MediaTech

Streaming, piattaforme verso il business della pubblicità

Cresce il numero dei big che offre piattaforme Avod di contenuti in streaming

Da Netflix a Prime Video, finora le piattaforme di streaming, con il loro sistema di abbonamenti pay, non hanno manifestato alcun interesse a spostarsi sul business della pubblicità, mantenendosi quindi su un piano differente rispetto ai broadcaster televisivi tradizionali, i quali con il loro modello di ricavi basato sulla raccolta pubblicitaria sono abituati a competere con Google o  Facebook. 


Osservando però le ultime mosse dei colossi, riporta Italia Oggi, la 'tregua armata' potrebbe interrompersi in un futuro non troppo lontano. Sono sempre più numerosi, infatti, i big che iniziano a offrire piattaforme Avod (advertising video on demand) di contenuti in streaming, finanziate quindi dalla pubblicità. Italia Oggi cita per esempio Chili, Rakuten, Peacock del colosso Nbc (con una offerta gratuita e con pubblicità, e una a pagamento), Hulu basic (gruppo Disney, con una offerta a 5,99 dollari al mese con pubblicità, una a 11,99 dollari senza pubblicità, e un'altra a 54,99 dollari più ricca e con eventi live), Tubi (gratis, del gruppo Fox corporation, che non ha nulla a che fare con la 21st Century Fox passata a Disney), Pluto tv (gratis, di ViacomCbs), Cbs all access, che tra qualche settimana farà un rebranding e diventerà Paramount+, Hbo Max (WarnerMedia) che nel secondo trimestre del 2021 lancerà la sua offerta a prezzi di abbonamento molto bassi ma con pubblicità. La stessa Netflix, per bocca del suo fondatore Reed Hastings, ha sottolineato che la sua attuale rinuncia alla raccolta pubblicitaria è dovuta a semplici ragioni di business, in quanto al momento non dispone della giusta strategia di concorrenza a Google o Facebook, che attualmente guidano l'intero advertising digitale. 


Se le piattaforme di streaming a pagamento dovessero in massa spostarsi anche sul business della pubblicità però, conclude Italia Oggi, sarebbero numerosi i gruppi televisivi a essere messi in crisi, nel caso italiano per esempio Rai, Mediaset, Sky e Discovery in primis. Il target pregiato e giovane delle piattaforme sarebbe infatti il più appetibile per le aziende.