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Covid: oltre il lockdown, la malattia e la morte resta l’amore per la vita

di Sara Perinetto

Alimenta, un’antologia di racconti per riscoprire il valore del ricordo, dell’amore e della speranza nella costruzione di un futuro libero dalla malattia

In realtà la ragazza era contenta di avere il padre in casa: era un uomo colto e gentile, paziente e premuroso, discreto e generoso,  pronto  a  intervenire  ogni  qualvolta  fosse  richiesto  il  suo aiuto. Si occupava di Marta come poteva; la bambina era innamorata  del  nonno,  il  quale  cercava  di  non  invadere  gli  spazi  che erano propri della figura paterna. Trascorrevano  molte  ore  insieme,  visto  che  i  genitori  della piccola lavoravano fino a sera.

Durante la loro quotidiana passeggiata, ora nel parco cittadino, ora in campagna, quando Alberto guidava ancora, le aveva insegnato  a  riconoscere  fiori,  piante  e  arbusti;  a  distinguere  il canto degli uccelli e il verso degli animali. Una volta  l’aveva  portata  in  stazione:  si  erano  divertiti (entrambi  coprendosi  le  orecchie  con  le  mani)  a  veder  sfrecciare Italo o la Freccia Rossa e la bambina gli aveva detto che un giorno avrebbe preso quel treno.

“Allora, non ti vedrò più”.

“No, nonno. Io tornerò sempre da te”.

Alberto l’aveva stretta a sé e la malinconia era sparita. In un battito d’ali Marta era cresciuta: eccola immortalata in una fotografia con il suo grembiule bianco e il fiocco rosa, pronta per il suo primo giorno di scuola in Prima Elementare. Gli occhi verdi di Alberto erano brillanti, pieni di orgoglio e di amore. Aveva avuto proprio lui il privilegio di accompagnarla. 

Il  bidello,  ancora  oggi,  sarebbe  pronto  a  giurare  che  quel nonno aveva trascorso tutta la mattinata nei paraggi dell’Istituto. Adesso c’erano i compiti da fare, ma Alberto aveva un metodo  tutto  suo  per  rendere  più  agevole  e  divertente  l’apprendimento di Marta. Le chiedeva, tutte le volte, di dialogare con i nuovi elementi con cui veniva a contatto. Per esempio per imparare a scrivere e a leggere le faceva di- segnare un oggetto (casa, albero, treno) e le chiedeva di immaginare un dialogo con il soggetto che aveva raffigurato. Quando  gli  elementi  con  cui  la  bambina  voleva  interagire erano  due,  nonno  Alberto  interveniva  nel  dialogo  e  scriveva tutto quello che si dicevano. Marta ricopiava il testo e poi lo leggevano. Non era certo un metodo ortodosso e tanti pedagogisti, se lo avessero saputo, avrebbero gridato allo scandalo. Tuttavia Marta imparava e si divertiva.

Arrivò  il  momento  dell’autonomia  e  i  dialoghi  immaginari furono abbandonati. La  sua  materia  preferita  era  la  Storia;  diceva  che  era  tutto merito  del  nonno  e  della maniera  in  cui  le descriveva  i personaggi storici. Si innamorò di Carlo Magno: lo immaginava bellissimo e risplendente nella sua armatura, quando a soli 26 anni fu proclamato re dei Franchi, poi re dei Longobardi e infine primo imperatore dei Romani. Le sembrava quasi di vedere, proprio il giorno di Natale dell’800, papa Leone III in Vaticano nell’antica Basilica di San Pietro, mentre lo incoronava imperatore del Sacro Romano Impero.

Il nonno le aveva promesso che un giorno sarebbero saliti su uno di quei treni che tante volte avevano visto sfrecciare e l’avrebbe portata a scoprire le meraviglie di quella Basilica. In  seguito,  grazie  ad  Alessandro  Manzoni,  aveva  scoperto che il suo eroe aveva ripudiato Ermengarda per sposare un’al- tra. Una delusione cocente. A  nulla  erano  valsi  i  tentativi  del  nonno  di  giustificare  il comportamento  di  Carlo,  non  più  Magno  agli  occhi  di  Marta, con la ragion di Stato, il fine primario di ogni buon governante.

Per Marta le ragioni del cuore (viveva la fase adolescenziale dei primi innamoramenti) dovevano essere prioritarie. Fu la caduta di un mito. Marta comunque continuava a crescere sana e solida, circondata da un amore che la rendeva sempre più forte e sicura. Con il ginnasio arrivarono nuovi ideali: giustizia, pace, libertà, democrazia. Solone e Clistene divennero oggetto di appassionate discussioni con  nonno  Alberto, suo  interlocutore  preferito  e costante punto di riferimento.

Oggi Marta studia Storia all’università. Ha quasi ultimato il suo corso di studi. Nonno  Alberto  le  è  sempre  accanto  ma  adesso  è  lei  quella che racconta, quella che lo informa dei suoi progressi, delle sue ricerche. In particolare, dopo aver ascoltato un giorno la testimonianza  di  una  Grande  Ebrea,  Liliana  Segre,  ha  deciso  di  indagare sulle condizioni in cui vivevano le bambine nei lager; sulle privazioni sopportate; sulle violenze subite; sulla difficoltà e il disagio di gestire lo sviluppo femminile, di cui gli storici non par- lano; sui traumi riportati dalle donne superstiti.

Insomma  Marta  è diventata  una  donna  colta  e  gentile,  proprio come suo nonno. È lei che si occupa di tutto. Della casa, come della spesa. Se prima, ad esempio, era Alberto a cucinare per Marta, adesso è lei che cucina per lui. Tutto  procede  serenamente  fra  nonno  e nipote,  ignari  della tragedia  immane  che  sta  per  abbattersi  sull’uomo,  minuscolo corpuscolo dell’Universo. Da  qualche  mese,  infatti,  Alberto  non  esce  più;  Marta  solo per necessità. Dialoga  con i suoi professori  tramite  Skype, uno strumento di comunicazione inconsueto per il vecchio, inflazionato per la giovane.

Un silenzio surreale copre il mondo, tutto è fermo, tutto è di- ventato niente. Ogni cosa è come se fosse avvolta in una bolla, sospesa e così fragile da rischiare di scoppiare da un momento all’altro. Soprattutto le metropoli, Roma, Milano, Parigi, Londra, New York, le distese aree urbane cinesi e giapponesi, appaiano spettrali. I luoghi più piccoli e con un esiguo numero di abitanti sembrano definitivamente abbandonati. Un senso di smarrimento collettivo colpisce l’uomo che finalmente si rende conto di essere una piccola, impotente cosa.

Mentre lui è relegato in casa, l’erba si insinua tra il cemento di strade e marciapiedi. La natura si riappropria del maltolto. Il silenzio regna sovrano. Non si sentono più neppure le sirene delle ambulanze: non trovano alcun ostacolo sulla loro strada. Tacciono anche le campane delle Chiese. L’Italia e il mondo assistono tramite TV ai riti pasquali trasmessi in diretta dal Vaticano. Papa  Francesco,  con  la  sua  veste  bianca,  da  solo  in  Piazza San Pietro, avanza con passo malfermo ma con piglio deciso e celebra la Messa in un’atmosfera rarefatta e carica di emozione.