Libri & Editori

Sovranismo sociale contro ortodossia Ue, diktat frugali e pareggio di bilancio

Nel nuovo libro di Aldo Di Lello debito pubblico, tagli alla spesa, pareggio di bilancio e governo Draghi: “Oltre destra e sinistra c’è il sovranismo sociale”

L'austerità di bilancio? Con quella "l'uomo non sarebbe mai andato sulla Luna". È il paradosso che sceglie Aldo Di Lello nel demolire quella che definisce l’“ideologia della penitenza” che domina i governi europei. E lo fa nel libro, in uscita il 10 giugno per Armando Editore, Sovranismo sociale - Il debito pubblico è solo un numero.

Il giornalista e saggista, per vent'anni capo delle pagine culturali del Secolo d'Italia e poi collaboratore culturale di Gianfranco Fini presidente della Camera, non ritiene affatto che il sovranismo, "che non è - dice all'Adnkronos - un'ideologia, bensì un movimento magmatico" abbia superato la sua fase culminante. Così come "non è vero che l'abbattimento del debito pubblico produce crescita" e lo dimostrano "decenni di tagli alla spesa sociale" che "hanno notevolmente ridotto la ricchezza degli italiani".

Di Lello sottolinea che l’“ossessione del pareggi” imposta dai governi ''frugali'' e dai banchieri dell'Eurozona ha prodotto "enormi devastazioni sociali" e "gli esorcismi lanciati contro il sovranismo nascono dalla cattiva coscienza delle classi dirigenti, che non sanno rispondere alla rabbia causata dall'austerity".

Non solo: a chi riduce il sovranismo alla “paura anti-migranti”, il libro indica proprio nella rabbia sociale l'origine della rivolta che ha terremotato la politica. Per l'autore, in realtà, "è una rivolta di lunga durata", che metterà sotto stress i governi anche in futuro. Il sovranismo sociale è lo sbocco naturale di questa ribellione".

Nel libro, inoltre, si analizza l'esecutivo Draghi: "Sbaglia chi ha creduto di vedere nel governo Draghi un duro colpo al sovranismo in Italia. Si tratta di un 'esecutivo di tregua' (fare da scudo all'aggressione di mercati ed eurocrati), non di svolta. Sarebbe un governo di svolta solo se il premier si proponesse, di concerto con altri leader europei, la modifica dei trattati Ue. Ma così non è. Né potrebbe essere, alla luce di ciò che Draghi rappresenta".

Di Lello non si tira indietro rispetto alle polemiche dell'immediata attualità e infatti replica così a chi gli cita la frase di Enrico Letta secondo cui "la risposta alla pandemia ha riportato in auge le istituzioni europee" e sostanzialmente votato alla sconfitta il sovranismo: "Il segretario del Pd secondo me sbaglia perché il Covid ha rilanciato l'indispensabilità dell'intervento pubblico in economia, che insieme alla sovranità monetaria, è un pilastro del sovranismo da ben prima del Covid. E poi l'Europa è intervenuto solo dopo asperrime polemiche mente i Paese cosiddetti 'frugali', in nome della religione dell'austerità, ci aspettano al varco...".

Il libro è diviso in tre parti. Nella prima, dal titolo L'aggressione, è ricostruita l'ascesa del neocapitalismo a trazione finanziaria. Ne sono denunciati effetti come lo "svuotamento della democrazia", la tendenza alla "frode" (i salvataggi bancari a danno dei cittadini), la "prevaricazione ideologica (delegittimazione delle idee di Stato e nazione)". Nella seconda parte, dal titolo La reazione, è descritta la rivolta contro le élite. L'identità nazionale è individuata come la cultura degli impoveriti della globalizzazione in contrapposizione al cosmopolitismo dei ceti privilegiati. Nella terza parte, dal titolo Il laboratorio, è lanciata la proposta di cancellare dalla Costituzione l'obbligo di pareggio di bilancio, "approvato nel 2012 da un Parlamento sotto il ricatto dei poteri globali".

Per Di Lello, "solo un arco trasversale di forze può realizzare un simile obiettivo. Al di là della destra e della sinistra c'è il sovranismo sociale", sottolinea, ribadendo che proprio le scelte che si vanno profilando anche negli Usa e nel Regno Unito in particolare con l'intervento pubblico in economia, oltre alla sovranità monetaria, "vanno proprio nella direzione del sovranismo sociale che, sì, si sposa bene con un neo-keynesismo, anche se, com'è evidente, nessuno può pensare ad un puro e semplice ritorno al passato delle politiche interventiste post-belliche".

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