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Siccità, ANBI: Ridracoli è un'oasi nel nord ormai inaridito

di Redazione

Alla tracimazione del grande invaso casentinese si contrappone il 'troppo vuoto' dei serbatoi piacentini

Siccità, la diga di Ridracoli tracima: è l'oasi di un Nord Italia con un andamento pluviometrico mediorientale

Dopo due anni, la diga di Ridracoli tracima a beneficio dei territori romagnoli. Ma l'immagine restituita è quella di un’oasi in un Nord Italia ormai caratterizzato da un andamento pluviometrico mediorientale. Questa la tendenza secondo il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, e la prima conferma arriva proprio dall’Emilia Romagna, dove al "troppo pieno" del grande invaso casentinese si contrappone il "troppo vuoto" dei serbatoi piacentini, con il lago di Molato che trattiene 0,85 milioni di metri cubi d’acqua (l’anno scorso erano Mmc. 1,82) a fronte di una capacità di 8,50 Mmc. A separarli ci sono gli Appennini, dove a Santa Sofia il manto nevoso raggiunge 76 cm: una barriera climatica che disegna due realtà diverse, come confermano anche i fiumi del versante adriatico con Savio e Lamone abbondantemente sopra le medie del periodo. Crescono anche gli emiliani Secchia e Trebbia.

Permangono drammatiche le condizioni e le prospettive dei corpi idrici nel Nord Ovest della Penisola: in Piemonte, a febbraio, il deficit pluviometrico è stato dell’87,3%, superando il 90% nei bacini dei fiumi Ticino, Toce, Agogna-Terdoppio, Orba, Residuo Po-confluenza Tanaro, Dora Baltea fino a toccare il 98,6% nell’area dello Scrivia Curone. La poca neve in quota (i bacini più deficitari sono quelli di Ticino e Toce, abbondantemente sotto media) non potrà offrire un sufficiente ristoro agli invasi regionali, che ad oggi trattengono solamente 90 milioni di metri cubi d’acqua, pari al 23% della capacità. 

Le dighe Ravasanella, Ostola ed Ingagna contengono rispettivamente il 30%, il 25% ed il 27% dell’acqua, rispetto alla media di questo periodo. Grave è la condizione dei corsi d’acqua, che restano ben al di sotto delle portate del 2022, nonostante un leggerissimo miglioramento dovuto probabilmente agli apporti dello scioglimento nivale: il Po tocca -73% sulla media storica, il Tanaro è a -74% sulla portata media di Marzo, la Stura di Lanzo è -53% sulla media; in ulteriore calo sono Pesio e Stura di Demonte, ma soprattutto Sesia (quasi - 90% sulla media di marzo) e Toce (-70% ca.).

Il bollettino idrologico della Valle d’Aosta certifica che sulla regione sono piovuti mediamente meno di 5 millimetri nel mese di febbraio, cioè un valore inferiore all’anno scorso (10 mm). La neve caduta è stata mezzo metro inferiore alla media e in alcune stazioni si sono registrati valori inferiori al minimo storico. L’indice SWE (Snow Water Equivalent) è dimezzato, così come la portata della Dora Baltea. Le temperature medie nel mese scorso sono state fino a 4 gradi sopra la media del decennio, le massime hanno toccato i 23 gradi e, nella seconda quindicina, lo zero termico si è registrato addirittura sopra i 3000 metri (fonte: Centro Funzionale Protezione Civile Val d’Aosta).

Anche l’inizio di marzo è stato caratterizzato da piogge assenti o inconsistenti e da scarse precipitazioni nevose sulla fascia occidentale della regione, mentre una lieve crescita del manto nevoso si registra sulla fascia centrale e, in minima parte, su quella orientale. Anche in Lombardia le riserve idriche sono inferiori a quelle del 2022 (-13,55% e -60% circa sulla media storica): il dato più preoccupante riguarda la neve (circa il 13% in meno rispetto all’anno scorso e circa il 70% sotto la media storica), che a causa delle alte temperature sta velocemente sciogliendosi (-15% rispetto alla settimana scorsa). È sconcertante osservare l’anticipo rispetto al gravemente siccitoso 2022, quando l’esaurimento nivale in quota si registrò a maggio (fonte: ARPA Lombardia).

Tra i fiumi, un’impercettibile crescita di portata si registra nell'Adda (2 metri cubi al secondo dopo settimane di costante declino) e nel Serio; cala l’Oglio e restano sostanzialmente invariati i livelli del Mincio. In Liguria si registrano la crescita di livello del fiume Magra (ad oggi +10 cm sullo 0 idrometrico quando, però, l’altezza media di marzo dovrebbe essere +48 cm), ma le decrescite dell’Entella (-75 cm sotto la media mensile) e della Vara, nonchè l’invarianza del torrente Argentina (fonte: Omirl - Osservatorio Meteo Idrologico Regione Liguria).

Continua a destare profonda preoccupazione la condizione delle risorse idriche in Veneto: nel mese da poco concluso, infatti, sulla regione sono piovuti mediamente 3 millimetri d’acqua, quando la media sarebbe di 60 mm (-96%). Su tutti i bacini, il deficit mensile supera il 90% con i massimi toccati in quelli di Po, Lemene e Tagliamento (-98%). Sull’Alto Piave, la seconda metà di febbraio è stata la più siccitosa degli scorsi 30 anni, mentre su Livenza-Lemene-Tagliamento è stato peggiore solo il biennio 2006-2007. 

Il dato negativo di febbraio fa aumentare anche il deficit pluviometrico sull’anno idrologico, che ora tocca -31%. La temperatura media di febbraio è stata di 2,6 gradi superiore alla media ma, nella seconda metà del mese, lo scarto è stato di +8° (dopo il 1998 è il record da 43 anni); le alte temperature hanno conseguentemente causato la fusione dello scarso manto nevoso (dal 1° ottobre, il deficit nivale è del 32% sulle Dolomiti e del 20% sulle Prealpi; in alcuni bacini fluviali, la "bianca coltre" è inferiore al 2022: -10% per il Piave, -20% per Cordevole e Brenta). A risentirne sono inevitabilmente le falde già esangui della pianura, con gravi deficit nell’alta pianura veronese (il calo in un mese è stato di 25 cm) e in quella vicentina e padovana (dopo una crescita consistente ad inizio anno si è registrato un crollo stimabile in circa 1 metro).

Sull’alta pianura trevigiana, questo febbraio estremamente secco ha portato i livelli di falda a valori pari od inferiori al minimo storico. Tra i fiumi, decresce vistosamente l’Adige (-30 cm), mentre il Piave cresce sorprendentemente di oltre 80 centimetri, beneficiando di qualche rovescio locale e dello scioglimento delle nevi. Restano invariati rispetto a una settimana fa i livelli di Livenza (la cui altezza è 15 centimetri inferiore all’anno scorso), Brenta e Bacchiglione.

Tra i grandi bacini naturali del Nord, tutti sotto media, c’è da registrare una leggera crescita di livello del Benaco, che resta però a pochi centimetri dal minimo storico (riempimento: 37,9%); il lago Maggiore cresce di 2 centimetri (riempimento: 39,5%), mentre cala il Lario (al 17,6% di riempimento) e resta invariato il livello dell’Iseo (riempimento: 15,7%).

"L’imminente e ormai difficilmente evitabile esplodere della crisi idrica nel Nord Italia evidenzia l’urgente necessità che il Governo individui un’autorità con la potestà di dirimere inevitabili contrapposizioni fra interessi, rispettando le normative di legge", sollecita Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Nell’Italia centrale le precipitazioni di marzo stanno dando un contributo importante alla rivitalizzazione dei corsi d’acqua e degli invasi lacustri. In Toscana, importanti precipitazioni si registrano sul Nord della regione e in particolare sulla provincia di Lucca, dove sono caduti 100 millimetri di pioggia in pochi giorni. A beneficiarne è principalmente il fiume Serchio, la cui portata (mc/s 54,60) si riporta in linea con le medie del passato; pur se in calo dopo gli exploit della settimana scorsa, il flusso dell'Arno resta di 97,50 metri cubi al secondo, mentre cala anche la Sieve (mc/s 12,50). Nel settore meridionale della regione le piogge sono state più scarse, se non addirittura nulle, per cui l’Ombrone vede ridursi la portata da mc/s 27 a mc/s 12,50.

Fatta eccezione per la Potenza, decrescono i livelli dei fiumi nelle Marche. Al contrario, le dighe (soprattutto quelle di Mercatale sul Foglia, Castreccioni sul Musone e San Ruffino sul Tenna) vedono crescere, come non accadeva da tempo, i volumi invasati (+ mln mc 3,8 in 7 giorni), toccando quasi i 52 milioni di metri cubi d’acqua: un ottimo presupposto per una stagione irrigua senza eccessive preoccupazioni.

Meno incisivo è l’apporto pluviale in Umbria (circa 50 mm caduti a febbraio). Si alza il livello del lago Trasimeno, che resta però ancora distante dal livello medio di marzo (-1,11 contro -0,39), ma anche da quello di un anno fa (-1,02); in un mese è aumentato di 300.000 metri cubi, il volume invasato nella diga di Maroggia, mentre in una settimana è calato di oltre 1 metro, il livello del fiume Tevere nel basso corso umbro.

Il deflusso tiberino decresce anche nel Lazio esattamente come l’affluente Aniene e come i fiumi Liri e Sacco nel frusinate; si alzano, invece, i livelli dei bacini lacustri di Bracciano e Nemi. Su Roma, le piogge registrano un ritardo quantitativo di oltre due mesi: dal 1° gennaio 2022 ad oggi (circa 430 giorni), sono caduti infatti 560 millimetri d’acqua contro una media annuale (12 mesi) pari a 743 mm.

In Molise, il livello del fiume Volturno è stabile, mentre la diga del Liscione vede diminuire il livello d’acqua invasata di circa 80 centimetri in un mese, allontanandosi dall’altezza registrata nello stesso mese del 2022 (mancano m.1,70). Diversa è la condizione dei fiumi in Campania: il Volturno cresce nel tratto prossimo alla foce a differenza del Sele, dove positive sono le rilevazioni a monte; in crescita è anche il Garigliano.

Un incremento di circa 6 milioni e mezzo di metri cubi si registra negli invasi lucani, mentre per quelli pugliesi si può parlare di un vero e proprio exploit con un incremento di ben 18,3 milioni di metri cubi in una settimana, facendo salire il surplus sul 2022 a quasi 60 milioni di metri cubi ed avvicinandosi, per la prima volta dopo anni, al volume totale invasabile. Infine, per quanto riguarda la Sardegna, si registra una leggera flessione nei volumi invasati, dovuta probabilmente alle prime irrigazioni. Rispetto allo scorso anno, mancano però 110 milioni di metri cubi d’acqua, per cui l’autorità competente ha già segnalato un livello di pericolo per i bacini delle zone centro-orientale e nord-occidentale dell’isola, con adozione delle contestuali misure di mitigazione.

"La diversificazione di situazioni, che si stanno registrando lungo la Penisola, pone d’attualità la necessità di realizzare infrastrutture idriche per trasportare l’acqua da un territorio all’altro, superando anche antistoriche contrapposizioni, ma privilegiando l’interesse generale e poi riproponiamo con voce alta il Piano Invasi che ANBI e Coldiretti da tempo hanno messo a disposizione. Contestualmente è necessario completare gli schemi idrici, la cui incompiutezza penalizza alcuni territori pur in presenza di disponibili risorse idriche", ha concluso Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.