Politica
151, 158 o... comunque sotto 161. Senato, così il governo non regge
Senza Italia Viva governo quasi sempre sotto nelle commissioni, anche a Montecitorio e non solo a Palazzo Madama. Quindi... Inside
Scommesse aperte al botteghino di Palazzo Madama. Per un giorno il Senato della Repubblica si trasforma in punto Snai e i politici si lanciano nelle previsioni sull'esito finale dell'attesissima votazione sulla fiducia al governo Conte. "I sì saranno 153", pronostica il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. "Conte arriverà a 158", grazie a "dei colleghi responsabili, e poi ci sarà un'altra sorpresa", ribatte il senatore del gruppo Maie, Saverio De Bonis. Forse ci vorrebbe Frate Indovino per azzeccare l'esito finale della sfida a Palazzo Madama anche perché le variabili sono molte e nessuno sa esattamente oggi come finirà.
Davvero tutti i renziani saranno fedeli al loro leader? L'Udc voterà in modo compatto no con il resto del Centrodestra? Ci sono veramente quei 4-5 senatori M5S pronti a passare alla Lega e a votare contro l'esecutivo? Dubbi e interrogativi che difficilmente trovano risposte nel grande 'mercato delle vacche' che è ri-diventato il Parlamento in questo inizia 2021. "Voto no alla fiducia, come tutto il resto del Centrodestra. Non posso certo essere tra i responsabili vista la politica giudiziaria portata avanti dal ministro Bonafede, io sono tutt'altra cosa", afferma ad Affaritaliani.it il senatore di Idea-Cambiamo! Luigi Vitali, spegnendo così qualche timida speranza della maggioranza.
Che però si rianima leggendo le dichiarazioni del senatore ex 5 Stelle Gregorio De Falco, ora nel Misto, "voterò la fiducia se ci sarà un minimo cenno alla battaglia contro il virus, un po' di attenzione". La galassia degli ex grillini è immensa e proprio da lì possono arrivare sorprese, in un senso o nell'altro. Mario Michele Giarrusso, in passato protagonista di attacchi durissimi contro Luigi Di Maio, continua a trincerarsi dietro un emblematico "sono in silenzio stampa".
Poche sorprese dovrebbero arrivare da Italia Viva, stando almeno alle parole della senatrice Donatella Conzatti: "Le telefonate sono incessanti. Non sono tentata ma sono davvero davvero esausta. Chi mi chiama? Da tutte le parti, ma a tutti rispondo la stessa cosa". E quale? "Che noi domani ci asterremo e ribadiremo la disponibilità a ragionare per un accordo di legislatura". Anche il suo collega Eugenio Comincini? "Siamo tutti compatti, Luigi divide l'ufficio con me, ci ho parlato ieri ed escludo si comporti in modo diverso da gruppo". Punto.
Fonti del Pd vicine al segretario Zingaretti parlano di "155-156 massimo" ma altri Dem, sponda Franceschini, sono più pessimisti: "Se contiamo i malati non superiamo i 151-152". Fatto sta che, salvo un'improbabile decisione di Renzi di votare no alla fiducia, il governo Conte otterrà la maggioranza relativa ma è praticamente impossibile che arrivi al numero magico di 161 voti a favore, ovvero la maggioranza assoluta dei componenti dell'Aula. A quel punto il premier andrà avanti, salvo debacle clamorose, cercando di allargare la base del consenso parlamentare. Ma la strada è molto, molto stretta. "E' vero che domani Liliana Segre vota la fiducia, bene, ma non potrà certo essere al Senato tutti i giorni. Come potremo andare avanti?", sottolinea con un certa dose di preoccupazione una fonte governativa.
Il vero problema per l'esecutivo, senza Iv, è quello della paralisi in moltissime commissioni, anche a Montecitorio. Di fatto, governo fermo e Paese bloccato. Senza i numeri dei renziani e in assenza della nascita ufficiale di un nuovo gruppo parlamentare autonomo a sostegno dell'esecutivo, la maggioranza non potrebbe chiedere che si proceda a un riequilibrio dei vari gruppi nelle singole commissioni. E, quindi, si potrebbe verificare che i deputati e i senatori di Italia Viva finiscano con l'essere determinanti a seconda che in commissione votino sui provvedimenti (o anche sui singoli emendamenti) con la maggioranza o con il Centrodestra. Inoltre, potrebbero diventare determinanti anche i singoli deputati o senatori del gruppo Misto cosiddetti 'sciolti', ovvero non aderenti ad alcuna componente.
Insomma, per mettersi in sicurezza e puntare a blindare i provvedimenti in commissione, alla maggioranza occorre la nascita della 'quarta gamba', che al momento non c'è. Ma vediamo qualche esempio pratico: in commissione Giustizia della Camera, la maggioranza ha 22 deputati, compreso il presidente Perantoni; il centrodestra ha 19 deputati, Iv ne conta 3, 1 di Azione-Più Europa e la deputata Piera Aiello non iscritta ad alcuna componente del Misto. Se i 3 di Iv e Azione o la deputata Aiello dovessero votare contro, la maggioranza si ritroverebbe in minoranza.
Situazione non molto diversa, ad esempio, in commissione Affari costituzionali sempre della Camera: la maggioranza, compreso il presidente, conta su 24 deputati; il Centrodestra ne ha 20, 1 di Azione-Più Europa, 3 di Italia viva. Dunque, se Iv e Azione votassero contro la maggioranza, si andrebbe in parità, il che farebbe prevalere, sulla base del regolamento, i voti contrari. E, ad esempio, la riforma elettorale proporzionale, evocata oggi dal premier Conte e finora ostacolata da Iv, potrebbe subire una battuta d'arresto.
Stesso discorso al Senato: in commissione Bilancio, ad esempio, dove a breve si dovra' esaminare il Recovery plan e stilare la Relazione da presentare all'Aula, la maggioranza, compreso il presidente, conta 13 senatori; il centrodestra 11, 2 di Iv. Se i renziani dovessero schierarsi in una votazione con il centrodestra, sarebbe parita' e, di conseguenza, la maggioranza verrebbe battuta. Equilibri precari anche in commissione Affari costituzionali di palazzo Madama: la maggioranza conta su 11 senatori, compreso il presidente; il centrodestra ne ha 11; Iv 1 senatore, 1 Ruotolo del Misto. Anche in questo caso il voto di Iv e dell'esponente del Misto rischiano di diventare determinanti per la maggioranza.
La situazione non cambia in commissione Giustizia (11 centrodestra, compreso il presidente; 12 maggioranza, 1 Iv e 1 Giarrusso del Misto). Infine, va ricordato che Italia viva guida 4 commissioni: 2 al Senato e 2 alla Camera. E cambiarne i presidenti non e' operazione di poco conto. Salvo che non siano gli esponenti di Iv a dimettersi, cambiare il presidente in corso d'opera e' praticamente impossibile, (su tutti si ricordi il 'caso' Villari).
Gli stessi giallorossi, ad esempio, hanno dovuto 'convivere' con i presidenti di commissione della Lega, frutto del governo Conte I e della maggioranza gialloverde, per un anno, fino alla scorsa estate, quando si e' proceduto al rinnovo dei vertici di meta' legislatura, con un riequilibrio chiesto proprio da Italia viva. Precisamente, i renziani guidano la commissione Finanze di Montecitorio, il cui presidente e' il renzianissimo Luigi Marattin, e la commissione Trasporti, guidata da Raffaella Paita. A palazzo Madama la renziana Annamaria Parente e' presidente della commissione Igiene e Sanita', mentre Riccardo Nencini guida la commissione Istruzione, anche se va ricordato che Nencini e' del Psi (e non e' certo se seguira' Renzi abbandonando la maggioranza).
Proprio grazie a lui Italia viva ha potuto costituire al Senato un proprio gruppo autonomo. Il nuovo regolamento di palazzo Madama, infatti, non consente la costituzione di nuovi gruppi il cui simbolo non era presente alle ultime elezioni politiche. Grazie al Psi e a Nencini i renziani hanno potuto evitare di dover confluire nel gruppo Misto. Resta l'incognita se Nencini, qualora decidesse di restare nella maggioranza, possa 'riprendersi' il simbolo, cosi' da costringere Iv al Senato a traslocare nel Misto. Infine, Italia viva ha anche un segretario d'Aula al Senato, Daniela Sbrollini, e un vicepresidente della Camera, Ettore Rosato. Insomma, la paralisi del Parlamento e dell'azione legislativa che sicuramente ha già fatto suonare più di un campanello d'allarme anche al Quirinale.
L'unica soluzione, malgrado le parole forti del premier alla Camera, è rilanciare l'alleanza con Italia Viva e con Renzi. L'alternativa sono le elezioni e nessuno nel Pd e soprattutto nei 5 Stelle vuole le urne (facile capire il motivo). Non caso Andrea Orlando, vice-segretario Dem che fu il più categorico del chiudere la porta a Renzi nel giorno del ritiro delle ministre di Iv, oggi lascia aperto un piccolo, piccolissimo spiraglio. "Credo che ricucire lo strappo" con Italia viva sia "difficile, se non impossibile, non per una ripicca: ci troviamo di fronte a una ripresa di una strategia che è stata fermata dalla pandemia, ma Italia Viva era decisa a dare una natura tattica e transitoria a questa alleanza.
Appena si è aperta una finestra c'è stata una ripresa di quella strategia". Esattamente come Conte in Aula, mancano le parole "mai più". E dai dettagli si può provare a costruire qualcosa. Perfino una riappacificazione. Soprattutto se l'alternativa sono le urne e la perdita del lauto stipendio da parlamentare per almeno l'80% di deputati e senatori M5S.