MediaTech

L'Espresso, parla l'ex vice di Damilano: "Agnelli? Meno furbi di Berlusconi"

L'amaro post su Facebook dell'ex vicedirettore dell'Espresso racconta la parabola discendente del settimanale appena acquisito da Danilo Iervolino

Lui guardò distrattamente il mio curriculum e fu incuriosito dai quattro anni alla direzione di un mensile: "Ah lei ha fatto Gulliver. E cosa ne pensa del nostro Viaggi, l'allegato a Repubblica?", mi chiese. Ora, l'allegato in questione era abbastanza pessimo. Con le foto degli uffici stampa, nessun inviato, pezzi scopiazzati dalle guide turistiche, per non dire delle marchette. Ero imbarazzatissimo. Me la cavai con un codardo «Beh, secondo me ci sono margini di miglioramento». E lui: "Ma no! Dica pure che l'abbiamo fatto alla cazzo di cane!". E giù a sghignazzare.

Insomma, decisamente non era il tipo che intimidiva. Il resto del colloquio fu un cazzeggio a ruota libera, con qualche bel ricordo suo di quando era stato partigiano. O di quando un'estate su un taxi accaldato passò per caso da Melito, e lui mezzo addormentato vide il cartello e sobbalzò, «ma io sono il principe di Melito!», e il taxista preoccupato: «Dottò, le accendo l'aria condizionata eh?». Comunque, mi sono sentito accolto. E in una bella squadra.

E sempre più in una bella squadra mi sono sentito pochi giorni dopo, alla festa di Natale in via Po. Che lo stesso Caracciolo faceva ogni anno, ma per me era la prima volta. Nel conoscere i colleghi, avevo la percezione di essere a bordo di quella che Scalfari chiamava “vascello pirata”. Dove noi marinai di vario grado venivamo da tutte le sinistre possibili - liberali o comuniste, moderate o extraparlamentari, laiche o cattoliche e così via - ma eravamo tutti parte di uno stesso progetto, libero e non impaurito da nessun potere politico o economico.

Non voglio raccontare un quadro idilliaco. I cazzi amari poi c'erano, come dappertutto. Così come i brutti ceffi, le guerre di scrivania, le ambizioni personali, le vanità (quelle non mancano mai, nel nostro mestiere di narcisi frustrati, almeno fino a una certa età). Eppure idilliaco sembra, al confronto con quello che è successo poi, senza che questo sia uno scherzo della memoria.