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Coronavirus, più digitalizzazione nella supply chain delle imprese italiane

di Vincenzo Caccioppoli

Digitalizzazione ed innovazione nelle imprese italiane, un processo auspicato ma ancora lontano dagli altri paesi europei

La pandemia da COVID-19 ha messo sotto stress gran parte delle circa 157 mila piccole e medie aziende, che compongono il 93% del tessuto imprenditoriale italiano. Un trend di crescita negativo, che si era già evidenziato nel 2018 e nel 2019 e che ha determinato per il nostro paese tassi di crescita sempre inferiori al resto di Europa.

Ritardo della digitalizzazione in Italia

Le motivazioni sono tante, non ultima come da tempo si dice un indiscutibile ritardo delle imprese italiane nel processo di digitalizzazione ed innovazione nei loro processi produttivi. Il lockdown susseguente alla pandemia per contenere il contagio, con il fermo quasi totale di ogni attività non ha fatto altro che peggiorare il quadro, ed evidenziare ancora di piu come la tecnologia e il digitale siano destinati a diventare componenti sempre più fondamentali per lo sviluppo delle imprese.

Solo tra il 10 e il 20 marzo la spesa per beni essenziali attraverso i canali digitali è cresciuta del 200% (Fonte: Q1 Shopping Index di Salesforce). La scelta di esporsi anche online, potenziando i canali di e-commerce, ha consentito a diverse piccole imprese di fidelizzare i clienti più abituali, ma anche di acquisirne dei nuovi, grazie alla possibilità di rivolgersi a milioni di utenti collegati da casa. Le tecnologie digitali sono un potente alleato per proseguire l’attività aziendale da remoto in una situazione in cui gli accessi a uffici e impianti produttivi sono limitati. Ma la maggior parte delle PMI italiane sono ancora arretrate: poche le realtà che hanno sistemi informativi e repository di dati integrati accessibili in luoghi esterni all’azienda.

Innovazione digitale nelle Pmi

Secondo l’ultima analisi del Politecnico di Milano sul innovazione e digitale, solo 3 PMI su 10 (30%) fa uso di piattaforme gestite in cloud, mentre la diffusione di sistemi ERP non arriva alla metà delle realtà. Secondo gli analisti del Politecnico di Milano, meno della metà delle PMI italiane (45%) investe nella digitalizzazione. I budget sono pari a meno dell’1% del fatturato. Questo fa si che il nostro paese, secondo il recente studio Desi della commissione Europea, risulti agli ultimi posti in Europa in quanto a digitalizzazione delle imprese.

Un altro elemento critico emerso nella Fase 1 e nella Fase 2 è la digitalizzazione dei processi di approvvigionamento. Intervistati durante il lockdown da ADACI, (associazione degli acquisti e Supply managment), i principali direttori degli uffici acquisti italiani hanno espresso le loro opinioni sulle priorità che le aziende dovrebbero seguire per superare questa crisi. Per quasi 6 manager su 10 (55%) al primo posto c’è la riduzione dei costi e l’aumento dell’efficienza, seguiti a ruota dalla volontà di rendere i processi più agili. Per 4 manager su 10 (40%) migliorare la gestione dei fornitori sarà un asset chiave.

Gli acquisti, infatti, costituiscono una delle voci di bilancio più rilevanti per le aziende, sempre più propense al buy rispetto al make. Le PMI italiane, che generano il 60% del transato B2B, ancora non hanno colto la strategicità di sistematizzare i processi di approvvigionamento per ripensare in chiave digitale il modo in cui l’organizzazione funziona e si relaziona con i partner di business.

Nelle Pmi la digitalizzazione diventa essenziale

Garantire certezza e sicurezza dei dati relativi alla spesa e ai fornitori, il tutto in modo conforme agli obblighi normativi, è possibile solo utilizzando strumenti automatizzati che consentono, per altro, un rapido riallineamento in caso di obiettivi mancati dando la giusta evidenza in merito a scostamenti e anomalie. Ecco allora che la digitalizzazione in uno scenario assai incerto come quello attuale, diventa una esigenza quasi imprescindibile per le Pmi, ma anche per lo stesso settore pubblico.

Gli analisti del Politecnico di Milano, in base allo studio dei vari comparti, hanno stimato risparmi, con l’utilizzo di digitalizzazione di alcuni processi come l’eprocurement nella catena degli approvvigionamenti, nell’ordine dell’84% nell’ambito del settore materiali edili al 67% del farmaceutico, passando dall’82% nei settori materiali elettrici e largo consumo, all’80% nella produzione di elettrodomestici. Proprio di eprocurement e della sua utilità per i processi di acquisto delle aziende. Se ne è parlato in un recente webinar organizzato da Jaggaer, il più grande provider indipendente in soluzioni per lo Spend Managment, a livello mondiale, con una rete di 4 milioni di fornitori in 70 paesi del mondo, e con la partecipazione di Chiesi Farmaceutici dal titolo “ Gestione dei fornitori: fattore chiave di successo per l’oggi e il domani”.

“La mitigazione dei rischi della catena di fornitura è un tema chiave per il mondo farmaceutico” commenta Mario Messuri, General Manager Italy e VP South Europe di JAGGAER. “Al centro si pone la compliance dei fornitori rispetto ad obiettivi di sostenibilità e governance: tutti aspetti che solo una visione completa e accurata del procurement può assicurare.

Non è più possibile rimandare: l’esperienza di queste settimane ha ancora una volta dimostrato quanto la digitalizzazione di dati e processi di acquisto non sia più un nice to have, ma una reale necessità. E non basta digitalizzare i processi in essere: vanno ripensati come nativamente digitali, alla luce delle enormi potenzialità di analisi sempre più accurate e predittive dei dati a cui i nuovi sistemi di e-procurement consentono di attingere”.

Tra le aziende che hanno scelto di approfondire questi aspetti, al webinair era presente Chiesi Farmaceutici, un’impresa italiana che investe ogni anno in R&D circa il 22% del proprio fatturato. Chiesi ha optato per una soluzione di Vendor Management evoluta, attraverso un progetto incrementale, estendendo progressivamente la soluzione sia in termini territoriali – dal perimetro Italia al coinvolgimento delle altre 29 filiali – sia nelle categorie di fornitura, dagli indiretti agli acquisti industriali. Il tutto in coerenza con il progetto di certificazione di sostenibilità globale B Corp che ha ottenuto nel Maggio 2019 come primo grande gruppo farmaceutico al mondo.

Chiesi non poteva prescindere dall’analisi delle categorie merceologiche, in ottica B Corp, preservando la criticità della categoria e la mole di informazioni da manutenere nel tempo. “Il futuro del processo di acquisti dopo la pandemia sarà rigorosamente digitale: l’eProcurement ha il vantaggio di automatizzare e formalizzare la gestione dei contratti di fornitura, integrando un sistema di monitoraggio del rischio in un unico ambiente online.

Il futuro del procurement è già qui ed è focalizzato su piattaforme strategiche di gestione dei fornitori che supportano i processi di acquisto in modo intelligente, strutturato, sicuro ed economicamente funzionale. E domani, grazie allo sviluppo ulteriore in Intelligenza Artificiale e Advanced Analytics, le attività operative saranno completamente automatizzate e le decisioni supportate dalla disponibilità di informazioni sempre più accurate”. Ha affermato Mario Messuri, confidando che la pandemia di Covid possa determinare una naturale accelerazione nella digitalizzazione ed innovazione da parte delle imprese, processo da sempre auspicato ma che ancora deve scontare ritardi rispetto a paesi europei ben più avanzati del nostro in questo senso.