Medicina
Tumori: svolta leucemia, con cellule 'ogm' pazienti guariti
Si accende una nuova speranza per i malati terminali affetti da leucemia. Un gruppo di ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Centre di Seattle ha annunciato lo straordinario successo dei primi studi clinici su un nuovo trattamento che consiste nell'iniettare nel paziente cellule del sistema immunitario geneticamente modificate per attaccare uno specifico tumore del sangue. In uno studio presentato al meeting annuale dell'American Association for the Advancement of Science a Washington, il 94 per cento dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, una grave forma di leucemia che puo' uccidere nel giro di pochi mesi, ha beneficiato della completa scomparsa dei sintomi.
Invece, i pazienti affetti da altre forme di leucemia hanno riportato tassi di risposta superiore all'80 per cento e piu' della meta' e' entrata in remissione completa. "Non ci sono stati altri casi in medicina, a essere onesti, in cui ci fossero reazioni tali in pazienti a uno stadio cosi' avanzato", ha detto Stanley Riddel, lo scienziato che ha guidato lo studio. Questo trattamento prevede il prelievo delle cellule immunitarie dei pazienti, successivamente modificate con molecole in grado di colpire specificatamente il tumore. Una volta "ingegnerizzate" queste cellule vengono iniettate nel paziente. I risultati sono davvero eccezionali. "Questi sono pazienti su cui i trattamenti tradizionali hanno fallito"; ha detto Riddell, "La maggior parte dei pazienti del nostro studio avrebbero avuto dai due ai cinque mesi di vita", ha aggiunto.
"Questa e' davvero una rivoluzione", ha detto anche Chiara Bonini, responsabile della Divisione di Ematologia sperimentale al San Raffaele di Milano, che da tempo lavora a questo filone di ricerca. "Negli ultimi 15 anni non ho visto tassi di remissione cosi' alti in test clinici", ha aggiunto. L'approccio, secondo la scienziata italiana, e' promettente anche perche' potrebbe offrire una protezione piu' duratura da eventuali ricadute. "Le cellule T sono un farmaco vivente e, in particolare, hanno il potenziale di persistere nel nostro corpo per tutta la vita", ha spiegato Bonini, secondo la quale la memoria delle cellule T puo' durare dai 2 ai 14 anni dopo esser state introdotte nei pazienti affetti da cancro e per i quali il trapianto di midollo osseo non ha funzionato.