Medicina

Calo della fertilità, è boom in Italia. Dallo smog allo stress: cosa succede

Di Monica Camozzi

Le ricerche del dottor Montano confermano uno studio internazionale: la riduzione del numero degli spermatozoi è un fenomeno in accelerazione

Il calo della fertilità nei Paesi occidentali sta diventano un problema di "salute pubblica". Lo scenario 

2050-70 ultimo spermatozoo? Internazionale aveva titolato un pezzo così tempo fa sulla base di diversi lavori dal 1940 al 2011 che mostravano una riduzione del numero degli spermatozoi da 113 Mil/ml a 47 Mil/ml nei paesi occidentali. E ora uno studio di novembre 2022 conferma che non si trattava di una esagerazione: il calo della fertilità riscontrato in maniera netta nei paesi occidentali interessa anche i paesi una volta ritenuti ad alta fecondità, come Asia, Africa, Sudamerica.

A livello globale, fra il 1973 e il 2018, vi è stata una riduzione del 51.6% del numero degli spermatozoi. Ma il dato più preoccupante è l’accelerazione che il fenomeno ha subito negli ultimi 20 anni. Tanto che  gli scienziati, alla fine dello studio dal titolo "Temporal trends in sperm count: a systematic review and meta-regression analysis", tradotto in "Tendenze temporali nel conteggio degli spermatozoi: una revisione sistematica e un'analisi di meta-regressione", pubblicato sul portale online della National Center for Biotechnology Information americana, parlano di “un problema di salute pubblica” chiedendo un intervento di natura politica, non solo clinica. 

Ma qui in Italia qualcuno ha compiuto questa analisi con una profondità unica a livello planetario. Luigi Montano, urologo e andrologo dell’Asl di Salerno, coordinatore del progetto EcoFoodFertility e presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana, ha svolto una ricerca capillare partita dalla cosiddetta "Terra dei Fuochi" in Campania, che si è estesa in diverse aree di Italia: la zona di Brescia-Caffaro, Valle del Sacco (Frusinate), Taranto, Modena e Vicenza.  

L’unicità della ricerca di Montano si basa su un sistema integrato di biomonitoraggio umano che analizza oltre al sangue e urine, in particolare, il seme maschile che risulta essere un indicatore particolarmente sensibile e precoce di esposizione ambientale e indicatore anche di salute generale, non a caso definito "sentinella della salute ambientale e generale". Inoltre i soggetti reclutati - in gergo scientifico dette coorti- sono giovanissimi maschi sani, omogenei per età, per indici di massa corporea, non fumatori, non bevitori abituali residenti nelle zone maggiormente inquinate. Risultato: un calo drastico della fertilità in età precoce, valore decisamente preoccupante perché riferito a giovani selezionati con rigidi criteri per mantenere l'omogeneità fra le coorti. 

“Già  nei primi studi di confronto con aree sane (zona controllo Valle del Sele e Cilento)  avevamo evidenziato differenze rispetto alla Terra dei Fuochi. Solo il fatto di vivere in aree ad alto impatto ambientale implica un rischio, a prescindere  dagli stili di vita e i contaminanti (pesticidi, idrocarburi policilici aromatici, policlorobifenili, diossine, ftalati, Pfas, metalli pesanti) possono agire in sinergia fra loro. “Gran parte dei contaminanti hanno azione anti-androgena -spiega Montano - e ciò può comportare una bassa qualità del liquido seminale, una riduzione del volume testicolare e della distanza ano genitale, nonché pene più piccolo”.