il giuramento di difendere la Costituzione”. Miller ha scritto: “Forse lei non era nelle condizioni di bloccare l'ordine dato dal presidente Trump di ricorrere a questo uso agghiacciante della forza.  Ma avrebbe potuto opporsi. Invece di appoggiarlo visibilmente”.

La rabbia di Miller è largamente condivisa dai militari, così il capo del Pentagono Esper ha dichiarato : “Il ricorso all’esercito deve essere considerato come l’ultima possibilità e solo nei casi più urgenti e disastrosi”.

Obama in streaming su zoom elogia i giovani manifestanti

Sulle proteste si è espresso anche Barack Obama, nel suo primo discorso trasmesso via streaming sui social attraverso un collegamento Zoom. L’ex presidente ha invitato i sindaci degli Stati Uniti a rivedere l’uso della forza e a riformare la polizia, ma ha anche sottolineato la “spinta dei giovani” che fa “ben sperare per il futuro".

Camicia bianca, seduto davanti a una libreria, in collegamento dalla sua abitazione, Obama ha usato toni pacati e concilianti, a segnare la distanza da Donald Trump. L’ex presidente ha detto che la crisi è “diversa da tutte quelle a cui ho assistito in vita mia”, sostenendo come questa possa condurre gli americani a un “risveglio politico” per unire il Paese attorno a una giustizia razziale e alla riforma della polizia.

“Dobbiamo lottare per far sì che un presidente, un Congresso, un dipartimento della Giustizia e la giustizia federale riconoscano il ruolo corrosivo che il razzismo sta svolgendo nel Paese e che sia arrivato il momento di fare qualcosa”. “C’è un cambio di mentalità in atto - ha aggiunto - una maggiore consapevolezza che possiamo fare meglio. E questa non è conseguenza dei discorsi dei politici, ma il risultato diretto della capacità di così tanti giovani di mobilitarsi”.

Obama ha ricordato come anche in passato giovani come Martin Luther King, Malcom X e Cesar Chavez, abbiano guidato i movimenti in difesa dei diritti umani. Poi l’ex presidente si è rivolto direttamente agli afroamericani: “Voglio che sappiate che voi contate, che le vostre vite contano, che i vostri sogni contano”.

L’ex presidente Carter sulle proteste Usa

E anche un altro ex presidente, Jimmy Carter, è intervenuto nel dibattito, dichiarando che le ingiustizie razziali "minano" la democrazia Usa. Il 95enne ex inquilino della Casa Bianca ha espresso la sua solidarietà alla famiglia di George Floyd e a tutte le vittime del razzismo. "Dobbiamo tutti puntare i riflettori sull'immoralità della discriminazione razziale ma le violenze - ha ammonito - sia spontanee e sia organizzate, non rappresentano una soluzione.

Ceo di Twitter dona 3 milioni di dollari per la lotta al razzismo

Nel frattempo, con un tweet, Jack Dorsey, ceo di Twitter, ha annunciato una donazione di 3 milioni di dollari all'organizzazione della star dell'Nfl Colin Kaepernick "Know your rights camp" per la lotta contro le discriminazioni razziali.

Il regista Spike Lee: “I giovani bianchi sono con noi in piazza”

“La storia si ripete ma resto ottimista perché ora i giovani bianchi sono con noi in piazza”, è il senso di una doppia intervista rilasciata dal regista Spike Lee a La Stampa e a Repubblica. "I neri - dice Lee - continuano a venire uccisi dalla polizia e i loro assassini continuano a venire assolti. Andiamo avanti giorno per giorno, con la consapevolezza che la Storia si ripete sempre”.

Su come mettere fine agli episodi di razzismo, il regista afroamericano afferma: “Bisogna andare a votare”, perché Trump “se ne deve andare", perché, se otterrà un secondo mandato, "saranno in pericolo non solo gli Stati Uniti d’America, ma il mondo intero".

Floyd: l’autopsia dichiara che aveva il coronavirus

Nel frattempo si è diffusa la notizia che George Floyd è risultato positivo al coronavirus. Il fatto è emerso durante l'autopsia ufficiale, quella condotta dal personale medico della contea Hennepin. Ma, si segnala nel referto medico, il Covid-19 non ha contribuito alla morte di Floyd, che, per altro, era asintomatico.