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Alessio Figalli: c'è chi contesta l'italianità della vittoria

Alessio Figalli, dopo 44 anni, ha riportato in Italia la medaglia Fields, che è l’equivalente del Nobel per la matematica.

Figalli si occupa di problemi di ottimizzazione, e cioè cerca quelle configurazioni che a parità di altri parametri significativi, garantiscano valori minimi, ad esempio ai volumi geometrici, ma anche con applicazioni pratiche nella teoria dei trasporti.

Figalli, dopo la laurea alla Normale di Pisa, insegna al famoso Politecnico di Zurigo, dove fu allievo lo stesso Albert Einstein.

Questa vittoria ha riempito giustamente di orgoglio l’Italia, ma ciò ha provocato, in un Paese masochista come il nostro, anche qualche acidità di stomaco.

E il tema del contendere è stato il nazionalismo. In un periodo di ritorno di lustro per l’Italia, dopo diversi decenni di zerbinaggio politico e culturale, non è piaciuto ad alcuni supposti “progressisti” siti in area di sinistra. E così c’è chi ha avuto una reazione scomposta e infastidita, come il quotidiano online Next, diretto da Alessandro D’Amato, che ci spiega compiaciuto in un articolo di tal Michele Boldrin perché “la vittoria di Figalli non è italiana” e come il “patriottismo sia una stronzata (sic) primitiva”.

È incredibile a che livelli possa arrivare l’anti-italianità e il tafazzismo militante, una sindrome che ci ha ampiamente caratterizzato nel passato. L’autore ci vuole fare intendere che l’Italia (Paese dove il matematico ha studiato e si è laureato) non c’entra niente con la prestigiosa vittoria e che è orribile che quelli che ce l’hanno con i migranti osino gloriarsi del successo perché il nazionalismo è una brutta bestia. Come diceva Leonardo Sciascia ci sono i professionisti dell’antimafia ed ora abbiamo anche quelli dell’anti-italianità.

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