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Gianni Minà e quelle facce piene di pugni, l'ultima chiacchierata con il giornalista

L'ultima intervista a Gianni Minà tratta da libro di Virginia Perini e Federica Guglielmini "A corta distanza"

Quello che si potrebbe chiamare, ma solo in gran sintesi, un’altra delle grandi passioni (nel senso di interesse e conoscenza) di Gianni Minà oltre il pugilato è il vasto, vastissimo mondo dell’America Latina, di cui è per certi versi narratore. Dalla famosa intervista a Fidel Castro, un documento unico non solo per il contenuto narrato ma anche per l’atmosfera intima che si venne a creare durante la “chiacchierata” alla fatidica domanda rivolta a David Alfaros Siqueiros, la leggenda della pittura murale messicana dalla cui testa non era mai stato del tutto rimosso il sospetto di aver organizzato, su ordine di Stalin, un primo tentativo di omicidio di Trotsky (la risposta fu no, che non l’aveva ucciso).

Ma tra tutte queste esperienze “vince” «l’aver conosciuto Rigoberta Menchù Premio Nobel per la pace nel 1992 e averla accompagnata nella visita ai campi profughi della sua gente, tra il Guatemala e il Messico; o aver incontrato il sub comandante Marcos, che intervistai con Manuel Vazques Montalban. Poi certo aver conosciuto Fidel Castro. Alla fine di una intervista che ci impegnò per sedici ore, dalle due del pomeriggio di domenica 28 giugno 1987 alle cinque del mattino del lunedì seguente, Fidel Castro paragonò il lavoro da noi svolto a quello di due operai dell’informazione e concluse con ironia: “Non so se questo è un record mondiale, ma sedici ore filate di dialogo con un giornalista televisivo, per quanto mi riguarda, rappresentano un primato almeno dei Caraibi”».

Ci sono poi, soprattutto, motivi personali a legarlo a quelle terre oltreoceano: "Mia figlia Marianna vive a Città del Messico da quando era piccola". E, in effetti, c’è qualcosa di ancestrale che lega quella infinitamente fascinosa terra del sud all’arte della lotta sul ring.