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Coronavirus: "La salvezza del corpo in cambio dell'anima"
"Per i tanti che quell'anima non l'hanno mai avuta può essere un baratto ragionevole. Forse"
#iostoacasa l’hastag più in voga del momento, quello che contiene di per sé un ordine perentorio, sarà ricordato negli anni a venire come la modalità più sicura per incutere psicosi collettiva. Di come, quando le Istituzioni fragili o incompetenti, di fatto tradiscono la fiducia e la democrazia con il proprio popolo, considerandoli imbecilli, e irresponsabili. Con questo non dico che, di fronte alla minaccia del virus e il rischio del collasso del sistema sanitario, non si sarebbe dovuto intervenire. Al contrario, si doveva farlo nell’immediato, dopo che l’emerito Presidente del Consiglio mise l’Italia in Emergenza nazionale. Esattamente il 31 Gennaio. Invece, ha consentito spostamenti, partite di calcio, locali aperti, dichiarando persino che la situazione non era poi così grave. Poi, d’un tratto, si è resa necessaria la chiusura delle stalle, quando però i buoi (con rispetto per gli animali) erano già fuggiti. Ed anche il decreto di lockdown, pare sia passato in anticipo sulla tabella di marcia, dalle mani di qualcuno, permettendo così di arrivare in Lombardia, da dove sono partiti centinaia di giovani per tornare a sud, a casa loro. Orrore!
Dal 21 Marzo è partita ufficialmente la campagna di isolamento basata sull’hashtag #iostoacasa, facendo leva sulla paura di milioni di italiani, e sul fatto che stare chiusi dentro le mura domestiche, diventi l’unica via percorribile per arginare l’avanzata del Virus.
Non sono mai stata pienamente convinta che la reclusione, di per sé, sia stata cosa buona, tanto più che, nonostante gli italiani abbiano eseguito terrorizzati questa modalità, i contagi sono aumentati. In comunicazione, però, specie quella politica, ciò che emerge è la pessima qualità del messaggio che poteva risultare molto più umano fosse stato #iostoaduemetri. Per esempio. Molto più onesto ed anche efficace. Per molti aspetti, non ultimo quello economico. Ma il nostro governo, contrariamente al rispetto e ai principi di una società responsabile e matura, ha invece scelto di fondare la sua campagna su un principio di terrore. Lo stare a casa il più possibile, ovviamente è giusto.
Non è questo in discussione, bensì la sottile modalità che è stata scelta, che ben mette in luce quanto i diktat funzionino, se accompagnati dal panico di ammalarsi e poter perdere la propria vita. Tanto da generare pure la caccia all’untore tra i cittadini, che meglio non hanno avuto da fare, che fotografare, filmare e scrivere sui social di loro vicini che uscivano (si, anche due volte, e perché no? ) a fare la spesa.
L’uno contro l’altro, che mi ricorda “Dividi et impera”. Già.
Quando, poi, non si ragiona sul fatto che stare al chiuso, e permettendo di uscire per i bisogni primari, non esenta la famiglia dal contagio. E allora, perché?
Si rende ben evidente che non si sia trattato nemmeno di una misura così necessaria, visto che in tutti gli altri Paesi non è stata attuata, bensì solo il buon senso di stare a distanza e seguire le norme previste dalla OMS, come l’uso di mascherine, lavaggio mani, ecc. Cosa, questa si, obbligatoria. Comprensibile. Neppure sappiamo ancora cosa sia davvero questo nuovo Coronavirus, come si trasmette, come nasce, perché si è diffuso, però si chiede a tutti i cittadini di chiudersi in casa, così per massima precauzione. Senza neppur considerare le conseguenze. Perché ci sono, eccome.
A casa, senza se e senza ma. A casa, dove non sono mancati, ovviamente i sacrifici legati allo spazio da condividere, le difficoltà a passare le giornate con un quotidiano stravolto, anche dal cibo ( uso ed abuso incondizionato) alcool e criticità di relazioni, magarti già incrinate. Però, è utile stare a casa. A chi? A chi non ha coraggio di fare scelte giuste, utili e sensate.
E nel mentre, viene deriso e condannato chi esce per fare attività fisica, o chi ha dei bambini e chiede di poterli portare all’aria aperta, mentre chi si abbuffa di tabacco, pizze e torte diventa il salvatore dell’umanità.
In effetti, a voler pensare male, il vero problema siamo noi italiani. Ci viene impedito di correre, di andare al mare, di passeggiare nei parchi o in montagna, non perché sia un’attività pericolosa che porta al contagio, ma perché siamo incapaci di ottenere fiducia. Ed intanto, c’è chi fa la fila alla Caritas, per poter sfamare i figli, o apre di nascosto il suo piccolo salone di parrucchiera perché non ha più un soldo, e viene pure condannata : “Come ti permetti di non avere risorse? Eh? Dove li hai messi quelli incassati fino ad oggi? Allora il problema sei tu! Non la pandemia. Non l’isolamento. Perché non è pensabile che in un mese tu li abbia finiti. E che cavolo!”. Ecco. Questo, in sintesi. Quindi, voi commercianti, artigiani, liberi professionisti, siete stati spendaccioni. E adesso volete pure i “soldi nostri”?
Che tristezza.
Quello che manca, fondamentalmente, è l’umanità ed il buon senso. Oltre ad una cultura scientifica, perché i migliori ricercatori, quando si rendono conto di non aver spazi, fuggono. E ne abbiamo ben visto esempi. E se manca la ricerca, la continua scoperta di strumenti necessari alla prevenzione, sarà sempre peggio. L’immagine dei droni che riprendono le spiagge assolate di Pasqua, deserte, alla ricerca dei disubbidienti che sfidando le leggi di clausura, e cercano un attimo di respiro, sono aberranti.
E’ stato detto e ridetto dall’OMS: il virus non sopravvive all’aperto sotto l’effetto dei raggi del sole. Ma, nulla. Evidentemente fa più comodo così. Il solitario che esce perché sente la forte necessità, non mette a rischio la salute fisica dei cittadini, ma mette in discussione il valore salvifico della loro “presunta” moralità: “se io sto in casa a soffrire, perché non lo fa anche lui?”
Ecco che #iostoacasa, diventato un tormentone anche tra i personaggi famosi, testimonial ad hoc, è la modalità che non serve ad evitare il virus, ma serve per non mettere in discussione l’autorità del governo verso cui la società ha demandato la propria libertà.
Difficile da capire? Presto spiegato: il sacrificio della libertà di tutti diventa efficace quando viene condiviso.
Alla base della paura c’è l’ignoranza.
Ignorare, il non voler conoscere, il non sapere gonfia la paura che cerca e trova una dimensione di apparente tranquillità nella sottomissione all’autorità, che in quanto caso diventa il padre di tutti. Un po' come Dio, insomma. C’è poi qualcosa di veramente brutto e spregevole, in tutta questa vicenda, e riguarda tutte quelle forme di intolleranza e di miseria umana che trovano amplificazione nel razzismo da balcone. Si spiano le persone perché gli altri non sono più percepiti in quanto esseri umani, ma come un potenziale pericolo. Si ha paura del nostro prossimo. Ecco che la reclusione forzata, diventa anche pretesto per sfogare invidie, rivalità, complessi di inferiorità, astio e gelosie. La paura del virus, indubbiamente ha spinto molti a rinunciare ai propri diritti individuali.
Aver accettato, e preso per buono senza fare riflessione alcuna, l’obbligo di stare a casa, senza ragione scientifica provata, pena multe severe, (tra l’altro prima penali ora solo civili!) non è solo un rischio sanitario, perché già lo stiamo vedendo, ma soprattutto il fallimento del patto di “fiducia” tra Stato e cittadini. Lo Stato ha imposto regole precise, ma piano piano, a contagocce, decreto su decreto, hanno sempre più stretto il perimetro d’azione.
Mi ricorda un po' la metafora di Chomsky, della rana messa in pentola, a cui accendono il fuoco sotto, e piano piano diventa bollita senza accorgersene. Ricordate? Io sì. Molto bene.