Green

Crisi climatica, in 6 mesi 15 milioni di italiani toccati dallo stress idrico

di Redazione

Vincenzi (ANBI): "Necessario aprire una pagina nuova nelle politiche di adattamento alla crescente estremizzazione degli eventi atmosferici"

Crisi climatica, secondo l'Osservatorio ANBI in 6 mesi 15 milioni di italiani toccati dallo stress idrico

L’alluvione dello scorso maggio in Emilia-Romagna è stato il “big bang”, che ha avviato una “normalizzazione” atmosferica sull’Italia. L’evento ha infatti segnato, da allora fino ad oggi, la fine della siccità, che assetava le regioni settentrionali e lo spostamento del fronte della scarsità idrica verso i territori meridionali dello Stivale e sulle isole maggiori. Ad indicarlo, analizzando i “trend”, è l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche nel suo report settimanale.

Come precedentemente la tempesta Vaia, l’alluvione in Emilia Romagna ha rivestito caratteri di eccezionale violenza finora sconosciuti in Italia. Lo dimostrano le analisi e tale presa di coscienza deve aprire una pagina nuova nelle politiche di adattamento alla crescente estremizzazione degli eventi atmosferici”, evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio  e delle Acque Irrigue (ANBI).

Deve crescere nel Paese la cultura dell’acqua ad ogni livello e la candidatura di Roma e dell’Italia a sede del World Water Forum 2027 vorremmo fosse un acceleratore, perché il rischio è che a costringerci a farlo siano gli eventi naturali”, chiosa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI e VicePresidente del Comitato Promotore del Forum Mondiale dell’Acqua nella Capitale.

Da allora, il Mezzogiorno ha ricominciato a soffrire: l’assenza di pioggia e temperature costantemente primaverili stanno pregiudicando l’ecosistema dei territori meridionali; dopo un’estate torrida, al Sud non solo non è ancora arrivato l’inverno, ma è mancato anche l’autunno. La “fotografia” dell’European Drought Observatory (E.D.O.), riguardante la prima decade di Gennaio, evidenzia come, da settimane, un’ampia fascia di territorio mediterraneo sia oggetto di grave siccità, che sulla zona del Maghreb e su buona parte della Sicilia raggiunge caratteri estremi.

Dalle mappe del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) si evince come la percentuale di territorio italiano, colpito da siccità severo-estrema negli ultimi 6 mesi (quindi estate-autunno 2023), si attesti in Sicilia al 93%, mentre in Calabria raggiunge l’85%. Un altro dato interessante, evidenziato dal C.N.R., riguarda la popolazione italiana: considerando l’indice SPI (Standardized Precipitation Index) a 6 mesi, la percentuale di abitanti, che vivono in territori colpiti da siccità estrema, raggiunge il  12%, cui va aggiunta analoga percentuale di cittadini, che vive in condizioni di siccità severa; si può quindi indicare in quasi 15 milioni, il numero di persone che, in modalità diverse, dalla scorsa estate sono toccate da una condizione di stress idrico.

Esemplare è la situazione pluviometrica sulle province di Siracusa e Ragusa: nella prima, da settembre ad oggi è piovuto il 61% in meno rispetto alla media; nella seconda, -41% . Nelle dighe palermitane, gestite dall’Azienda Municipalizzata dell’Acquedotto di Palermo (Piana degli Albanesi, Scanzano, Poma e Rosamarina), sono presenti attualmente 71.700.000 metri cubi d’acqua, corrispondenti al 40% del volume massimo invasabile ed al 67% di quanto registrato un anno fa. Complessivamente gli invasi siciliani stanno trattenendo quasi 297 milioni di metri cubi, cioè -18% rispetto al 2023.

Il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche indica, questa settimana, i livelli dei grandi laghi del Nord  in calo ma, tranne che per il Sebino (40% di riempimento), i volumi invasati restano superiori alla media mensile.

In Valle d’Aosta si accresce lo spessore del manto nevoso, raggiungendo cm. 239 sulle Grandes Murailles ed oltre 3 metri a Morgex-Lavancher; restano invariati i livelli idrici negli alvei di Dora Baltea e torrente Lys. Tra i fiumi del Piemonte si registra un aumento di portata per il Tanaro, il cui deficit però rimane importante (-55%); scarti negativi si segnalano anche per la Toce (-45%) e per la Stura di Lanzo (-21% circa), mentre resta notevole l’incremento  della Varaita (+116%).

In Lombardia cresce la portata del fiume Adda, mentre le riserve idriche sono tornate in linea con le medie del periodo e superiori all’anno scorso di oltre il 73%; il quantitativo di neve risulta in crescita, ma inferiore alla media di quasi il 18% (fonte: ARPA Lombardia).

In Veneto, sulle Dolomiti settentrionali sono presenti mediamente 63 centimetri di neve; in quelle meridionali, cm. 67; sulle Prealpi, circa cm. 26. Buone notizie per il fiume Adige, il cui livello, guadagnando ulteriori 15 centimetri, è il più alto del decennio a gennaio; sopra media anche le portate di Piave, Brenta e Cordevole mentre la Livenza, pur decrescendo si mantiene in linea con gli anni scorsi. In deficit idrico rispetto sono invece il Muson dei Sassi, ma soprattutto il Bacchiglione (-19,40%).

In Emilia Romagna si registra un’evidente fase di crescita per il fiume Secchia, che in una settimana segna +428% di acqua in alveo e si avvicina ai valori tipici del periodo; incrementi più modesti si segnalano per la Trebbia, il Taro e l’Enza. Diversa è la situazione nei bacini più orientali, dove resta gravissimo il deficit idrico  sia per il Reno (-94%) che per il Savio (-85%). Sono proprio i territori di pianura tra Savio e Lamone che, con un marcato deficit pluviometrico, rappresentano il territorio di confine tra il Nord in ripresa idrica ed il resto della Penisola in crescente difficoltà. Il fiume Po torna sotto media lungo tutta l’asta con deficit più accentuati a monte.

In Liguria sono crescenti i livelli dei fiumi, così come il manto nevoso su diverse stazioni dell’Appennino. Altro territorio di confine è la Toscana, dove sulle province montane settentrionali continua a piovere molto: sui rilievi del Massese e della Lucchesìa, le cumulate di pioggia degli scorsi 30 giorni vanno da mm. 250 fino a 460 millimetri registrati a Stazzema, mentre sul resto della regione nello stesso periodo ne sono caduti mediamente una trentina. Le portate dei fiumi crescono con l’eccezione dell’Ombrone; a parte la Sieve, però, rimangono tutte al di sotto della media mensile (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana).

Anche i fiumi della Marche registrano livelli di magra, ma il confronto con lo scorso anno risulta falsato dai due giorni di intenso maltempo registrato 12 mesi fa; rassicurano i volumi trattenuti dalle dighe, che si mantengono superiori al consueto. In Umbria è ancora crisi nera per i livelli del lago Trasimeno, ben lontano non solo dalla media mensile, ma soprattutto dal minimo livello vitale (- cm. 18); le portate dei fiumi Nera e Chiascio si mantengono stabili.

Nel Lazio è negativa è la situazione dei laghi di Albano, Nemi e Bracciano, i cui livelli sono distanti da quelli dello scorso anno; in aumento è la portata dei fiumi Aniene, Liri e Tevere, che rimane però abbondantemente sotto la media.

In Abruzzo, il mese di dicembre è stato più caldo e siccitoso del normale con anomalie termiche sui valori massimi (+5,3° a Lanciano) e con deficit pluviometrici marcati su tutte le province (Pescara -76%, Chieti -72%, L’Aquila -60%, Teramo -44%). I fiumi Orta e Sangro hanno portate inferiori all’anno scorso.

Anche in Molise l’inizio dell’inverno è risultato particolarmente siccitoso: secondo il C.N.R., in Dicembre il 93% del territorio è stato interessato da siccità severo-estrema; di questa condizione ha iniziato a risentirne il principale invaso regionale (il bacino del Liscione), che presenta un livello idrometrico di m.1,20 inferiore al 2023 (fonte: Molise Acque).

In Campania, oltre alle condizioni deficitarie dei fiumi Volturno e Garigliano, si segnala la scarsità dei volumi stoccati nei bacini di alcune dighe: Fabbrica, -38% rispetto al 2023 e -23% sulla media dell’ultimo quinquennio; Carmine, -29% e -21%; Alento, -51% e -35%.

Da sei mesi la Basilicata è una delle regioni più sofferenti per scarsità di pioggia ed è stata finora salvaguardata dalla siccità, grazie alle importanti infrastrutture idrauliche; oggi, però, le dighe trattengono ben 216 milioni di metri cubi d’acqua in meno rispetto all’anno scorso (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale). Lo stesso discorso vale in Puglia per gli invasi del Tavoliere: rispetto all’anno scorso il deficit sale a 80 milioni di metri cubi.

In Sardegna, infine, continuano a soffrire soprattutto i territori nordoccidentali ed il comprensorio dell’Ogliastra: scarse piogge ed alte temperature stanno stressando il sistema degli invasi, così come in altre zone dell’Isola, con valori di riempimento, che scendono anche al 13% (Maccheronis a Nord-Est e Punta Gennarta a Sud, nel Sulcis Iglesiente), se non addirittura al 5% (invaso di Bidighinzu a Nord-Ovest).