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Repubblica, nuova caduta di stile: scrive de La Piazza ma non cita Affari
Una caduta di stile che ormai è all’ordine del giorno da parte del giornale degli Agnelli
Il caso Vannacci su tutti i giornali, ma Repubblica definisce Affaritaliani nell'occhiello del pezzo "un giornale online"
Diceva il premio Nobel per la letteratura Heinrich Böll che “Nell'esercizio anche del più umile dei mestieri lo stile è un fatto decisivo”. Il giornalismo, non fa eccezione. Succede dunque che dopo una imperscrutabile e incomprensibile giravolta, il generale Vannacci decide di non partecipare alla kermesse La Piazza organizzata da Affaritaliani. Contento lui, si direbbe, ma non è questo il punto.
La cosa importante è che La Piazza e Affaritaliani vanno a braccetto e che la manifestazione è figlia del primo giornale online (riconosciuto dai manuali universitari come tale), ben prima di Repubblica, e della sua esperienza quasi trentennale.
Fare finta di ignorare questo rapporto è quasi comico. Invece ci riesce Repubblica che dà conto della rinuncia del generale, ma nell’occhiello scrive che La Piazza è la kermesse “di un giornale online” senza citare quale. Siamo alle comiche.
Affaritaliani ha introdotto il giornalismo italiano nel web e il web nel giornalismo italiano ed è noto per questo. Che cos'è quella di Repubblica? Invidia? O è semplicemente ignoranza di chi scrive senza sapere che cos'è Affaritaliani come sanno, invece, milioni e milioni di persone?
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Ricorda la prima pagina del Corriere che, in occasione dell’attentato a Indro Montanelli, titolò parlando di “un direttore” senza rendere evidente il nome del grande giornalista. Allora c’era la faida in Via Solferino. E oggi? A che cosa si deve l’assenza del nome di Affaritaliani dall’occhiello di Repubblica. Azzardiamo: un pizzico di invidia?
Non è certo pronunciando il nome del nostro quotidiano che si sarebbe sporcata la sua immagine immacolata. Una caduta di stile che purtroppo è ormai all’ordine del giorno, se si pensa che solo negli ultimi sei mesi abbiamo dovuto rammaricarci del comportamento deontologicamente scorretto del giornale degli Agnelli, che prende “in prestito” le notizie ma sì guarda bene dal citare. La testata guidata da Maurizio Molinari prosegue in questo suo nuovo corso in cui si prende ma non sì dà, e non si riconosce agli altri il giusto valore.
D’altronde, giusto un mese fa eravamo tutti, attoniti, costretti a commentare l’orrendo editoriale di Alain Elkann sui lanzichenecchi e il treno per Foggia. “Ovvove” diceva il papà dell’editore, dei ragazzi prendono il treno in prima classe, dove andremo a finire signora mia.
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Del resto, il crollo delle vendite è lì a testimoniare che dietro il birignao ormai dello storico giornale fondato da Eugenio Scalfari è rimasto ben poco. Un vero peccato per il mondo dell’informazione che ha bisogno di interpreti sani, vigorosi e autorevoli. Ma anche, sempre, leali.