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Marco Travaglio, il finto sinistro. Conservatore di destra e liberale

Di Giuseppe Vatinno

Quando Berlusconi lo allontanò da Il Giornale, insieme a Montanelli, si riciclò con Repubblica e l’Unità

Travaglio è un conservatore di destra, un liberale ottocentesco puntuto, acido e irascibile.

Nel 1992 cominciò a flirtare con Repubblica che Travaglio utilizzò per fare pressione su Montanelli ed essere così assunto a Il Giornale e così fu, dopo una memorabile scenata in redazione. In seguito Travaglio confermerà che stava per entrare in Repubblica sebbene non condividesse la sua linea a sinistra ma che Montanelli non voleva prenderlo e così forzò la vicenda. Insomma, come si vede, una storia di Grandi Ideali.

Vittorio Feltri si è spesso scontrato con Travaglio su questa vicenda accusandolo di opportunismo.

Nel 1994 Travaglio lasciò Il Giornale e seguì Montanelli a La Voce e lì conobbe Enzo Biagi che lo fece collaborare al programma televisivo Il Fatto su Rai Uno che ispirò poi la denominazione de Il Fatto Quotidiano ed anche il suo logo fatto dallo strillone stilizzato.

Il punto chiave della vicenda è proprio questo.

Travaglio lascia Il Giornale perché Montanelli litiga con Berlusconi, dopo che Travaglio aveva a sua volta litigato con Montanelli per farsi assumere.

Prima di questo evento Travaglio è un amorevole e devotissimo ammiratore del Cavaliere che gli consente di sbarcare il lunario.

Poi, quando avviene il fattaccio, Berlusconi diviene la somma di tutti i mali, la sentina della melma del mondo.

E si consideri che il Cavaliere era allora considerato da Travaglio il paladino del conservatorismo contro la sinistra, insomma il suo idolo.

Questo però non gli impedirà, chiusa La Voce nel 1995, di essere addirittura assunto nel 1998 a all’odiata Repubblica come cronista giudiziario.

Dal 2002 lo troviamo poi il destro Travaglio addirittura a l’Unità, dove rimarrà fino al 2009, anno in cui fonda Il Fatto Quotidiano. Quando si dice la coerenza. Il resto storia recente, cioè cronaca.

Insomma, quello che emerge dalla sua carriera giornalistica è che Travaglio ha sempre fatto quello che più gli conveniva dal punto di vista economico, arrivando addirittura a passare alla sponda opposta.

Lui, uomo di destra, ha scritto per Repubblica e l’Unità, i baluardi estremi della sinistra italiana.

Ma il tutto origina, lo ripetiamo, dalla rottura tra Montanelli e Berlusconi.

La stessa vicenda di Vittorio Feltri che però seguì, coerentemente, il Cavaliere e non Montanelli.

Chi non sa questa storia pensa ingenuamente ad un Travaglio di sinistra giustizialista, ma Travaglio è solo uno che ha cambiato casacca ideologica per convenienza.

Il giornalista torinese giurò al Cavaliere di fargliela pagare quella uscita da Il Giornale a seguito di Montanelli.

Altro che motivi ideali, altro che lotta al Caimano. Travaglio ha condotto e conduce ancora adesso solo una battaglia personale contro chi gli aveva fatto perdere il lavoro e paradossalmente glielo ha fatto riperdere di nuovo con la sua scomparsa.

Perché Travaglio senza Berlusconi è il niente.

Ha cercato bersagli alternativi, come Matteo Renzi, ma solo l’odio atavico per chi lo costrinse a lasciare Il Giornale ha potuto fornire il carburante al suo veleno.