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La dura vita dell'executive chef all'ombra dei grandi cuochi stellati

di Redazione Food

Nei secondi ristoranti dei grandi della cucina spesso lavorano ottimi cuochi che non hanno la giusta visibilità

La stella Michelin appartiene al ristorante e non ai "cuochi". Ma nel caso dei resident chef vale ancora di più

Il Gambero Rosso nell'articolo firmato da Andrea Cuomo ha voluto dare merito al ruolo di executive chef, ovvero coloro che sono a capo della cucina di un grande cuoco/imprenditore, da Enrico Barolini a Massimo Bottura fino ad Antonino Canavacciuolo (ma se ne possono citare tantissimi altri), ma che spesso non ricevono la giusta visibilità.

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Sono molti infatti gli chef stellati che hanno scelto di fondare un impero aprendo con il proprio nome ristoranti in altri luoghi, solitamente mettendo a capo della cucina gli allievi più fidati. Gli executive chef fanno quindi funzionare il locale ma alla fine l'eventuale stella Michelin va arricchire il medagliere del titolare.

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Alcuni nomi citati dal Gambero Rosso per i loro meriti (non propriamente riconosciuti) abbiamo Luigi Bergeretto del Fuoco Sacro by Enrico BartoliniMattia Pecis di Cracco PortofinoEmin Haziri del Cannavacciuolo Bistrot di Torino e Christian Balzo di Piano 35.

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Non mancano invece casi in cui l'executive chef si prende il palcoscenico come Donato Ascani di Glam, il ristorante bistellato di Bartolini a Venezia, o Gabriele Boffa che ha portato alla doppia stella La Locanda del Sant’Uffizio. Per quanto riguarda i monostellati, invece si citano Vincenzo Manicone del Cannavacciuolo Café & Bistrot di Novara o Karime Lopez della Gucci Osteria a Firenze di proprietà di Massimo Bottura.