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L'Ue incoraggia i vari Brexit. Il nuovo spunto viene dal "Diritto all'Oblio"
Dom Serafini
Ai giorni nostri la gente puó andare liberamente in biblioteca per cercare notizie su di una persona, ma non puó farlo online
Ai giorni nostri la gente puó andare liberamente in biblioteca per cercare notizie su di una persona, ma non puó farlo online. Questo grazie ad un'altra idiozia dei burocrati europei, quella del "diritto all'oblio", meglio tradotto dall'inglese come "diritto ad essere dimenticati". In pratica non si puó piú verificare la fedina penale di un potenziale impegato o badante. Oggi un qualsiasi pericolo pubblico puó richiedere di avere i suoi misfatti cancellati dai siti web perché li umiliano, oppure perché sono informazioni vecchie e non piú d'interesse pubblico. In questo caso sono gli stessi malefattori a decidere ció che é nell'interesse pubblico.
In precedenza, l'Ue aveva creato una legge sulla privacy che ha aiutato i politici corrotti a proteggere le loro attivitá illecite, in barba al "diritto di sapere dei cittadini".
Sembra che i burocrati dell'Ue stiano facendo gli straordinari per incoraggiare ulteriori membri dell'Unione ad uscirne. Basta vedere come stanno trattando la redistribuzione dei migranti (non la trattano) o la loro intransigenza verso il rigore fiscale (che impedisce lo sviluppo economico), senza parlare poi della creazione dei paradisi fiscali in Olanda, Lussemburgo, Cipro, Malta e Irlanda, a discapito di tutti gli altri membri.
Tornando all'ultimo colpo di genio della Ue, il "Diritto all'Oblio" é entrato in vigore nel maggio 2018 e anche il "New York Times", apologeta del "Political Correct Police Force" (reminiscente del Ministero della Cultura Popolare nell'epoca fascista, tanto caro ai radical chic), ne ha dimostrato il pericolo con un articolo in prima pagina da Pescara dello scorso settembre, usando frasi del tipo "curtailment of free press" e "news can now have expiration date" ("limitazioni alla libertá di stampa" e "ora le notizie hanno una data di scandenza").
Come esempio, il "Times" (nella foto) ha preso in esame l'esperienza di Alessandro Biancardi di Pescara, direttore del giornale online "Prima da Noi", che si occupava di riferire, tra le altre cose, casi di corruzione e arresti. Nel 2011 "Prima da Noi" fu il primo sito in Italia a ricevere l'ordine da un tribunale di rimuovere una notizia vera e verificata impugnando il concetto del "Diritto all'Oblio", addirittura prima che questo entrasse ufficialmente in vigore.
A questa richiesta del tribunale Biancardi fece seguito con un articolo sull'ordine ricevuto che, a sua volta, spinse altri 240 personaggi che "Prima da Noi" aveva trattato, a richiedere di essere rimossi dal sito.
Per essere rimosso, uno di questi personaggi (il cui resoconto apparso su "Prima da Noi" era stato ottenuto dalla Questura) ha portato Biancardi in tribunale, il quale ha ordinato di rimuovere l'articolo e di pagare 10.000 euro all'offeso. Il ricorso alla corte d'appello non fu accettato e, dopo una spesa di 50.000 euro tra parcelle di avvocati e multe, a settembre del 2018, dopo 13 anni di pubblicazione, Biancardi é stato costretto a chiudere "Prima da Noi". Da notare che motori di ricerca come Google, che guadagnano anche con i contenuti dei giornali online, continuano a prosperare.