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GDO, Coop rosse con profitti giù. Tanta finanza, ma addio al mercato.

“Il maggior operatore della Grande distribuzione italiana, Coop con 11,2 mld, è ampiamente arretrato nel contesto internazionale”, spiega l'ultimo studio dedicato alla Gdo da R&S Mediobanca e pubblicato nel 2018. Un dato inedito sui grandi media nazionali. Le “Coop” a cui si riferisce lo studio sono le famose coop rosse che restano il primo player italiano sul mercato ma in crisi da tempo, almeno se guardiamo gli utili reali. 

Le Coop rosse sono fortissime sul fronte dei ricavi ma deboli sul piano della marginalità (il rapporto tra ricavi e costi del venduto). E spulciando i dati si trova, come sempre, tanta finanza: il pilastro di questo mondo. Finanza che non dovrebbe esserci, visto che le Coop basano i propri statuti sul mutualismo, la cosiddetta mutualità prevalente o mutuo aiuto tra soci (formale, di fatto poco sostanziale e risalente agli antichi dettami delle cooperative) non sulle regole del profitto. Condizione che permette loro di pagare una fiscalità di favore. Non pagano cioè le tasse allo Stato come tutte le imprese e i comuni mortali, cioè sul 100% del guadagno finale (tolti i costi dai ricavi), ma solo sul 65-67% di questi. Un bel vantaggio anche rispetto a concorrenti della Gdo. Eppure anche con questo margine di favore i supermercati rossi sono in perdita. Compensano quindi con la finanza. Lo studio di R&S Mediobanca spiega come e perché.

Per gli anni 2012-2016 sono 10,5 i miliardi di euro in investimenti finanziari, 10,1 miliardi invece sono entrati dal prestito dei soci, 11,2 miliardi è il fatturato, con un margine operativo netto sul giro d’affari negativo dello 0,9%. Un calo considerevole dei profitti, tenuto però in piedi dalla Borsa, come già accaduto in passato e spiegato sempre da R&S Mediobanca nel dicembre 2014. E Mediobanca non è certo tacciabile di essere nemica delle Coop. Insieme restano alleate nel gruppo Rcs MediaGroup Corriere del Sera. Dunque, come spiegato in questa ultima analisi, le Coop di consumo non ricavano i loro principali utili dalle vendita delle merci dei supermercati (il pane, la frutta, i biscotti ed ogni altro tipo di beni presente sugli scaffali) ma dalla finanza. Parliamo in questo caso di Unicoop Firenze, Coop Adriatica, Coop Estense, Coop Nordest (le ultime tre ora sono fuse in Alleanza 3.0), Unicoop Tirreno, Coop Lombardia, Novacoop, Coop Liguria, Coop Centro Italia, Distribuzione Roma e Ipercoop Sicilia.

Un esempio?

Dai dati di R&S Mediobanca risulta che dal 2009-2013 le Coop di consumo hanno guadagnato dalla vendita di merci 249 milioni di euro mentre nello stesso periodo avevano guadagni dall’attività finanziaria per 889 milioni di euro. La finanza procura cioè tre volte e mezzo in più in entrare da quanto possano vendere sugli scaffali. E tutto grazie al capitale del prestito da soci, il denaro che i consumatori prestano alle cooperative aprondo un libretto in Coop.

Quando una cooperativa fallisce la prima cosa che sparisce è il prestito sociale (il prestito da soci, appunto) come è già accaduto nei drammi sociali visti negli ultimi anni nelle cooperative di tutta Italia, comprese quelle dei supermarket Coop Operaie di Trieste e CoopCa del Friuli.

Nessuno vieta alle grandi coop di consumo di usare i loro circa 9 miliardi di euro (dei 10,8 di tutto il sistema) per attività borsistiche di profitto, stravolgendo i principi mutualistici e procurandosi un'incredibile vantaggio sulle imprese private di settore che per natura societaria non possono usufruire di un «prestito» economico dei soci. E la dipendenza, in termini di risultato, dalla gestione finanziaria «è un problema che la coop di consumo sta affrontando», ha ripetuto molte volte il presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti. Ma non è noto come. Anche perché il prestito sociale più che un problema sembra essere una cassa continua.

R&S Mediobanca entra anche nel dettaglio spiegando come le operazioni finanziarie si strutturino: “Il portafoglio degli investimenti finanziari (10,5 miliardi) è composto da titoli non immobilizzati per 6,3 mld (-9,1% sul 2015; di cui il 77% in titoli di Stato e obbligazioni), partecipazioni per 2,3 miliardi e titoli immobilizzati per 1,9 miliardi”.

In più è da sapere che se le coop rosse restano in vetta in termini di ricavi (11,2 miliardi) cinque su sette di loro hanno margini addirittura negativi. Valutando il margine operativo lordo dei principali operatori del settore, la cosiddetta redditività semplice, non troviamo nessuna Coop nelle prime dieci posizioni. Ci sono i veneti di Alì Group con il 6,9% ebit margin ed Esselunga con il 6%. La migliore cooperativa è Coop Liguria che ha un ebit margin del 2,7% mentre quello di Coop Alleanza 3.0 è in negativo del 2,3% e Unicoop Tirreno in negativo del 3,7%. Complice probabilmente un problema di gestione generale. Infatti Esselunga, senza il prestito da soci e la finanza in soccorso, riesce a produrre 16 mila euro l’anno per metro quadrato mentre Coop ne fa soli 6,7 mila. Finanza rossa trionferà! Ma non sempre.

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