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Crisi idrica, a febbraio tornano le autobotti in sette comuni del Piemonte

di Redazione

Il Presidente di ANBI Vincenzi: "Rubinetti a secco e fontanili asciutti sono allarmi che non si possono disattendere. Chiediamo urgente convocazione al Governo"

Crisi idrica, in Piemonte sette comuni costretti a ricorrere all'utilizzo delle autobotti

Il report settimanale dell'Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche conferma una situazione sempre più grave nel Nord Italia: la portata del fiume Po continua inesorabilmente a decrescere, aggiungendo i rilevamenti di Boretto e, tra poco, di Mantova ai record storici negativi, già registrati a Piacenza e Cremona. Tra i grandi bacini, risulta emblematica la condizione del lago Maggiore che, pur essendo risalito al 39% del riempimento, resta abbondantemente sotto la media, al pari degli altri invasi lacustri, tra cui si segnala che la più grande riserva idrica italiana, cioè il lago di Garda, è ormai a pochi centimetri dal minimo storico.

"Ma è normale che la notizia di sette comuni piemontesi, costretti in febbraio a dissetare i propri cittadini con l’ausilio delle autobotti, passi sotto traccia? Secondo quanto reso noto da Utilitalia alla recente riunione dell’Osservatorio Permanente sugli Utilizzi Idrici presso l’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po, altre 70 amministrazioni locali sono già in preallarme. È la conferma che la crisi idrica sta iniziando a pregiudicare anche l’uso potabile in un sostanziale disinteresse collettivo", ha affermato sconcertato il Direttore Generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) Massimo Gargano.

A complicare una situazione già gravemente compromessa si aggiunge un repentino aumento delle temperature, che sta pregiudicando lo scarso manto nevoso alpino: in Valle d’Aosta, il fenomeno ha comportato un innalzamento della portata nella Dora Baltea, schizzata da mc/s 18,60 a mc/s 29.90.

"È una ricchezza che, pur ristorando beneficamente il territorio, fluisce inutilizzata verso il mare, disperdendo una risorsa, che ci già ci sta mancando", ricorda Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI. "Noi abbiamo pronte soluzioni definitive ed esecutive, cioè immediatamente appaltabili, per aumentare la resilienza dei territori, come i primi 223 progetti del Piano Laghetti, oltre al Piano Invasi ed al Piano per l’Efficientamento della Rete Idraulica. Chiediamo un’urgente convocazione al Governo", ribadisce Vincenzi. "Per definire un piano di finanziamenti con risorse già disponibili e che aspettano solo le scelte della politica. I rubinetti di casa a secco, al pari delle risorgive in campagna, sono moniti, che non si possono disattendere e che abbisognano di urgenti interventi per contrastarne il progressivo aggravarsi".

In Piemonte, regione con aree sorprendentemente a conclamato rischio desertificazione, calano i livelli dei fiumi e il deficit nel manto nevoso arriva a toccare il 50%. Per quanto riguarda la situazione della falda acquifera, scrive l’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambientale): "L’analisi dei dati relativi al primo mese del 2023 conferma la situazione registrata durante tutto l’anno 2022, evidenziando scostamenti rispetto alla media storica del mese con valori superiori al 75° percentile".

In Lombardia, dove la riserva nivale è inferiore di quasi il 54% rispetto alla media storica (49,5% il deficit complessivo delle riserve idriche), la portata del fiume Adda scende a 59 metri cubi al secondo, cioè oltre il 21% in meno, rispetto all’anno scorso. In Veneto, i principali fiumi (Adige, Bacchiglione, Piave, Livenza) ristagnano ai livelli minimi del decennio. In Emilia Romagna, le portate dei fiumi sono generalmente in calo ed è impietoso il confronto con le medie storiche del periodo (Secchia: mc/s 2,72 contro mc/s 24,10; Reno: mc/s 5,3 contro mc/s 22.60).

Ad aggravare le preoccupazioni per una situazione idrologica, che già si preannuncia molto complessa per i mesi a venire, si aggiunge il riemergere del rischio siccità anche in alcune zone del Centro Italia, a causa dell’assenza di precipitazioni significative a febbraio. In Toscana, le piogge delle settimane scorse sono già un lontano ricordo con il fiume Serchio in magra e l’Arno tornato sotto il minimo storico mensile, confermando un ormai acclarato regime torrentizio.

A calare sono anche i livelli dei principali corsi d’acqua nelle Marche mentre, in controtendenza, aumentano di oltre 2 milioni di metri cubi, i volumi invasati nei principali bacini artificiali, segnando la migliore performance del recente quinquennio. Nel confinante Abruzzo, il mese di gennaio è stato particolarmente generoso di pioggia con record registrati sulla Marsica (mm. 270,2 a Civita d’Antino) e lungo le coste pescarese (mm. 269,4 ad Ortona) e teatina (mm.234 a Vasto).

In Molise l’altezza idrica registrata nel bacino della diga del Liscione (m. 118,23) è in linea con quella positiva dello stesso periodo del 2022. In Umbria torna a calare l’altezza idrometrica del lago Trasimeno (in crisi da molti mesi) e del fiume Tevere, che altresì permane costante nel Lazio, dove invece scendono le quote dei laghi di Bracciano (-100 centimetri sul 2022) e di Nemi, nonché le portate di Sacco, Liri e soprattutto Aniene, nettamente sotto la media storica del periodo. Calano i livelli dei fiumi in Campania, pur mantenendosi superiori allo scorso anno.

In Puglia si registra un ulteriore incremento dei volumi trattenuti negli invasi, il cui surplus sul 2022 sale a 82,49 milioni di metri cubi; resta saldamente in attivo anche il bilancio idrico nei bacini della Basilicata, dove è già iniziata la stagione irrigua come confermato da un calo settimanale di oltre 4 milioni di metri cubi.

Un’osservazione particolare merita, infine, la situazione della Sicilia, caratterizzata da una situazione pluviometrica “a macchia di leopardo” e penalizzata da una deficitaria condizione infrastrutturale. Ad inizio febbraio, i bacini dell’Isola contenevano complessivamente il 38% di quanto invasabile, mancando all’appello circa 200 milioni di metri cubi rispetto al 2022, nonostante settimane percepite come piovose. In realtà, le piogge non sono state omogenee, riversando limitati quantitativi, ad esempio, sulle province di Enna (mm.50) e Palermo (mm.100). 

L’anomalia, accentuata dal cambiamento climatico, si è confermata con i recenti nubifragi, che hanno interessato principalmente la zona Sud-Orientale dell’Isola, allagando le province di Siracusa, Catania e Ragusa, facendo tracimare fiumi (Anapo e Dirillo), causando frane e provocando danni a strutture produttive, fabbricati, infrastrutture, monumenti. Il record di pioggia si è abbattuto sulla provincia siracusana dove, in 48 ore, ne sono caduti 309 millimetri (mm. 223,8 in 24 ore) corrispondenti al 45,61% della media pluviale in 12 mesi (mm. 677,45): è stato il secondo evento per quantità di pioggia caduta sul capoluogo ibleo da 20 anni ad oggi, mentre è stato l’evento più violento registrato sui centri di Ragusa, Modica e Palazzolo Acreide, dove sono caduti oltre 200 millimetri in 24 ore (fonte: SIAS).

"Ciò evidenzia la necessità di completare gli schemi idrici, creando interconnessioni per poter trasferire acqua da una zona all’altra dell’isola, come anche tra Molise e Puglia dove si continua, e non è davvero comprensibile, a sversare acqua in mare. Il modello della Sardegna deve essere un esempio per l’intero Paese", ha concluso il Direttore Generale di ANBI.