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Esteri
Verso la guerra mondiale atomica. Grazie alle scelte dei governanti Ue

Europa Usa Russia: le tappe dell’escalation

 

In un mio articolo pubblicato su Affaritaliani.it l’1 Settembre 2023, dunque quasi un anno fa, sostenevo che la soluzione solo militare, che prevedeva la continuazione dei combattimenti tra Ucraina e Russia sino a quando le truppe russe fossero state respinte entro i loro confini, era sì soddisfacente dal punto di vista del purismo morale, in quanto escludeva qualsiasi concessione, e dunque ingiusto premio, alla Russia, ma di dubbia realizzabilità e anche desiderabilità, perché poteva comportare la distruzione dell’Ucraina e la morte in battaglie di tutti i soldati ucraini. Ricordavo anche che i militari e i politici statunitensi dicevano scherzando che avrebbero continuato ad “aiutare” l’Ucraina “down to the last Ucrainian”, fino all’ultimo ucraino.

A questa mia perplessità ci sono state nelle conversazioni e scambi che ho avuto con amici e conoscenti diverse risposte. Alcuni risposero che nella 2a guerra mondiale i russi persero 14 milioni di persone per respingere gli invasori tedeschi, ma alla fine ci riuscirono. E che questa viene universalmente ritenuta come una nobile prova di eroismo e valore dei russi, non di inutile spreco di vite. Nessuno ha mai osato dire che si sia trattato di 14 milioni di vite sprecate. In altre parole: se anche gli ucraini sono votati all’estinzione, dal punto di vista storico il loro sacrificio sarà considerato con altrettanta reverenza e gratitudine di quello dei russi nella 2a guerra mondiale. Gli ucraini possono dunque continuare a morire tranquilli e contenti. Mi pare una dubbia forma di hegelismo. Ecco un secondo argomento: mandando le armi agli ucraini noi da veri amici li aiutiamo a difendersi. E’ triste che questo comporti delle vittime, ma si sa, questa è la guerra. In ogni caso sono loro che devono decidere quando sospendere la lotta.

Il nostro dovere è di permettergli di continuare, se lo vogliono, fino alla vittoria o, si intende, alla sconfitta totale. C’è un’interessante variante di questo argomento: noi gli mandiamo le armi per respingere l’invasore. Se poi ci sono delle vittime questo è colpa dei russi invasori, non nostra. Noi li aiutiamo in uno sforzo legittimo ed anzi ammirevole. I cattivi sono i russi, i buoni gli ucraini e …anche noi. Questo argomento ha esattamente la forma della difesa che ho sentito e letto viene fatta dagli ammiratori e difensori di ogni forma di lotta partigiana. L’attentato di Via Rasella era doveroso per chi si proponeva, patriotticamente, di scacciare i nazisti invasori dall’Italia.

L’eccidio delle Fosse Ardeatine fu colpa di chi l’aveva commesso, i nazisti criminali che anzi i nostri patrioti intendevano scacciare dal nostro suolo. Dunque i patrioti attentatori di Via Rasella NULLA hanno avuto a che fare con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Allo stesso modo noi armatori dell’Ucraina nulla abbiamo a che fare con gli ucraini che cadono impugnando le nostre armi. Questo argomento mi sembra uno strano miscuglio di cinismo e weberiana etica dell’intenzione: fiat justitia pereat mundus, o meglio, pereat Ucraina. Ci sono altre due posizioni. I puristi morali non si pongono il problema per principio, come ho appena ricordato: per loro non esiste e sarebbe indice di debolezza morale ammettere che esista. Credo invece che gli armatori dell’Ucraina nel 2022 non se lo ponevano, nella loro stragrande maggioranza, perché pensavano che la guerra sarebbe durata poco e si sarebbe conclusa con la cacciata o la distruzione di quei ridicoli ferrivecchi, i carrarmati russi, e con la rovina anche economica della Russia causata dalle nostre inesorabili sanzioni.

Le cose non sono andate così. Già nel mio articolo succitato osservavo che il conflitto si era trasformato in una gara tecnologica e industriale tra la grande potenza imperiale, gli Usa, che vuole continuare a regnare indisturbata, e la Russia, rivelatasi meno traballante arrugginita e arretrata di quanto l’inglorioso ingresso in Ucraina aveva lasciato pensare. E già allora osservavo che c’era sempre un’ultima arma che mancava agli ucraini, tale che se fosse stata loro consegnata con celerità, avrebbe piegato a loro favore le sorti della guerra. Quest’arma meravigliosa c’è sempre, e noi corriamo ogni volta a consegnargliela. Ha questa strana caratteristica: perde il suo potere risolutivo non appena viene consegnata, per trasmetterla a quella oggetto della richiesta successiva.

Che cosa è intervenuto nell’ultimo anno? Direi due serie di eventi e una nuova considerazione strategica. Una serie di dichiarazioni e interviste (Stoltenberg, Schroeder, Bennet, Merkel) che confermano quello che i non-riarmisti avevano sempre pensato sulla politica estera russa, una decifrazione della quale spesso si riduce ad indovinare le intenzioni di Putin concentrandosi sulla sua mentalità malata. Di solito i riarmisti pensano che l’invasione in Ucraina sia solo il primo passo, se vogliamo, il primo boccone, nel tentativo di ristabilire i confini dell’impero zarista. I non-riarmisti pensano che la Russia abbia subito con crescente disagio la famosa “espansione a Est della Nato” e avesse chiaramente indicato la sua assoluta contrarietà all’ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato.

(Particolarmente notevole la testimonianza della Merkel, secondo cui nel 2008 lei e Sarkozy si opposero all’ingresso immediato dell’Ucraina nella Nato per diverse ragioni, tra cui che per Putin questo atto sarebbe stato equivalente a una dichiarazione di guerra.) Se fosse così il conflitto sarebbe essenzialmente locale e potrebbe essere risolto diplomaticamente riprendendo gli accordi falliti di Minsk e il quasi accordo che era stato abbozzato a Istanbul nel Marzo-Aprile 2022. Tutti i leader europei, oltre naturalmente agli statunitensi, abbracciano invece la tesi di Putin come secondo Hitler, una minaccia incombente per l’Europa e il mondo. Hanno già risposto con i fatti alla sfida posta loro da Massimo Cacciari sulla Stampa del 13/VII/24: “l’Europa ci dica se crede che l’escalation sia l’unica strada”: l’Europa ci crede e si è già avviata per la rovinosa strada dell’escalation. La seconda novità è l’intensificarsi del conflitto tra gli Usa –con la Nato al loro servizio- e la Russia, che avviene con un progressivo allentamento di tutti i vincoli all’uso delle armi conferite all’Ucraina per colpire degli obiettivi in territorio russo.

Come scrive giuliva Anna Zafesova sulla Stampa del 14 Luglio ormai “i droni ucraini  colpiscono ripetutamente non soltanto i territori occupati dai russi, ma anche la Russia profonda –gli incendi di raffinerie, fabbriche e depositi militari sono ormai quasi quotidiani- arrivando a svolazzare davanti alle finestre dell’ufficio del presidente al Cremlino.” Questo avvicina le consegne di nuove armi all’Ucraina a degli atti di guerra alla Russia da parte dei paesi della Nato.

A questo si accompagna un congruo raddoppio delle minacce, tra la Russia e la Nato e a volte tra gli Usa, La Russia, e i paesi europei della Nato. Nel darne notizia si realizza una strana asimmetria. Ad esempio l’annuncio Usa di voler dispiegare missili a lungo raggio in Germania è passato sotto silenzio, mentre la risposta di Peskov, che anche la Russia teneva entro il raggio dei suoi missili le città europee, ha suscitato clamore e indignazione. Il generale Leonardo Tricarico, intervistato nella Stampa del 14 Luglio, ha commentato che la mossa Usa “è un ulteriore motivo di tensione in un’atmosfera già surriscaldata…Anziché cercare motivi per una distensione si creano elementi opposti.”

Si noti la sua cautela. Non osa dire “gli Usa creano elementi opposti”. Ricorre a un soggetto grammaticale impersonale, “si creano”. E’ dunque in atto una gara al raddoppio (“escalation”) multiplo molto pericolosa per le sorti del mondo. La terza circostanza che inasprisce il conflitto tra Usa-Nato e Russia, e contribuisce al raddoppio, è che dopo la fine della famosa ma perdente “contro-offensiva ucraina” gli ucraini sono costretti a indietreggiare. Ora, è vero che l’Ucraina non è nella Nato. Ma membro di fatto se non di diritto lo è e lo è stato da un pezzo, come Stoltenberg ha più volte ricordato con orgoglio. L’alleanza di più di 40 paesi allestita dagli Usa e dalla Nato non è riuscita sconfiggere la scalcinata Russia! Alcuni politici, americani ed europei, pensano che questo smacco vada evitato a tutti i costi. Si noti che questa reazione al mancato successo militare ucraino tecnicamente non è un’escalation, ma un “feed-back”, una retro-azione. La guerra ha creato un nuovo potente incentivo alla sua prosecuzione e intensificazione: gli Stati Uniti non possono mostrare al mondo che perdono, neppure per interposto Stato. Quanto alti i costi? Bisognerebbe per prima cosa chiedersi per chi. Ad ogni modo, non c’è alcun limite superiore. Non resta che sperare che i popoli europei capiscano che la strada già imboccata senza esitazione, ma anche senza riflessione dai loro governanti, porta alla guerra mondiale atomica.






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