Meningite fulminante, uccisa. Allarme meningite in Italia. Rischio morte
Meningite fulminante, uccisa. "Il vaccino l'avrebbe salvata"
Meningite fulminante, uccisa. "Il vaccino l'avrebbe salvata"
Firenze, collaboratrice domestica di 45 anni muore in meno di 24 ore. I medici: «Vaccinatevi»
«Si fosse vaccinata non ci sarebbe stato questo esito. No, non sarebbe morta. Forse non avrebbe neppure contratto l’infezione». La meningite di tipo C. Il sesto decesso dall’inizio dell’anno. Il tredicesimo dal 2015, quando è scattata l’emergenza in Toscana: solo un paziente è morto per contagio da meningococco B. Tutti gli altri pazienti sono stati uccisi dal meningococco C. E nessuno, tranne uno, era vaccinato. Non ha un momento di esitazione, il dottor Mauro Pratesi, responsabile del pronto soccorso all’ospedale di Santa Maria Nuova: con il vaccino, la paziente si sarebbe salvata. Invece, alle 7 di lunedì mattina il medico constata il decesso della donna di 45 anni, una collaboratrice domestica, per una sepsi meningococcica fulminante. In parole povere: un’infezione da meningocco C che, a tempo di record, si è diffusa nel sangue e a tutto l’organismo.
A tempo di record - si legge su http://iltirreno.gelocal.it - viene somministrata anche la terapia antibiotica, ma l’organismo non reagisce. Non ce la fa. Il calvario è drammatico. Non ci sono difese nella paziente, debilitata anche dalla polmonite. La tragedia si consuma in due ore, ma i medici insistono: è iniziata prima, con la scelta di non vaccinarsi. La donna, di origine russa, residente a Firenze, infatti, arriva in pronto soccorso in condizioni critiche, quasi disperate. È accompagnata dal marito che l’assiste. Sono le cinque di mattina: non ha i sintomi della meningite ordinaria, come la rigidità nucale, dice il responsabile del pronto soccorso. Ma ha quelli (evidenti) della sepsi. «La febbre alta - conferma il dottor Pratesi - sarebbe comparsa dal giorno precedente secondo quanto ci ha detto la signora; le petecchie (i grossi lividi che segnalano l’infezione del sangue, ndr), invece, sarebbero iniziate a comparire tre o quattro ore prima dell’arrivo in ospedale». Intorno all’una del mattino, dunque.
Quando la paziente si presenta al pronto soccorso, però, le petecchie sono già diffuse sia sulle braccia che sulle gambe, a conferma che l’infezione è molto estesa. Infatti, l’evoluzione della sepsi meningococcica è rapida e porta in un paio di ore al decesso della paziente. «Siamo in presenza della sindrome di Waterhouse-Friderichsen nota anche come “porpora fulminante”», confema il dottor Pratesi. La corsa contro il tempo si rivela inutile. L’infezione è più aggressiva della cura. Piano piano gli organi si arrendono, il fisico cede. I testi di medicina confermano quelli che i medici cercano di combattere: con la porpora fulminante, la mortalità sfiora l’80% anche in caso di diagnosi precoce.
«Appena la donna è arrivata in pronto soccorso - dice il dottor Pratesi - abbiamo compreso che la situazione era grave. Senza perdere tempo, abbiamo effettuato gli esami e subito somministrato la terapia antibiotica. Nel frattempo, abbiamo prelevato il liquido spinale (il liquor) e lo abbiamo mandato ad analizzare al laboratorio di Immunologia e malattie infettive dell’ospedale Meyer di Firenze che ci ha confermato la diagnosi di sepsi meningococcica». La sepsi è stata causata dal batterio del meningococco C «che non si è fermato alle sole meningi, le membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale: l’infezione si è estesa al sangue e ha causato lo stato di choc, fino a provocare la morte della paziente».