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Clearbox, neanche l'IA può sfuggire alla peste del politicamente corretto

Di Giuseppe Vatinno

A Torino nasce una startup che promette di donare l'etica al trend tech del momento: l'intelligenza artificiale. Un nuovo esempio del nostro mondo alla rovescia

Nasce a Torino la startup Clearbox Ai. Neanche l'intelligenza artificiale può sfuggire alla peste del XXI secolo

C’è tutto un mondo un po’ fighetto che ruota intorno alle startup e al mito della Silicon Valley. A sentire loro, in un certo periodo, c’era una startup per tutto. Volete andare di corpo regolarmente? C’è un App fatta da una startup. Volete lavarvi i denti? C’è l’App apposita che vi dice come maneggiare lo spazzolino. Volete fare l’amore? C’è l’App che vi dice esattamente i passi da seguire a partire dal primo: “levatevi le mutande”. E così via.

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Poi si è scoperto che spesso le startup sono piuttosto delle banalità ed una moda che poco o niente risolvono i problemi della gente. Un fiume di parole in un mare di mirabolanti promesse. Adesso è arrivata a Torino anche una startup che analizza gli algoritmi per eliminare “stereotipi e pregiudizi radicati” dalla Intelligenza Artificiale.

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La capa della startup è una ingegnera indiana, Shalini Kurapati, che ha vinto, naturalmente, la “Women & Sustainability Fintech Competition” che non si sa bene cosa sia ma suona fico e soprattutto radical chic. Ha fondato Clearbox Ai che si propone di “sfruttare la potenza dell’intelligenza artificiale in modo responsabile”. “Responsabile” naturalmente vuol dire Politically Correct. È entrata nel nuovo programma pilota UE “destinato a supportare startup a elevato contenuto tecnologico guidato da donne”.