Medicina
Prader-Willi, malattia che cambia la vita ma che adesso si puo’ affrontare
Sandoz e Fondazione Istud in uno studio di medicina narrativa. Intervista a Paolo Fedeli,MD di Sandoz
Una diagnosi che stravolge la vita di tutta una famiglia, riscrivendo le abitudini fuori e dentro le mura di casa. Genitori costretti a cambiare lavoro, se non addirittura a lasciarlo; nuclei familiari isolati, a volte obbligati a pagare di tasca propria per interventi fondamentali per la qualità di vita dei loro figli. Della malattia e della difficoltà quotidiane di chi convive con una diagnosi di sindrome di Prader-Willi si parla poco, soprattutto in questi mesi di emergenza sanitaria. Ma sono proprio i più fragili a soffrire di più, e non si può lasciarli indietro, come dimostra il primo studio di medicina narrativa mai effettuato su questa patologia condotto da Fondazione ISTUD e promosso da Sandoz, “PRAXIS: Prader-Willi Excellence in Care with Story Taking”, pubblicato su BMJ Open. Una fotografia che mette in luce le difficoltà ma indica anche le possibili soluzioni: un percorso di cura gestito da un’équipe multidisciplinare e l’organizzazione di attività sportive e sociali.
La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara che colpisce circa 1 bambino ogni 10-30 mila nascite. È una malattia che si manifesta in maniera diversa da bambino a bambino, ma in cui è possibile identificare dei tratti comuni, spiega Graziano Grugni dell’Istituto Auxologico Italiano, Ospedale di Piancavallo (VB): “Le alterazioni genetiche alla base della sindrome causano inizialmente ipotonia muscolare con difficoltà nell'allattamento e scarsa crescita, a cui fa seguito lo sviluppo di iperfagia, da mancanza di sazietà, e conseguente obesità precoce, difetti ormonali multipli, deficit cognitivo, problemi comportamentali, psicosi, in alcuni casi, mani e piedi piccoli e segni dismorfici del viso”. Grazie alla diagnosi precoce, al supporto di un team multidisciplinare e all’uso dell'ormone della crescita, la storia di questi pazienti è cambiata. “Oggi i bambini raggiungono una statura normale, non hanno segni dismorfici, e non sono necessariamente obesi”, aggiunge Grugni.
Ma non tutti riescono a ricevere la diagnosi nel primo anno di vita, specialmente se la famiglia vive lontano dai centri specializzati. “È fondamentale che la diagnosi sia quanto più precoce possibile, non solo per avviare il trattamento con l'ormone della crescita, ma anche per sensibilizzare e far prendere consapevolezza alle famiglie del percorso di cura che li attende”, spiega Letizia Ragusa, dell'OASI Santa Maria Santissima di Troina, a capo dello studio PRAXIS. “Perché se è vero che un ruolo centrale lo ha il team multidisciplinare che si occupa dei ragazzi, molto dipende dai genitori. E prima si affronta la malattia, maggiori sono i risultati che possiamo ottenere”.
“Il progetto PRAXIS è il primo in Italia che ha provato a fotografare il vissuto delle persone con PW e delle loro famiglie attraverso la medicina narrativa – commenta Maria Giulia Marini, Innovation and Scientific Director della Fondazione Istud e Presidente di EUNAMES, EUropean NArrative MEdicine Society – e ci ha permesso di portare alla luce aspetti emotivi e sociali, da difficoltà di vita quotidiana a grande energia creativa e senso morale, che sono fondamentali per potenziare il dialogo tra pazienti e professionisti. Praxis ha permesso di identificare quali sono gli ostacoli e le risorse da considerare per offrire un percorso di cura ottimale a queste persone, e contenere lo stigma sociale”.
Ed è proprio questo il punto da cui partire, per valorizzare appieno i racconti di pazienti e caregiver, ha aggiunto Antonino Crinò dell'Ospedale Bambino Gesù IRCCS di Palidoro (Roma) e del Centro Malattie Rare Fondazione Policlinico Gemelli di Roma: “La medicina narrativa ci permette di comprendere meglio l'impatto della PWS su bambini, ragazzi e adulti che la vivono in prima persona e sulle loro famiglie. É possibile conoscere le conseguenze che la diagnosi della malattia ha avuto nella vita di queste persone, quali bisogni reali e quali problematiche e difficoltà quotidiane ha creato nelle loro famiglie. Aver sentito per diretta voce nelle narrazioni dei pazienti e dei caregivers, il vissuto della malattia e ascoltato le loro sofferenze, ci dà informazioni preziose per migliorare la gestione multidisciplinare e multiprofessionale della malattia, spesso difficile, soprattutto nell’età adolescenziale e nell’adulto.”
Di questa malattia ne abbiamo parlato con PAOLO FEDELI, MEDICAL DIRECTOR DI SANDOZ
Dottor Fedeli, cos’è la sindrome di Prader-Willi?
La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara con una prevalenza nel mondo di 1 bambino ogni 30.000 nati. È una patologia molto eterogenea e multiorgano che può manifestarsi con sintomi fisici, come obesità e alterazioni scheletriche, ma anche con disturbi cognitivi e comportamentali. È una patologia sconosciuta ai più, ma su cui è bene puntare i riflettori perché una diagnosi precoce e un trattamento adeguato anche con ormone della crescita in alcune fasi, possono modificare positivamente il suo decorso. A tal punto che la sopravvivenza è significativamente aumentata negli ultimi anni, indice questo indiretto della bontà degli interventi medici e non medici adottati in questo specifico contesto.
Sul British Medical Journal è stato pubblicato lo studio Praxis che si concentra proprio su questa patologia. Di cosa si tratta?
Lo studio Praxis, ideato dalla Fondazione Istud e promosso da Sandoz, ha voluto indagare il vissuto delle persone con la Sindrome di Prader-Willi e dei loro caregiver tramite la tecnica della medicina narrativa. Una tecnica, questa, che consente di valutare in modo strutturato e di analizzare gli elaborati (scritti o grafici) dei partecipanti allo studio; consentendo una valutazione di aspetti che difficilmente uno studio tradizionale - cosiddetto randomizzato e controllato - può definire e circoscrivere. Lo studio Praxis ha coinvolti 21 bambini e adolescenti con Sindrome di Prader Willi,34 adulti con Sindrome di Prader-Willi e oltre 138 caregiver che affiancano le persone con la sindrome nella vita quotidiana.
Lo studio ha permesso di trarre informazioni utili per comprendere le emozioni e le esigenze di queste persone al fine di completare con aspetti soggettivi i dati oggettivati dagli studi randomizzati e controllati. Tutto questo con l’intento di identificare strategie utili a rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti.
Perché Sandoz ha deciso di promuovere questo studio?
Come azienda, siamo da sempre al fianco dei pazienti e nello specifico delle persone con Sindrome di Prader Willi e delle loro famiglie. Siamo pienamente coscienti che migliorare la qualità di vita delle persone che vivono tutti i giorni la malattia, e questa malattia nello specifico, sia una sfida che non può prescindere dall'ascolto dei bisogni di queste persone e proprio di quei bisogni che sentono come prioritari per loro stessi e per la propria vita di tutti i giorni. Abbiamo pensato sin da subito che uno studio di medicina narrativa potesse consentire il reperimento di informazioni utili a completare quanto già a disposizione con studi randomizzati e controllati. Capire un po’ meglio il vissuto di queste persone può effettivamente consentirci di essere sempre più vicini ai bisogni non ancora soddisfatti di queste persone e consolidare la nostra presenza che non può essere solo legata alla disponibilità di un farmaco anche nei casi in cui questo è reso disponibile ad un costo contenuto.
Garantire la sostenibilità dell’intero sistema di salute deve partire dalla prossimità al paziente e ai suoi bisogni.