Food

Vino, l’azienda agricola Di Meo scommette sul Rinascimento dell’Italia

ANDREA CIANFERONI

Il vino italiano ai tempi del Coronavirus: Affaritaliani incontra Roberto Di Meo, enologo e responsabile commerciale dell'azienda agricola di Salza Irpina

Il paesaggio dell’Irpinia si presenta vario e ricco di siti archeologici, oasi faunistiche, borghi medievali, chiese e monumenti millenari. Ma l’Irpinia è anche e soprattutto terra di vini di grande pregio. 

L’Azienda Agricola Di Meo, a 15 km a Est di Avellino, nel cuore dell’Irpinia, si estende per circa 25 ettari, e comprende l’antico Casino di Caccia, oggi trasformato in una residenza di campagna, sede di eventi aziendali e privati, gli uffici amministrativi e gli edifici di lavorazione e conservazione del vino e dei liquori.

Roberto Di Meo, come state vivendo questo momento di Lockdown?

Siamo chiusi al pubblico dal momento in cui sono state applicate le disposizioni governative relative al lockdown, ma essendo una azienda vitivinicola il nostro lavoro, nel rispetto delle misure di scurezza, non si è mai fermato. Non ci possiamo permettere di fermare l’azienda che è una macchina complessa, la cura delle vigne non si può certo arrestare. Abbiamo incrementato la nostra presenza sui canali social instagram e facebook con dei video che raccontano la realtà Di Meo. Tutto ciò che i nostri ospiti avrebbero fatto visitando di persona l’azienda lo stiamo facendo in maniera virtuale. Stiamo cercando di mantenere una continuità con la nostra clientela. Da quando c’è stata la chiusura delle attività fino al prossimo ottobre abbiamo avuto un blocco totale delle prenotazioni, dagli eventi alle degustazioni. Oltre a questo, il 90 percento del nostro business deriva dai rapporti con il mondo della ristorazione che ovviamente sta vivendo un momento di fermo pressoché totale. Conosco bene questa realtà perché sono presidente della sezione Campania di Assoenologi

L’Azienda agricola Di Meo fa parte del Consorzio Tutela Vini di Irpinia.

Il Consorzio di Tutela Vini di Irpinia nasce come associazione volontaria, senza finalità lucrative, dagli operatori della filiera produttiva con la precisa funzione di tutelare le produzioni agroalimentari Dop e Igp. Il Consorzio è composto da circa 500 produttori di uve e aziende vitivinicole, e rappresenta il 75% dei vini prodotti e certificati in Irpinia per le denominazioni docg Taurasi, docg Fiano di Avellino, docg Greco di Tufo e doc Irpinia.

Ci può parlare della Cantina Di Meo?

Costruita ed ampliata in momenti diversi, la struttura è moderna e funzionale, con impianti ed attrezzature di ultima generazione, alcuni realizzati e/o modificati su specifico progetto dell’enologo. La lavorazione e la movimentazione dei vini è effettuata con estrema accuratezza, nel massimo rispetto del prodotto; si effettuano pressature soffici, per estrarre il più possibile la parte aromatica varietale dalle bucce, utilizzando gas inerte (principalmente azoto) per evitare ossidazioni e preservare integra la aromaticità. L’utilizzo dei solfiti è assai limitato e sono stati isolati dei lieviti specifici del Fiano e dell’Aglianico per poter connotare al meglio la varietà territoriale. I serbatoi, tutti in puro acciaio inox, di varie capacità e con controllo della temperatura, sono utilizzati per i lunghi affinamenti dei vini bianchi della Linea Tempo. La bottaia è stata ricavata, invece, negli antichi sotterranei della tenuta, e recentemente ristrutturata, mantenendo l’originario impianto. Qui botti, tonneau e barriques di rovere francese di Allier accolgono il Fiano e l’Aglianico destinato all’affinamento.

Quale è la storia dell’azienda e in cosa si caratterizza la vostra produzione vitivinicola?

All'inizio degli anni '80 insieme ai miei fratelli Generoso ed Erminia abbiamo rilevato la storica azienda agricola dei nostri genitori Vittorio e Alessandrina, situata a pochi chilometri da Avellino, nel comune di Salza Irpina. Nella  proprietà domina un caratteristico Casino di caccia edificato nel XVIII secolo dai Principi Caracciolo. In un’area ricca di boschi e selvaggina, il Casino di Caccia è una meravigliosa testimonianza storica del principato borbonico in Irpinia, materializzazione dell’uso sapiente ed equilibrato delle risorse naturali del luogo. L’edificio, caratterizzato da uno stile sobrio e classicheggiante, si sviluppa su due livelli, il piano nobile e il pian terreno. Quest’ultimo ospitava le aree di servizio ed una piccola cappella. Dopo un accurato restauro conservativo, la struttura è oggi una residenza di campagna, presidio dell’attività agricola e sede di eventi aziendali. Il nostro obiettivo è quello di produrre vini a partire dalle varietà autoctone più diffuse in Irpinia, come il Fiano, il Greco, l'Aglianico e la Coda di volpe, e di valorizzare il patrimonio di tradizioni culturali di cui sono ereditari. Mentre l'Irpinia del vino conosce un periodo di forte sviluppo, con l'importante riconoscimento delle tre DOCG Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi e la crescita di un comparto vitivinicolo di significativa qualità, il progetto enologico si evolve rapidamente: alla produzione di vini, nelle aree più vocate della provincia, si affiancano quella dei liquori, dei distillati e di altri prodotti enogastronomici irpini, ed in pochi anni l'azienda si configura tra le realtà produttive più prestigiose del territorio. Oggi l'azienda è gestita da mio fratello Generoso, promotore di “Di Meo Vini ad Arte”, un progetto di valorizzazione e diffusione nel mondo del patrimonio culturale irpino e campano, e dal sottoscritto in qualità di enologo e responsabile commerciale. 

La vostra azienda è ormai famosa in tutto il mondo per il calendario che realizzate in collaborazione con il grande maestro della fotografia Massimo Listri.

Il calendario è nato da un’idea di mio fratello Generoso e mia con l’intento di favorire la riscoperta del patrimonio artistico e culturale internazionale, un progetto editoriale unico nel suo genere, che si avvale della collaborazione di artisti, critici d’arte, istituzioni e partner di grande rilievo. Il grande critico d’Arte Vittorio Sgarbi ci onora tutti gli anni con la sua presenza, oltre ad un parterre internazionale. Il primo Calendario Di Meo è stato realizzato nel 2003 a Salza Irpina; l’anno successivo fu Capodimonte al centro del progetto, mentre a partire dal 2005 è incominciato uno speciale «Grand tour» attraverso le capitali del mondo, alla ricerca di luoghi e di storie intrecciate con Napoli e le sue tradizioni.  Ogni anno il Calendario restituisce l’essenza di luoghi storici attraverso immagini di grande suggestione.  Fra le città raccontate dal Calendario Di Meo vi sono Madrid, Marrakech, Londra, Mosca, Berlino e New York, Londra, Vienna, Belgrado, Istanbul.  A partire dal 2013 abbiamo stretto un sodalizio artistico con Massimo Listri riconosciuto a livello internazionale come un maestro della fotografia di arte, architettura ed interni. La collaborazione ha dato vita ad opere straordinarie, realizzate nei più bei palazzi delle capitali europee.  La presentazione del Calendario coincide sempre con un party esclusivo in location straordinarie. L’ultimo Calendario Di Meo “Napoli Belgrado: Il Nero e il Bianco” è stato presentato a novembre  del 2019 al Palazzo di Serbia di Belgrado. 

Che novità ci sono per il calendario 2020?

Dopo molti anni all’estero, l’idea che ci è venuta in mente (Coronavirus permettendo) è quella di fare il calendario in Italia, a Firenze, la culla del Rinascimento. Era giusto riportare in Italia questa iniziativa dopo molti anni all’estero. E’ proprio il capoluogo toscano che dopo la peste del 1348 ha coniato il termine Rinascimento, da rinascita, dopo un periodo tragico della storia del mondo. E’ una idea stimolante dopo una pandemia del genere. Viaggiare sarà vietato o proibitivo per lungo tempo, quindi dobbiamo ripartire dal nostro vivere quotidiano, dalla nostra Nazione, passo dopo passo, riflettendo sulle nuove opportunità che verranno fuori per qualsiasi settore. Questo momento di stop ci farà riflettere su quanto, spesso, abbiamo corso per niente. Siamo stati due mesi chiusi in casa per riflettere chi siamo e a cosa dobbiamo guardare come priorità nel futuro.

Dove vengono prodotti i vini dell’azienda? Che caratteristiche ha in terreno?

La produzione vitivinicola conta oggi 15 etichette, suddivise in due linee di prodotti: Tradizione e Tempo. La prima è una Linea Classica, di cui fanno parte i vini monovitigno simbolo dell’Irpinia: essenziali e compiuti, sono espressioni immediate del terroir e dell’annata. Nella Linea Tempo confluiscono, invece, Le Riserve, una sfida aperta e continua alle potenzialità di affinamento del Fiano principalmente, e delle altre varietà autoctone che hanno reso famoso questo territorio in tutto il mondo. Ai vini si affianca una limitata produzione di Grappe di Singolo Vitigno; a completare la gamma vi sono, inoltre, un Brandy con 25 anni di invecchiamento e due Liquori della tradizione familiare: il “Ratafià di Nonna Erminia”, un raffinato mix di erbe e Aglianico, e lo “Schiaccianoci”, un’originale rivisitazione del famoso liquore Nocino. Ispirato al vino e alla sua forza evocativa è, infine, il Profumo DiVino: una fresca e dolce fragranza per ambienti, che sprigiona nell’aria ricordi di uva fragola, bacche di bosco e confetti. L’area di produzione del Fiano di Avellino è la più ampia tra le denominazioni irpine, in rapporto all’estensione del territorio: essa comprende, infatti, 26 comuni ubicati tra la Valle del Calore, la Valle del Sabato, le falde del Monte Partenio e le colline che guardano al Vallo di Lauro. Si tratta ovviamente di una zona piuttosto eterogenea sotto tutti i punti di vista, nella quale si evidenziano sostanziali differenze per quanto riguarda le altitudini dei vigneti, i microclimi, i sistemi di allevamento, le esposizioni, le dimensioni degli impianti e le relative scelte vendemmiali. A Salza Irpina, piccolo centro distante pochi chilometri da Avellino, il vigneto della famiglia Di Meo si estende per circa 20 ettari e comprende quattro differenti vigne di Fiano che si diramano lungo i vari lati della collina sulla quale insiste la tenuta, con diversificazioni di suoli, porta innesti e altitudini, fattore che concorre a creare un’ideale eterogeneità, monitorata nel corso di lunghi esperimenti di parcellizzazione. Dal punto di vista geografico, la zona di produzione della DOCG Taurasi comprende una serie di rilievi collinari o pedemontani, generalmente compresi tra i 400 e gli 800 metri s.l.m., che accompagnano il corso del fiume Calore e fanno parte della dorsale appenninica. Il piccolo comune di Montemarano, a 20 km dalla sede aziendale, si colloca nel quadrante Sud-Est della denominazione, ovvero nell’Alta Valle del Calore, dove generalmente trovano dimora i vigneti più alti dell’areale: “Vigna Olmo”, il vigneto di Aglianico della famiglia Di Meo, con i suoi 850 metri di altitudine, si qualifica, infatti, come il più alto di tutta l’area di produzione. La zona del Greco di Tufo è la più piccola delle tre DOCG irpine per estensione geografica, ma è al contempo la più produttiva. Si sviluppa interamente fra le ripide colline di 8 comuni della Valle del fiume Sabato, tra cui il piccolo borgo di Tufo che, prima di diventare il fulcro di una delle denominazioni bianche più conosciute d’Italia, è stato uno dei più importanti centri minerari di estrazione dello zolfo del centro-sud. La mineralità sulfurea e la spiccata acidità sono i tratti più rappresentativi dei vini realizzati in quest’area, caratterizzata dalla presenza di ripidi pendii, terreni argilloso-calcarei di origine vulcanica e vigne piuttosto frazionate, distribuite tra i 300 e i 700 metri s.l.m. Le uve utilizzate per il Greco di Tufo DOCG Di Meo, sono coltivate a Santa Paolina, in un vigneto impiantato nel 2007 a 480 metri s.l.m., su un terreno molto vario, prevalentemente argilloso. Le uve per la produzione del Greco di Tufo DOCG Vittorio provengono, invece, da un soleggiato vigneto di 750 metri s.l.m., situato su acclivi terreni argilloso-calcarei, nel comune di Montefusco.