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Libri. Vince il Bancarella food. Il sistema del cibo è inquinato dal business

Antonio Amorosi

Sponsorizzazioni, business, chef e tv. Cosa nasconde il mondo del cibo. Lo racconta lo scrittore ristoratore Luca Farinotti

#Mondoristorante è il libro di Luca Farinotti, ristoratore e imprenditore parmense, che ha vinto il premio “Selezione Bancarella della cucina” al Salone del Libro di Torino. 

 

Farinotti, ormai i cuochi, la cucina e i programmi sul cibo sono ovunque. Non si sta esagerando, perdendo anche di credibilità, sono affari, intrattenimento e…

La ristorazione e il sistema del cibo contemporaneo è inquinato dal business e dalle sponsorizzazioni. E la ristorazione è in un momento storico privilegiato di visibilità e non vuole sottrarsi a questo business che manipola e distrugge tutto. Bisogna esserne consapevoli e realistici.Il mio libro è arrivato in finale perché scritto da un imprenditore del food che spiega come stanno le cose davvero. Il mio è un invito al lettore a diventare un consumatore consapevole sia rispetto alla ristorazione che al consumo in genere.

 

Cosa comporta questo sistema delle sponsorizzazioni?

Che si parla tanto di qualità ma poi nessuno va in concreto. In Italia le sponsorizzazione determinano i mercati. Accade che si azzittiscano tutti presi da questa morsa delle sponsorizzazioni. In un Paese normale puoi essere sponsorizzato da Nestlé e criticarla. In Italia non puoi. Altrimenti ti tagliano tutte le sponsorizzazioni. Anche i giornali stanno zitti, altrimenti gli sponsor non pagano più. Voglio dire... se anche le multinazionali sponsorizzano in alcuni casi eventi di Slow food che sarebbero i paladini di questo tipo di approccio… dico io… e li ritrovi come pigmalioni di Eataly... faccia lei un po' di conti di cosa significhi.

 

Il cittadino lavora tutto il giorno, è stritolato dalla burocrazia della società contemporanea, torna a casa la sera stremato e deve fare la spesa. Che fa? Che deve fare?

Non è una strada facile. Non ci sono scorciatoie. Il cittadino deve cercare di non impigrirsi e capire che il cibo è la cosa più importante che alimenta la sua vita e la sua salute. Deve cercare di comprare i prodotti veri venduti ai mercatini dai piccoli agricoltori che arrivano dalla montagna, bisogna guardare alla qualità, al virtuoso, conoscere, prendere l’acqua in vetro, ecc. .

 

Ho amici professionisti cuochi disgustati, dicono ‘mi sono rotto i c…...i di vedere la gente in tv che vende spazzatura, foraggiati da sponsor milionari, che raccontano storie che non esistono, è tutto finto e per allocchi, non è una cosa serie, basta, cambio mestiere’. Lei che risponde?

Fare il cuoco oggi è difficilissimo. Ma si ha un mandato. E’ quasi una vocazione. Ieri sera ho autografato ad un bambino il mio libro e mi ha detto che da grande vuole fare o lo chef o il calciatore. In questa risposta innocente c’è racchiuso tutto. Questi cuochi di cui parla lei sono proprio quelli che con più forza devono continuare a fare questo mestiere. La credibilità di questo lavoro si regge proprio sull’etica di persone come loro e non devono lasciarlo. Devono lottare tutti i giorni per divulgare i messaggi virtuosi e le materia prima alla gente, i piccoli produttori di qualità.

 

Però i piccoli produttori di qualità non hanno né visibilità né potere. Dal primo al 29 settembre Parma, la città dove lei vive ed ha le principali attività, diventa la capitale dei 'foodie', italiani e non solo. La città è dentro questo business del cibo?

Vero, non hanno nessun potere ma si stanno organizzando per distribuire le loro merci. Invece su Parma devo dire, si sarà capitale della cultura nel 2020 ma in città manca la voglia di fare vera cultura. L’80% della fatturazione della ristorazione a Parma è coperta da acquisti eseguiti presso la grande distribuzione. Nel senso che è tutto molto di facciata, per far brillare la superficie, ciò che finisce sui giornali ed è esteriore. Di tavoli di confronto dove si siano stabiliti dei valori e dei parametri di vera qualità del territorio non ce ne sono. Si guarda al business. Eppure di piccoli produttori virtuosi ne abbiamo che stanno dentro la scia di marchi mondiali come il parmigiano reggiano o il prosciutto di Parma, ma devono sottomettersi e farsi inglobare in questo sistema e nelle dinamiche industriali. Non dico che dobbiamo diventare tutti martiri e sputtanare il business ma si potrebbe mantenere i prodotti industriali e creare delle sovracategorie qualitative per chi vuol produrre in modo virtuoso, facendo qualità più alta del consorzio x. Resti nel consorzio e a te viene dato un simbolo di qualità in più. Ma questo invece non è possibile, non si fa.

 

Il denaro si sta mangiando il cibo?

Si da la colpa alle multinazionali che sono spietate, è vero, o al sistema della politica, ma bisogna insegnare al consumatore a come muoversi nel sistema del cibo. C’è una produzione del cibo di cui bisogna essere consapevoli. E’ il settore che fa più sponsorizzazioni in assoluto e quindi poi è difficile non farci i conti. Un prezzo salato che ci ritroviamo in tavola. Bisogna prendere consapevolezza che siamo addestrati a un certo modo di consumare e dobbiamo liberarcene.