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Addio a David Lynch, il maestro del sogno e del terrore

Lynch è stato molto più di un regista. Era un poeta del surreale, un pittore di emozioni deformate, un musicista delle immagini

di Marco Scotti

Morto il regista americano David Lynch, mondo del cinema in lutto

Ci sono musiche che non hanno bisogno di immagini per evocare un mondo. Bastano le prime note del tema di Twin Peaks composto da Angelo Badalamenti, e il cuore di chi è nato negli anni ’80 – ma non solo – torna a battere più forte. La melodia si insinua come una nebbia: dolce, inquietante, sospesa. È il biglietto d’ingresso in una dimensione parallela, dove il quotidiano si sposa con l’assurdo e la malinconia diventa arte. Una dimensione che oggi piangiamo, perché il suo creatore, David Lynch, ci ha lasciato.

Lynch è stato molto più di un regista. Era un poeta del surreale, un pittore di emozioni deformate, un musicista delle immagini. Con lui, il cinema ha scoperto che non c’è bisogno di risposte, che le domande sono spesso più interessanti. In un’epoca in cui il pubblico chiede narrazioni rassicuranti e finali chiari, Lynch ci ha insegnato a guardare oltre, a perderci nei meandri di una strada oscura come quella di Mulholland Drive, a lasciarci consumare dal desiderio assoluto di Cuore Selvaggio, o a tremare davanti al volto deformato di Eraserhead.

E poi c’era Twin Peaks. Chi ha vissuto quegli anni non può dimenticare l’interrogativo che ci ha tormentato per mesi: Chi ha ucciso Laura Palmer? Ma sotto quella superficie da thriller si nascondeva molto di più: la provincia americana con i suoi segreti, la bellezza tragica di chi vive una vita che non è la propria, il male che si nasconde dietro un sorriso. E quel male aveva un volto: Bob, il mostro senza maschera, la paura fatta carne. Lynch ha dato forma alle nostre ansie più profonde, e lo ha fatto con un’eleganza che oggi sembra appartenere a un’altra epoca.

Non era solo un maestro del cinema: era anche un artigiano, un uomo che amava sporcarsi le mani con i suoi progetti, che parlava di elettricità come di una forza vitale e misteriosa. Era un artista completo, capace di creare universi che sembrano fatti per essere visitati nei sogni. E, come nei sogni, non c’è logica da cercare: solo sensazioni da vivere.

La sua morte lascia un vuoto immenso. Perché in un mondo sempre più dominato dalla logica e dalla razionalità, Lynch ci ricordava che l’assurdo è parte della vita, che c’è poesia nell’inspiegabile, che il cinema – come la musica – è emozione pura.

E allora, mentre ci chiediamo chi raccoglierà la sua eredità, possiamo solo accendere una candela, ascoltare quel tema di Twin Peaks, e lasciarci trasportare. Addio, David Lynch. Ci hai insegnato che i sogni possono essere belli, spaventosi, ma soprattutto veri. E per questo, ti dobbiamo tutto.