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Covid: oltre il lockdown, la malattia e la morte resta l’amore per la vita
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Alimenta, un’antologia di racconti per riscoprire il valore del ricordo, dell’amore e della speranza nella costruzione di un futuro libero dalla malattia
In realtà la ragazza era contenta di avere il padre in casa: era un uomo colto e gentile, paziente e premuroso, discreto e generoso, pronto a intervenire ogni qualvolta fosse richiesto il suo aiuto. Si occupava di Marta come poteva; la bambina era innamorata del nonno, il quale cercava di non invadere gli spazi che erano propri della figura paterna. Trascorrevano molte ore insieme, visto che i genitori della piccola lavoravano fino a sera.
Durante la loro quotidiana passeggiata, ora nel parco cittadino, ora in campagna, quando Alberto guidava ancora, le aveva insegnato a riconoscere fiori, piante e arbusti; a distinguere il canto degli uccelli e il verso degli animali. Una volta l’aveva portata in stazione: si erano divertiti (entrambi coprendosi le orecchie con le mani) a veder sfrecciare Italo o la Freccia Rossa e la bambina gli aveva detto che un giorno avrebbe preso quel treno.
“Allora, non ti vedrò più”.
“No, nonno. Io tornerò sempre da te”.
Alberto l’aveva stretta a sé e la malinconia era sparita. In un battito d’ali Marta era cresciuta: eccola immortalata in una fotografia con il suo grembiule bianco e il fiocco rosa, pronta per il suo primo giorno di scuola in Prima Elementare. Gli occhi verdi di Alberto erano brillanti, pieni di orgoglio e di amore. Aveva avuto proprio lui il privilegio di accompagnarla.
Il bidello, ancora oggi, sarebbe pronto a giurare che quel nonno aveva trascorso tutta la mattinata nei paraggi dell’Istituto. Adesso c’erano i compiti da fare, ma Alberto aveva un metodo tutto suo per rendere più agevole e divertente l’apprendimento di Marta. Le chiedeva, tutte le volte, di dialogare con i nuovi elementi con cui veniva a contatto. Per esempio per imparare a scrivere e a leggere le faceva di- segnare un oggetto (casa, albero, treno) e le chiedeva di immaginare un dialogo con il soggetto che aveva raffigurato. Quando gli elementi con cui la bambina voleva interagire erano due, nonno Alberto interveniva nel dialogo e scriveva tutto quello che si dicevano. Marta ricopiava il testo e poi lo leggevano. Non era certo un metodo ortodosso e tanti pedagogisti, se lo avessero saputo, avrebbero gridato allo scandalo. Tuttavia Marta imparava e si divertiva.
Arrivò il momento dell’autonomia e i dialoghi immaginari furono abbandonati. La sua materia preferita era la Storia; diceva che era tutto merito del nonno e della maniera in cui le descriveva i personaggi storici. Si innamorò di Carlo Magno: lo immaginava bellissimo e risplendente nella sua armatura, quando a soli 26 anni fu proclamato re dei Franchi, poi re dei Longobardi e infine primo imperatore dei Romani. Le sembrava quasi di vedere, proprio il giorno di Natale dell’800, papa Leone III in Vaticano nell’antica Basilica di San Pietro, mentre lo incoronava imperatore del Sacro Romano Impero.
Il nonno le aveva promesso che un giorno sarebbero saliti su uno di quei treni che tante volte avevano visto sfrecciare e l’avrebbe portata a scoprire le meraviglie di quella Basilica. In seguito, grazie ad Alessandro Manzoni, aveva scoperto che il suo eroe aveva ripudiato Ermengarda per sposare un’al- tra. Una delusione cocente. A nulla erano valsi i tentativi del nonno di giustificare il comportamento di Carlo, non più Magno agli occhi di Marta, con la ragion di Stato, il fine primario di ogni buon governante.
Per Marta le ragioni del cuore (viveva la fase adolescenziale dei primi innamoramenti) dovevano essere prioritarie. Fu la caduta di un mito. Marta comunque continuava a crescere sana e solida, circondata da un amore che la rendeva sempre più forte e sicura. Con il ginnasio arrivarono nuovi ideali: giustizia, pace, libertà, democrazia. Solone e Clistene divennero oggetto di appassionate discussioni con nonno Alberto, suo interlocutore preferito e costante punto di riferimento.
Oggi Marta studia Storia all’università. Ha quasi ultimato il suo corso di studi. Nonno Alberto le è sempre accanto ma adesso è lei quella che racconta, quella che lo informa dei suoi progressi, delle sue ricerche. In particolare, dopo aver ascoltato un giorno la testimonianza di una Grande Ebrea, Liliana Segre, ha deciso di indagare sulle condizioni in cui vivevano le bambine nei lager; sulle privazioni sopportate; sulle violenze subite; sulla difficoltà e il disagio di gestire lo sviluppo femminile, di cui gli storici non par- lano; sui traumi riportati dalle donne superstiti.
Insomma Marta è diventata una donna colta e gentile, proprio come suo nonno. È lei che si occupa di tutto. Della casa, come della spesa. Se prima, ad esempio, era Alberto a cucinare per Marta, adesso è lei che cucina per lui. Tutto procede serenamente fra nonno e nipote, ignari della tragedia immane che sta per abbattersi sull’uomo, minuscolo corpuscolo dell’Universo. Da qualche mese, infatti, Alberto non esce più; Marta solo per necessità. Dialoga con i suoi professori tramite Skype, uno strumento di comunicazione inconsueto per il vecchio, inflazionato per la giovane.
Un silenzio surreale copre il mondo, tutto è fermo, tutto è di- ventato niente. Ogni cosa è come se fosse avvolta in una bolla, sospesa e così fragile da rischiare di scoppiare da un momento all’altro. Soprattutto le metropoli, Roma, Milano, Parigi, Londra, New York, le distese aree urbane cinesi e giapponesi, appaiano spettrali. I luoghi più piccoli e con un esiguo numero di abitanti sembrano definitivamente abbandonati. Un senso di smarrimento collettivo colpisce l’uomo che finalmente si rende conto di essere una piccola, impotente cosa.
Mentre lui è relegato in casa, l’erba si insinua tra il cemento di strade e marciapiedi. La natura si riappropria del maltolto. Il silenzio regna sovrano. Non si sentono più neppure le sirene delle ambulanze: non trovano alcun ostacolo sulla loro strada. Tacciono anche le campane delle Chiese. L’Italia e il mondo assistono tramite TV ai riti pasquali trasmessi in diretta dal Vaticano. Papa Francesco, con la sua veste bianca, da solo in Piazza San Pietro, avanza con passo malfermo ma con piglio deciso e celebra la Messa in un’atmosfera rarefatta e carica di emozione.