Auto e Motori
Citroën, una “dea” alla Triennale arrivata… da un altro pianeta
La DS19, estetica non fine a se stessa ma forme ergonomiche ed equilibrate. Una vettura bella perché funzionale, capace di ottenere il “diploma di gran merito”
E’ a Milano dal 1933, dopo essere nata a Monza dieci anni prima come esposizione internazionale delle arti decorative. Si sta parlando della Triennale, divenuta da subito (e lo è tuttora) uno tra gli eventi più importanti nel panorama artistico mondiale.
Ha sede a Palazzo dell’Arte, nel centro di Milano, in un edificio realizzato dall’architetto Giovanni Muzio nel più puro spirito razionalista, e presenta oltre 12mila metri quadrati di sale e spazi in cui curatori del calibro di Mario Sironi o di Gio Ponti hanno selezionato, su temi specifici, le migliori opere per esposizioni di assoluto prestigio dedicate negli anni a lavori di De Chirico, dello stesso Sironi, di Pomodoro, Burri, Martini e Fontana.
Flaminio Bertoni aveva sempre desiderato esporre sue opere pittoriche o scultoree alla Triennale. Ogni suo tentativo era peraltro caduto nel vuoto e mai i suoi lavori hanno trovato posto nella prestigiosa esposizione. Con un’eccezione, tuttavia, pure preziosa.
Nel 1957, come ogni anno, Bertoni trascorse le vacanze estive nella natìa Varese, dove vivevano molti suoi amici e maestri. Al momento di tornare a Parigi decise di fare una piccola deviazione e di visitare la Triennale del 1957, dedicata tra l’altro al rapporto tra tecnologia e design, in particolare al design industriale.
E’ facile immaginare lo stupore di Flaminio Bertoni nel vedere esposta una sua opera professionale qual era la DS19. La vettura era lì, in cima a un piedistallo e priva di ruote (Bertoni aveva scherzosamente rimproverato il centro studi per aver “messo le ruote” alla “sua” DS19), carenata, come un’astronave in fase di decollo.
Lui, Bertoni, non sapeva nulla, ma Citroën (pare su invito dello stesso Gio Ponti, il celebre architetto) aveva deciso di “arredare” parte del padiglione dedicato alla Francia con questa vettura, appunto la DS19, che dominava un ambiente tappezzato di disegni tecnici, foto e elementi costruttivi della vettura come parafanghi, cofani e l’eccezionale volante monorazza.
La giuria della Triennale volle inoltre conferire a quell’automobile che pareva essere arrivata da un altro pianeta uno specialissimo riconoscimento: il “diploma di gran merito”, sottoscritto personalmente dal professor Guglielmo De Angelis D’Ossat, presidente della giuria superiore, e da Ivan Matteo Lombardo, presidente della Triennale.
La presenza della DS19 in Triennale, va detto, non era del tutto inattesa: già nel gennaio 1957, in occasione di una sua visita a Parigi, l’architetto Gio Ponti aveva detto: “Voglio sottolineare l’ammirazione che noi italiani proviamo per l’ultima nata tra le vetture francesi, la DS19. Questa vettura ha il coraggio di essere una macchina sincera. Lei non cerca, come i prodotti di scuola americana, di sedurre l’acquirente con garbugli policromi, abbondanza di cromature e sforzi per mascherare tutto. La scuola europea segue la tecnica”.
In quelle parole del grande architetto milanese si possono leggere le ragioni stesse che portarono la giuria della Triennale a premiare la DS19: estetica non fine a se stessa ma forme funzionali, ergonomiche e equilibrate.
La DS19 è bella perché è funzionale o, per dirla con Pierre Capal di “Constellation”, “la vettura funzionale e razionale ha trovato una sua estetica”.
Un premio di quell’importanza, assegnato per la prima volta a un’automobile, portò a delle conseguenze: per prima cosa la DS19 fu esposta a vari eventi internazionali e anche nella vetrina-cult della Marca, al 42 degli Champs-Élysées. Poi nel 1959 Citroën donò alla più importante e prestigiosa istituzione italiana legata alla storia dell’automobile, ovvero il Museo dell’Auto di Torino, la maquette di una DS19 su un piedistallo simile a quello della Triennale.
L’auto non ha più lasciato le belle sale del Museo dell’Auto italiano e oggi ha ritrovato anche un piedistallo simile all’originale dove fa bella mostra. In onore agli uomini geniali che la pensarono e che la costruirono tra i quali spicca, assolutamente indimenticabile, il genio italiano di Flaminio Bertoni.